La Perla Avvelenata..
Scritto da : Adharan Herones in data : 22/01/2006 16:46:45

Adharan era intento a leggere il piccolo libro che sulla scrivania del Senato, raccoglieva i progressi fino ad allora raggiunti. Troppo pochi nonostante tutto, troppo pochi nonostante gli sforzi e i pericoli sostenuti.
Si lasciò sprofondare nella poltrona portando le mani al viso. Quella piaga gli toglieva il sonno, poiché non aveva ben chiaro ancora, contro cosa stesse lottando.
Una cosa sola era certa, che uno dei suoi avversari era il Tempo.

Tutto era iniziato in un pomeriggio come tanti, i contadini lavoravano tranquilli nei campi, e si preparavano a radunare gli attrezzi per rientrare al tramonto oramai prossimo, i pescatori, preparavano le barche che il giorno successivo, sarebbero tornate cariche di pesce. Nulla avrebbe fatto intuire che una disgrazia terribile si sarebbe abbattuta presto sulla città.

“Correte a vedere” disse uno dei popolani, rientrando dal bosco.

Lo spettacolo che si presentò davanti agli occhi dei presenti, era inusuale e certamente non gradevole: una pozza di liquami venefici, era sparsa nella zona ovest delle mura, laddove queste lasciano spazio agli scarichi idrici cittadini. Tutt’intorno dei vetri rotti, indicavano certamente un colpevole diverso, dalla semplice causa naturale.




Adharan scosse leggermente il capo come a scacciare un pensiero funesto, avevano sottovalutato il problema all’inizio ma non per questo non si erano impegnati a risolverlo.

La situazione era degenerata a vista d’occhio nei giorni seguenti il ritrovamento dei liquami, alcuni ratti avevano iniziato a scavare delle tane in prossimità della zona infetta, e crescevano con velocità incredibile tanto che era stato necessario innalzare delle palizzate perché questi non entrassero di forza nella città, e alcune guardie erano state messe di ronda per arginare ogni sorta di pericolo.




Anche così la situazione non era stata affatto arginata.
La Guardia Amandil, però, sembrava aver imboccato la strada giusta, quando ispezionando la casa infestata di spettri a sud – ovest della Perla, si era imbattuto in una inusuale presenza di ratti. All’interno di questa infatti aveva rinvenuto una postazione, appartenente di certo ad un alchimista, su di essa vi erano delle fiale vuote, ed alcuni ingredienti: Alcuni funghi Nox, dell’Erba del Giullare, della Belladonna. Per terra alcune macchie di veleno, troppo familiari per essere soltanto una coincidenza.




Uno di quegli ingredienti in particolare, sembrava alludere ad una locazione ben precisa, una fiorente oasi, al centro d’un’assolata distesa di sabbia… Tremec, la Rosa del Deserto.
La nomina di grandi affaristi degli abitanti del luogo, non fu in quest’occasione smentita, occorse molto tempo, e altrettanto denaro, per far ricordare al “distratto” mercante, che proprio pochi giorni prima, gli era stata comprata una grande quantità di Erba del Giullare, da alcune persone col mantello viola, e anche se non lo ricordava con precisione, vuoi realmente, o perché troppo poco “incentivato”, anche da alcune persone che portavano un mantello azzurro.

Adharan riflettè ancora una volta su quelle informazioni, era parse di così poco conto all’inizio, ma si erano rivelate in seguito così importanti.

Restava a fissare la fiamma della candela che lentamente si affievoliva. Si stava consumando velocemente, e come il Tempo che scorreva inesorabile, ne restava ancora poca.

Nonostante l’impegno, le successive ricerche si erano rivelate infruttuose. Ma anche con il persistere della piaga, la vita alla Perla aveva ripreso una parvenza di normalità ma…

..Un lungo sospiro di Adharan precedette il flusso dei tristi ricordi, che come un fiume che rompe gli argini, dilagò nella sua mente già pressata dal peso di quelle vite, spezzate senza alcun motivo apparente.
Un secondo focolaio della contaminazione aveva colpito la parte est della città, e stavolta, una delle guardie di ronda, aveva perso la vita, forse nel tentativo di impedire al colpevole di compiere il suo folle atto.




Sul luogo del delitto oltre i soliti cristalli rotti, solo un pugnale di evidente fattura drow, e nelle mani della guardia, un brandello di stoffa color viola.




Solo la giovane curatrice Micaela, aveva sentito le urla e il trambusto, ma quando era accorsa, aveva trovato il corpo della guardia già senza vita.

Un altro leggero sospiro interruppe il pensiero di Adharan che si focalizzò su Micaela la curatrice. Era scomparsa due giorni dopo, il ritrovamento del corpo esanime della coraggiosa guardia. Non vi fu nemmeno il tempo di iniziare le ricerche, che un sacchetto sporco di sangue fu rinvenuto all’ingresso della città, sul ponte che conduce al quartiere residenziale. Al suo interno, un cuore e due orecchie, di dimensioni e forma che caratterizzano tipicamente gli elfi teleri. Micaela, era stata assassinata.




Due morti, contava già la cittadinanza, oltre ai disagi, per il momento irrisolti, che la piaga aveva portato.

Bisognava agire, il Tempo già allora sembrava correre più del dovuto.
Lo testimoniarono le fiamme appiccate prima al recinto e poi alla biblioteca, già allora avevano intravisto il colpevole vestito di scuro che fuggiva.
Inutili erano stati i tentativi di acciuffarlo, e sempre di più andava formandosi la convinzione che nel dubbio, sarebbe stato meglio rivolgersi a qualcuno di più saggio e lungimirante.

Fu sotto il consiglio di uno studioso di antichi tomi e della sua assistente, che decisero di partire alla ricerca del saggio Mambagida.




Mambagida, è un grande uomo, molto più saggio e assennato di tutti i suoi simili, eccezionalmente si potrebbe dire, per essere un umano. Adharan stesso si era recato assieme ad Amandil di nascosto, presso la foresta del popolo selvaggio, e senza destare attenzione, avevano lasciato un messaggio per chiunque avesse notizie del saggio. Altri rothirrim erano già partiti alla sua ricerca, perlustrando la foresta in lungo e in largo, affrontando pericoli e creature d’ogni genere, purtroppo, senza risultato.

Uno spiraglio di speranza si accese quando uno degli abitanti del villaggio rispondendo al messaggio, lasciato alla bacheca, indicò un’isola sperduta e ricca di vegetazione come luogo in cui il saggio si era ritirato nella sua vita meditativa.

Da lì a incontrare il saggio il passo fu breve, anche se due spedizioni furono necessarie affinché le ricerche avessero buon esito.

Le parole del saggio furono illuminanti, finalmente le cose sembravano girare per il verso giusto. Dopo il discorso con Mambagida, si era fatta chiarezza su molti punti:

I drow potevano non essere gli unici esperti di veleni, e del resto non era da loro lasciare indizi così evidenti.
Il veleno utilizzato per avvelenare la città, non era un semplice veleno, ma era stato creato e trattato attraverso una qualche sorta di rituale.
Se si fosse riusciti a trovare il rituale utilizzato, il saggio avrebbe potuto invertire il processo.

Adharan scosse il capo, distogliendo lo sguardo fisso e perso nei ricordi, per posarlo sulla candela oramai spenta da un pezzo, uscì dal senato e si avviò in strada, una volta varcato l’uscio di casa, si sprofondò nella poltrona davanti al caminetto, ripensando a come le parole del saggio li avessero guidati in tutt’altra direzione da quella supposta. Ma se non erano stati i drow, ai quali tutti gli indizi conducevano, allora chi? Era stato troppo facile risalire a loro, era chiaro che se erano coinvolti lo erano marginalmente, eppure…era l’unica pista che potessero seguire.

Non avevano molte scelte. Gli attacchi di mostri provenienti dagli acquitrini divenivano sempre più frequenti, il problema era molto più serio di come si era presentato all’inizio.

Decisero di agire.

Organizzarono con cura ciò che sembrava una buona mossa per risolvere in fretta, o male che fosse andata, per eliminare un possibile sospetto.

Avrebbero rapito un adoratore degli dei oscuri, e come riscatto avrebbero chiesto le informazioni di cui necessitavano. La scelta infine ricadde su Zarathos, gli era il più familiare e avevano un vantaggio in più…
Per danneggiare un nemico, e al contempo limitare al minimo l’eventualità di un fallimento, bisogna colpire i suoi punti deboli.

Il punto debole di Zarathos erano le donne.

Fu così che Elalith, la farfalla, fu scelta per attirare Zarathos, il ragno, nella trappola.




Non sarebbe stato difficile attirarlo in un posto isolato, se Elalith avesse giocato bene le sue carte, e fu così, che il ragno, rimase invischiato nella sua stessa tela.




Quando lo portarono alla Perla, e lo interrogarono, capirono subito che le sue conoscenze non avrebbero potuto aiutarli. Del resto contavano più sul fatto che avrebbero barattato le informazioni agognate, in cambio della libertà del loro figlio. Ma si sbagliavano…




Difatti i drow dall’alto del loro orgoglio avrebbero preferito lasciarlo morire tra gli “infedeli” piuttosto che cedere al loro ricatto.

Fu così che per il bene di entrambi Zarathos e Adharan giunsero ad un accordo.

Zarathos si sarebbe impegnato a procurare semmai fossero esistite, le informazioni che cercavano, riguardanti, i rituali conosciuti dai drow, per rendere i veleni più potenti. In cambio avrebbe avuto la libertà immediata, ma avrebbe lasciato qualcosa di suo, e di estremamente importante come pegno ed incentivo a mantenere la parola data.

Se c’è una cosa, che Adharan poteva riconoscere a Zarathos, è che nella malvagità del suo cuore nero, celava ancora un barlume di onore, fu così difatti, che in pochi giorni, Adharan aveva le sue informazioni, e Zarathos, aveva recuperato ciò che gli apparteneva.

Tutto ciò che aveva chiesto era raccolto in un libro, scritto probabilmente da qualche studioso drow, e abilmente trafugato da Zarathos, dalla loro biblioteca.





Il libro raccoglieva degli appunti di un tale Elkantar, che trattava per l’appunto di due rituali, di cui i drow non sono a conoscenza. Il primo che viene utilizzato sul veleno, per renderlo particolarmente resistente agli antidoti, ma del quale l’effetto svanisce con il passare del tempo, il secondo invece il più importante, che viene utilizzato sulla zona, in modo da renderla vulnerabile alla piaga. Quest’ultimo conta di 3 o 5 cristalli a seconda dell’ampiezza dell’area, che incanalano l’energia del flux, e che vanno ricaricati col passare del tempo, perché non perdano l’efficacia.
Fortunatamente negli appunti erano raccolte anche le istruzioni per la distruzione dei cristalli. Ora avevano i rituali, ma c’era ancora qualcosa che mancava…i cristalli…

Sapevano in oltre con certezza, che almeno per questa volta i drow non erano coinvolti, e che anzi..qualcuno cercava di addossargli la colpa.

Fu quasi per caso e per pura fortuna, che Adharan mostrasse proprio ad Amandil il libro appena ritrovato. Infatti, ciò che all’inizi era passato inosservato e reputato di poco conto, si sarebbe rivelato la chiave di volta, di ciò che fino ad allora erano riusciti a scoprire.

“Forse è meglio che vi mostri una cosa” disse Amandil, facendo segno di seguirlo.
Gli occhi di Adharan si illuminarono quando davanti ai suoi occhi vide un piccolo cristallo di colore bianco candido pulsare di energia magica.
Sopra di esso vi era inciso il numero due.




La ricerca iniziò immediatamente attraverso il libro sapevano che i cristalli dovevano essere posizionati sulle coordinate dei punti cardinali, il cristallo numero uno fu semplice da trovare, il numero tre fu rinvenuto grazie ad un colpo di fortuna. Un avventuriero venuto dal mare, segnalò una barca ormeggiata distante dalla riva. All’interno della stiva, si celava il terzo cristallo.

Man mano che i cristalli venivano ritrovati, Adharan segnava su una vecchia mappa della zona, la loro ubicazione.
Fu facile così intuire la zona dove si celava il quarto cristallo, ma il più difficile di tutti, fu il quinto, quello centrale.
Ci vollero due giorni di ricerche, ma alla fine anche questo venne alla luce.

Ora avevano i cristalli, avevano i rituali, mancava solo l’unica persona in grado di aiutarli.

Nel frattempo il malcontento tra i mercanti di Rotiniel sembrava crescere a dismisura. Prima Zuleika la curatrice, sconvolta dalla morte di Michaela, la sua apprendista e che amava come una figlia, poi pian piano molti altri. Fino al giorno in cui il senato fu chiamato a ricevere due delegati.
Zuleika e Kil Noldor.




Adharan si rattristò un poco ripensando a quell’incontro, aveva l’impressione di non riuscire a fare abbastanza per la sicurezza dei suoi cittadini, ma tanto più si sforzava tanto più la soluzione gli sfuggiva.

Era pomeriggio inoltrato quando i due cittadini si presentarono alle porte del senato bussando con garbo alla porta. Adharan li accolse all’interno e li fece sedere al grande tavolo nell’ala ovest. Intuiva dai loro sguardi che non sarebbe stata una visita piacevole.

Zuleika sembrava troppo scossa ancora per prendere la parola, e così fu Noldor che parlò per tutto il tempo. Parlò della situazione insostenibile, in cui versavano le sorti della città, dell’impossibilità di di vivere una vita serena, con il costante timore che “qualcuno” potesse attentare alle vite di tutti. Mentre parlava Adharan poteva sentire la durezza in quelle parole, e anche una vena provocatoria, quando accennò alla presunta incapacità di riuscire a gestire la situazione. Adharan era ben al corrente di tutti gli sforzi fatti perché la faccenda potesse trovare una soluzione, sapeva bene dei sacrifici e dei rischi corsi perché tutto tornasse alla normalità, e le parole di Noldor lo rattristarono alquanto poiché si rese conto che nonostante i molteplici sforzi, non avevano ancora raggiunto risultati concreti. Alla fine del suo discorso Noldor consegnò ad Adharan un libro, ma lo invitò a leggerlo con calma in seguito e a mostrarlo a tutti gli altri senatori.





Nel libro vi erano raccolte, le firme di molti mercanti cittadini, questi si erano riuniti, per formare un consiglio, con lo scopo di sollecitare il senato a trovare una soluzione a questo problema che interessava tutta la cittadinanza, in oltre era chiaramente specificato, che sarebbero stati costretti a prendere loro dei provvedimenti, nel caso la situazione non fosse stata risolta quanto prima.

Il Tempo, ancora una volta, aveva dimostrato di essere implacabile, come se non bastasse ora, anche la popolazione di rotiniel, aveva lanciato un ultimatum, a breve scadenza. Era giunto il momento di tentare l’ultima carta che gli era rimasta.

Fu così che quella stessa sera, assieme ad Aasimar, Flora e Amandil, Adharan decise di partire nuovamente alla ricerca del saggio per chiedergli di raggiungerli a rotiniel e tentare la distruzione dei cristalli. Col suo piccolo equipaggio raggiunse l'isola, dove la prima volta l’avevano incontrato, ma già da lontano la semplice capanna non sembrava essere illuminata, segno inconfondibile dell’assenza del saggio. Una volta sbarcati infatti non poterono che constatare, che l’isoletta era deserta. Adharan decise così di lasciargli un biglietto, nella speranza che al suo ritorno, il saggio, lo leggesse e li raggiungesse quanto prima.




Passarono i giorni, e ancora del saggio non v’era alcuna notizia, Adharan aveva sperato che il 18 Postapritore, potesse essere un buon giorno per potersi incontrare, ma la speranza che ciò avvenisse, andava via via scemando, man mano che il Tempo scorreva, e il giorno stabilito si avvicinava.
Grande fu la sopresa dell’elfo, quando la mattina del 18 Postapritore, quando ormai aveva perso la speranza dell’incontro col saggio, mentre si recava al senato a leggere la corrispondenza, notò un falco volteggiare alto nel cielo e formare armoniose piroette proprio sopra l’edificio senatoriale.
Come il rapace lo vide si abbassò a mezz’aria, fino a posarsi sul suo braccio e lì rimase, fiero e impettito come in attesa di qualcosa.
Adharan lo guardò stupito, e solo dopo qualche istante si accorse del piccolo biglietto che portava legato con un nastro alla zampina. Lo svolse con delicatezza e lo lesse.
I suoi occhi si illuminarono e un sorriso gli si dipinse sul volto. Diede un pezzetto di carne al Falco e lo lasciò tornare dal suo padrone. Fatto ciò entrò al senato lasciando il foglietto in bella vista sul tavolo, così che tutti potessero vederlo. Sopra la carta ingiallita, un’unica grossa lettera scritta con inchiostro rosso “M”….il saggio stava arrivando.

Adharan non aveva ricordi di ciò che era accaduto dopo, poiché impegni più pressanti l’avevano a malincuore tenuto lontano dalla perla. Ma attraverso ciò che gli era stato raccontato e i puntuali rapporti dei suoi sottoposti, poteva ben immaginare come i fatti si fossero svolti. Alle prime ore della sera come d’accordi, Mambagida aveva posato il piede, nei territori della Perla, aveva poi incontrato in piazza i cittadini che avevano già provveduto a radunare gli ingredienti necessari per la distruzione dei cristalli.




Avevano raggiunto così il primo dei cristalli, e dopo averlo circondato di polvere di zolfo, avevano lasciato che il saggio formulasse il suo rituale.




Com’ebbe finito di pronunciare le ultime parole di quella strana litania, il cristallo prese a pulsare più violentemente del normale e avvampando assieme alla polvere di zolfo questo esplose consumandosi completamente, il primo era distrutto, ne rimanevano altri quattro.




Seguendo così le istruzioni segnate sulle mappe si recarono verso la seconda locazione, i cristalli andavano distrutti in ordine cronologico o la piaga si sarebbe espansa per 200 leghe in ogni direzione, quindi dovevano concludere in fretta e con molta attenzione.

Giunti vicino al secondo cristallo il Saggio ripetè il rituale precedentemente recitato e anche questa volta al termine della litania il cristallo vibrò per qualche secondo e poi avvampò disintegrandosi esattamente come il primo.




Il terzo cristallo era posizionato su una barca a largo della Perla.
Una volta giunti sul posto e sistemati di nuovo gli ingredienti necessari, il saggio socchiuse gli occhi protendendo le mani verso la barca. Ad un tratto questa avvampò e con essa il cristallo, finchè non venne inghiottito dagli abissi.




Ormai la fine dei cristalli si avvicinava, e al contempo, la speranza andava rinforzandosi nel cuore di tutti, man mano che i cristalli venivano meno, la terra stessa sembrava trarne immediato giovamento. Così fu che anche il quarto cristallo venne distrutto.




La piccola folla si diresse in fretta verso l’ultimo cristallo rimasto, la tensione era tanta, e con essa la speranza che finalmente tutto potesse trovare una fine. Sistemarono gli ultimi ingredienti intorno al cristallo, che riluceva senza i suoi simili, in modo talmente debole da sembrare impercettibile. Tutti restarono in silenzio quando il Saggio protendendo le mani verso il cristallo, intonò per l’ultima volta le parole sacre di un’antica litania. Ad ogni parola pronunciata dall’uomo, il cristallo pulsava, in modo sempre maggiore. Ad un tratto la sua luce si fece talmente intensa da abbagliare tutti e quando questa si affievolì, intorno ai presenti si scatenò l’inferno. Decine di esseri mostruosi erano spuntati tutt’intorno alla zona, la stessa natura circostante pareva essersi animata, per impedire la distruzione dell’ultimo cristallo. Mentre tutt’intorno i rothirrim cercavano con tutte le forze di respingere l’attacco, Mambagida impassibile, come caduto in trance continuava a recitare le sue parole, e man mano che cantava la sua litania, cresceva ancor più di tono, così come il pulsare del cristallo.




Le forze mostruose intorno a loro erano soverchianti, ma con coraggio e abilità i rothirrim proteggevano il saggio impegnato nel suo rituale, e non un solo graffio ferì l’uomo, poiché in un turbinare di lame, magie e frecce precise, tutti i mostri vennero annientati nel momento in cui con un ultimo potente vocio, la litania si concluse e il cristallo esplose in frantumi disintegrandosi.
Il volto provato del saggio si rivolse ai rothirrim sorridenti e stremati. Uno scrosciare di applausi interruppe il silenzio dopo la battaglia, e tra i corpi ormai riversi degli avversari, grida e gesti di vittoria si innalzarono al cielo, il saggio imbarazzato sorrise ai rothirrim festosi.




Per quella notte i problemi vennero, almeno per un po’, dimenticati. Ma quella che sembrava in quel momento essere la fine, si sarebbe rivelata solo l’inizio di un nuovo capitolo....

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