La Fine e L'Inizio
Scritto da : Adharan Herones in data : 19/05/2006 12:14:51

Quella che sembrava la fine di un incubo dopo la distruzione dei cristalli che tenevano Rotiniel chiusa in una morsa di terrore e sofferenza, si era rivelata invece col passare del tempo, l’inizio di una nuova piaga. I primi omicidi a ad opera del misterioso assassino vestito di scuro, erano destinati purtroppo a non rimanere i soli.
Erano già caduti sotto le sue mire una coraggiosa guardia che aveva tentato di impedire il rapimento della curatrice Michaela, trovata anche lei uccisa pochi giorni più tardi, Amandil e infine Mady, lo scrittore della biblioteca, trovato morto, il giorno in cui era stato appiccato l’incendio. Quattro morti, e del loro assassino nessuna traccia.
Adharan ripensò per un istante a quelle persone, mentre sistemava per l’ultima volta, gli indizi che li avevano portati a chiudere definitivamente quel triste capitolo della storia di Rotiniel. Erano suoi concittadini, persone semplici e laboriose, cadute vittime della mente malvagia di un folle. I primi sentori che le cose non fossero ancora tornate alla normalità non tardarono ad arrivare.
Era sera, Adharan lo ricordava bene, Amandil gli recapitò un messaggio da parte di Jarvia la maga del negozio di magia. Avrebbe dovuto trovarsi quella sera da solo al porto perché aveva delle cose molto importanti da dirgli. Il clima cittadino teso allo stremo, fece dubitare seriamente fosse quello l’obiettivo dell’incontro, ma la curiosità così come il senso del dovere erano troppo forti per poter volgere lo sguardo dall’altra parte.
Così quella sera Adharan si presentò all’appuntamente puntuale, e guardingo. Al molo un uomo, fissava il mare in attesa di qualcosa.
“scusate” disse. L’uomo si voltò, un umano sulla trentina, non molto alto non troppo basso. Era un mercante, e portava con sé e le sue imbarcazioni una grandissima quantità di belladonna, a sua detta un carico per il negozio di magia.
Consegnò ad Adharan un libro.


La firma era regolare e precisa e portava il sigillo del negozio di magia, era un ordine spedito da Jarvia, di otto milioni di monete d’oro di belladonna. Le coincidenze iniziavano ad essere troppe.
La priorità era trovare la maga ora, aveva delle domande da porle che non potevano più attendere. Il tempo passava e di lei non v’era traccia finchè i passi della lenta ricerca non condussero Adharan, nel cantiere navale dove le pareti imbrattate di sangue rivelarono presto il corpo scomposto e martoriato della maga ormai senza vita. Lo spettacolo raccapricciante si presentò davanti ai suoi occhi, così come un fuocherello dove alcuni pezzi di carta anneriti si erano portati dietro chissà quale importante informazione. Un altro morto da aggiungere alla lista. Il quinto come recitava la lettera, di scherno e monito, biglietto da visita dell’infame assassino.


Erano poche e frammentarie le informazioni che avevano, erano stato troppo bello pensare che con il cessare della piaga anche i problemi sarebbero finiti. A nulla erano serviti gli innumerevoli sforzi, la piaga era stata arginata ma il misfatto restava ancora senza un colpevole, che continuava ad agire indisturbato ancora libero.
Senza alcun indizio su cui tracciare una pista, il tempo passava senza rilevanti scoperte fino al giorno in cui un colpo di fortuna, diede vita ad una strada che prima non si era nemmeno potuta ipotizzare.
Le apparizioni del malfattore erano per un periodo diventate più frequenti, non sempre accompagnate da qualche malefatta, ma sembrava quasi voler ricordare che in nessun posto si poteva essere al sicuro.
Un giorno però commise un passo falso.
La sua sfrontatezza lo riportò di peso coi piedi per terra, era diventato una figura inafferrabile, circondato quasi d’un alone immortale. Ma le circostanze dimostrarono che poi così immortale non era..
Una mossa sbagliata al momento sbagliato, e si ritrovò le guardie cittadine al completo che lo costrinsero alla fuga sulle mura, non fu facile stargli dietro, era un ottimo maestro dell’ombra un assassino letale e silenzioso, ma senza più alcuna via di fuga si trovò ben presto a dover affrontare un corpo a corpo nel quale per sua sfortuna ebbe la peggio. Fu Finwe Ancalime a dargli il colpo di grazia. Di passaggio alla Perla aveva subito intuito il pericolo e si era adoperato per dare una mano.
Il cadavere dell’assassino inafferrabile giaceva finalmente a terra esanime, anche se un capitolo sembrava essersi chiuso alle nostre spalle con il suo ultimo respiro, scoprimmo ben presto che non era ancora tutto finito. Tra gli averi del criminale trovammo oltre i suoi indumenti una strana pietra intagliata.


Ancora una volta l’intelligente intuizione di Amandil fece sì che si facesse ancora un passo avanti.
La pietra era in realtà infatti, una chiave, questa apriva un passaggio segreto che lui e il capitano Alin trovarono al termine di numerose ricerche. Una piccola spedizione venne così organizzata: Il capitano Alin, Amandil, Gabriel e Raxelion. Il passaggio segreto situato vicino il curatore all’interno della città, conduceva alla casa stregata fuori Rotiniel attraverso un tunnel sotterraneo. Questo tunnel presentava anche una piccola stanza arredata, palese nascondiglio di qualcuno. In questa vi erano numerosissimi tesori, delle vesti drow, e , cosa più interessante, un libro. Purtroppo il cunicolo era pensato per tenere a bada gli intrusi tanto che, oltre le numerosissime trappole che ne ricoprivano i pavimenti, era dotato di un sistema di distruzione, infatti la ricerca nei bauli, doveva aver attivato la trappola che in pochi minuti fece crollare l’intera struttura, seppellendo numerose ricchezze sotto di essa. Ma non i quattro coraggiosi, e nemmeno il libro che si rivelò poi fondamentale.

Il libro era indirizzato all’assassino, era la prova che questi agisse su commissione. Il libro era scritto in bella grafia, già vista a dire il vero, familiare.


A quel punto. Eliminato l’assassino e scoperta la presenza di un mandante, ciò di cui si aveva bisogno era senza dubbio un modo per poterli collegare e così, arrivare al secondo tramite il primo.
Il piano era semplice. Dedotto tramite il libro che l’assassino e il mandante non avessero contatti se non dopo eventuali atti criminosi, probabilmente era plausibile che il mandante non sapesse della morte del suo “sicario”. Questo forniva ai Rothirrim un vantaggio su di lui.
Decisero allora di sfruttare la situazione, per tendergli una trappola. Si riunirono una sera alcuni di essi, e organizzarono un piccolo gruppo di persone fidate, che avrebbero portato a termine una missione pericolosa, ma che se ben organizzata, avrebbe raggiunto l’obiettivo infallibilmente.


Adharan, Alin, Moritur, Mith e Amandil, decisero che il piano migliore da seguire, sarebbe stato di inscenare altre malefatte del ladro assumendone le fattezze e lo stile, in modo da spingere il mandante a contattare di nuovo il suo “uomo”.
Così fu che le apparizioni del malfattore tornarono a susseguirsi, Moritur con la sua abilità nel cammuffarsi, recitò perfettamente la parte. Adharan e Amandil, inscenarono un perfetto incendio al mercato. Utilizzarono frecce incendiarie lanciate con estrema maestria, così da non colpire i passanti, ma che mostrarono un effetto “scenico” che avrebbe potuto ingannare chiunque.
Infine l’ultima impresa, consisteva nell’inscenare un omicidio. Doveva essere un omicidio importante, un assassinio che avrebbe richiamato l’attenzione.
Mith si offrì volontario per impersonare la vittima e Moritur mascherato come l’assassino doveva recitare assieme a lui il suo omicidio.


Il tutto era perfettamente congegnato, Amandil avrebbe accompagnato Mith e qualche testimone presso lo stalliere. In quel momento Mith sarebbe entrato nella casupola oltre il recinto dove Moritur sarebbe stato già ad aspettarlo. Da fuori avrebbero udito solo un urlo e poco dopo avrebbero visto Moritur nei panni dell’assassino, uscire correndo e sparire con un fumogeno. Amandil sarebbe corso all’interno chiedendo ad eventuali testimoni di cercare aiuto in giro, così da permettere agli altri di potersi dileguare. A quel punto Alin e Adharan già nascosto nelle ombre vicino alla zona sarebbero arrivati sul luogo facendo sparire ogni traccia sospetta.


Ai sopraggiunti avrebbero raccontato che Mith era stato assassinato, che il suo corpo smembrato era uno spettacolo troppo orrido da mostrare, ma che la prova di ciò che affermavano erano le sue vesti e i suoi effetti personali dai quali mai si sarebbe separato, come il simbolo sacro dell’ordine del tempio.
Ai sacerdoti sopraggiunti per recuperare la sua anima, avrebbero raccontato che Mith era ormai un anziano uomo, che ultimamente sembrava aver perso il suo attaccamento alla vita e che probabilmente la sua anima era divenuta troppo debole per poter essere resuscitata o anche solo percepita.


Tutto filò nel migliore dei modi, ogni eventualità calcolata e il piano studiato nei minimi dettagli, ognuno fece la sua parte. Non era affatto facile, ad ogni modo, compiere quelle azioni, che stavano causando del male alla città e ai suoi cittadini, che facevano soffrire le persone a loro care, ma era necessario per poter porre fine a questa faccenda.
L’intento di Mith una volta sparito di scena era quello di appostarsi vicino alla casa stregata in attesa che il mandante, inviasse il suo pagamento.


I giorni passavano senza sosta. E del misterioso mandante non v’era ancora traccia. Ogni tanti il gruppo si riuniva per ragguagliarsi sulla situazione e su come procedevano nel frattempo le indagini, ma l’unica pista che potevano seguire, era sperare che il loro piano avesse successo, anche se col passare dei giorni cominciavano a perdere le speranze. Numerosissime erano le persone, che Mith con pazienza e attenzione osservava da lontano nel suo nascondiglio, decine di persone che passavano ogni giorno, ma mai nessuno che attirasse l’attenzione.




Erano passati ormai molti giorni da quando il piano aveva preso piede, e delle azioni del malfattore ormai si comiciava a perdere traccia. Anche la speranza che il mandante inviasse il suo pagamento iniziava ormai a scemare, finchè, quasi inaspettatamente un giorno accadde l’imprevisto.


Un uomo sbarcò in prossimità della casa, ed avvicinandosi ad una tomba si chinò su di essa come a piangerne i morti. Non avrebbe attirato l’attenzione, non aveva nulla di sospetto o particolare, non fosse che nulla passava sotto gli occhi vigili di Mith, senza che lui se ne accorgesse.


Infatti il personaggio aveva lasciato chinandosi un sacchetto vicino la tomba, che era per altro la zona di uscita del vecchio condotto crollato qualche tempo prima. Le coincidenze erano abbastanza.


Il contenuto del sacchetto si rivelò oltremodo interessante. Non tanto per i soldi che dovevano essere la giusta ricompensa per i compiti svolti, ma quanto per la lettera che li accompagnava, e che aggiungeva un nuovo tassello al mosaico di questa storia.


Un nuovo nome prendeva posto nello scacchiere, anche se al tempo non fece altro che infittire ancora di più la faccenda. Ad ogni modo la cosa stava prendendo una piega inaspettata, il piano puntava su una possibilità di avere un contatto con il mandante, che in quella lettera però aveva espressamente chiesto di cessare ogni lavoro. Il piano aveva funzionato, ma non aveva dato i risultati sperati.

Quasi per caso si presentò la decisiva azione che diede una svolta definitiva a questa storia.
Nella stanza dove Kil Noldor e la sua assistente si erano insediati, in uno dei giri di ronda Mith rinvenne un curioso bauletto, che erano tutti sicuri non fosse da sempre stato lì.


In oltre lo studio delle prove che ormai numerose giacevano al palazzo, aveva portato in un’unica direzione.
In particolare due scritti avevano guidato le ricerche verso la strada che avrebbe messo fine a questa vicenda.
Il libro scritto da Noldor e consegnato al senato parecchio tempo prima, era scritto con la stessa calligrafia di quello rinvenuto nel passaggio sotterraneo, in cui il misterioso mandante si firmava L’illuminato.
La situazione ormai disperata, spinse infine tutti a ricorrere all’ultima carta possibile.
A pensarci bene ora, fu un’azione un po’ azzardata, ma i sospetti che c’erano sempre stati si tramutarono presto in realtà quando organizzato il tutto Adharan, Amandil, Mith e Gabriel fecero irruzione negli alloggi di Noldor e la sua assistente.


L’elfo si dimostrò molto nervoso, diede segni di cedimento fin da subito quando gli vennero presentate le prove che avevano raccolto. Non ne erano completamente certi è vero, ma essendo l’ultima carta da giocare, avevano ben poco da perdere e potevano correre il rischio. Kil Noldor era L’illuminato.


I suoi intenti furono man mano svelati, mentre nei suoi deliri ripercorreva tutta la storia di questa triste vicenda, nella quale sembrava ostentare il fatto che tutti erano stati solo delle marionette nelle sue mani. Che non erano stati altro che un esperimento, una prova, per qualcosa di più grosso che sarebbe ancora dovuto accadere.
La rabbia nell’udire quelle parole era tanta, sentire i vaneggiamenti isterici di quel pazzo era quanto di più pietoso potesse capitare. Ma restava ancora il baule, lui sicuramente doveva avere la chiave. Doveva trattarsi certamente di qualcosa di importante, considerata l’apprensione con la quale rispose alla domanda di cosa contenesse il baule. Tentò perfino di ingoiare la chiave, ma nella fretta e nella paura, putroppo per lui, gli cadde.


Amandil la raccolse immediatamente, mentre gli altri tenevano sotto tiro Noldor, che impotente vedeva il suo piano finalmente sgretolarsi.
Quando tornò dal baule Mith mostrò gli oggetti che in esso erano contenuti.


Una mappa che indicava un luogo in una foresta in mezzo ad una radura, con vicino una grande roccia. Uno strano oggetto con sopra incisa la scritta “Corno dell’Unicorno” e infine un mantello viola strappato, sicuramente quello di cui avevano rinvenuto un pezzo all’inizio di questa triste storia, e uno dei cristalli usati per il rito che aveva tenuto la città stretta in una piaga insana, tempo prima.
Cosa avrebbero dovuto fare ora con lui? Avrebbero dovuto ucciderlo? Avrebbero dovuto incarcerarlo? Quello che si meritava era ben peggiore. Noldor continuava i suoi vaneggiamenti sugli illuminati e sul nostro ruolo infinitesimo, in un piano ben più grande. Un ultimo spaventoso monito, del quale sul momento nessuno riuscì a capire il senso ma che presto avrebbe avuto un suono tutto diverso un suono che avrebbe coinvolto luoghi ben più lontani di Rotiniel.


L’elfo in un attimo di distrazione, tentò un’ultima volta la fuga, tirando fuori un piccolo pugnale e uccidendo Akarius che era sopraggiunto mentre si allontanava, fu però colpito immediatamente e stavolta per lui giunse presto la morte. Il suo corpo esanime si accasciò a terra mettendo la parola fine a tutta questa storia. Per Rotiniel, sembrava davvero finita. Ma come sempre la Storia non si ferma, laddove un capitolo si chiude, nel suo corso inarrestabile, uno nuovo se ne apre. E ben presto se ne sarebbe aperto uno ben più grande.

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