Le stanze del Valhalla stavano accogliendo un nuovo eroe. Aengus e Danu avrebbero condotto al suo posto un uomo morto, nelle terre del Nord, per difendere la sua gente. Così aveva vissuto e così aveva lasciato queste terre: da Guardia Nera.
La sera del quinto giorno del mese di Granaio del 271 la piazza di Helcaraxe fu gremita da cittadini e giovani aspiranti turas accorsi al richiamo del Maknar Nero, Aemish Von Kessel, che aveva chiamato a sé tutti per salutare insieme il Capitano Arces Kesselson, scomparso pochi giorni prima.
Il silenzio era spezzato solo dalla parole altisonanti e solenni del Capo della Casa Dell’Orso Nero che quella sera si apprestava a piangere e salutare un figlio, il fedele Capitano della sue guardie.
Ad ognuno fu chiesto di accendere una torcia e di seguire Aemish fuori dalle mura dell’imponente città dei Ghiacci Stridenti.
Il gruppo di nordici camminò lentamente seguendo Aemish, in silenzio. Nel cuore di alcuni tanta tristezza, nello sguardo di tutti la fierezza e la solennità.
Tutti si disposero intorno al Tiglio del Ricordo dove una lapide ricordava i fratelli nordici caduti durante la sanguinosa ultima guerra.
Quando tutti ebbero preso posto il Godar, Van Anarkand, da poco succeduto a Mick Foxx alla carica di massima guida spirituale del nord, prese la parola e ricordò a tutti la vita onorevole condotta da Arces e la sua vita al servizio del nord. Benedisse tutti e l’anima del Capitano affinchè giungesse colmo di spirito al fianco di Aengus nelle sale del Valhalla.
Il corpo di Arces fu collocato sotto al Tiglio e il Maknar nero chiese ad ognuno dei presenti di formulare dei pensieri per Arces e lasciare dei doni nelle casse accanto al corpo, che avrebbero seguito Arces nel viaggio che stava per intraprendere.
Chi però lo aveva visto divenire Capitano, chi lo aveva conosciuto nella casa dell’Orso Nero fu invitato a parlare dinnanzi alla comunità, perciò il primo a farsi avanti fu il Barone Claus Von Kessel della comunità di Hulborg.
L’anziano Barone, che lo salutò come un figlio, alzò al cielo una bottiglia di liquore e la lasciò in una cassa come dono per il defunto ed insieme ad essa un medaglione raffigurante Inguz, la runa nordica del viaggio.
“Buon viaggio figlio mio” disse lasciando che commozione e vento freddo si fondessero insieme mentre le lacrime, ghiacciate sui volti bruciassero sulla pelle come le fiamme vive delle torce.
Fu la volta quindi di Aemish che, avvicinatosi al corpo ed alle casse, recitò antiche preghiere e ricordi permeati di sacralità e di tradizione, ricordando la potenza di Aengus che stava per accogliere un fratello, ed un figlio, fra le sue braccia.
Lo Jarl, in fine si mise al centro del cerchio, intessendo le lodi di Arces con tono pacato e lo sguardo che non riusciva a nascondere la tristezza dell’animo.
“AENGUS HUSBONDI!” urlarono tutti insieme, invocando il nome del Padre della Forgia. Qualcuno lasciò dei doni nelle casse mentre Aemish si caricava in spalla il corpo del Capitano per condurlo verso la pira che era stata preparata su una nave.
Tutti si incamminarono verso la riva dove la barca attendeva maestosa svettando nell’oscurità in un mare che placido attendeva. Danu tra le sue impetuose onde avrebbe condotto il figlio verso il suo destino, l’anima verso il suo luogo. Tutto prendeva pian piano il suo posto, mentre la neve, inesorabile, lentamente cadeva e copriva ogni cosa.
Il corpo di Arces venne sistemato sulla pira, sul ponte della nave mentre i fratelli attendevano a riva. Pian piano ognuno portò i restanti doni e li lasciò ai piedi del corpo accompagnato dagli antichi canti che il Maknar continuava ad intonare.
Ancora qualche giro di clessidra di raccoglimento e di preghiere e poi un gesto, uno solo dello Jarl Nanuk Valdarsen, e le frecce incendiarie vennero lanciate verso la pira dal Godar e dalle Guardie Nere che rivolsero il loro estremo saluto al Capitano che le aveva guidate.
Le torce vennero lanciate in mare mentre nella mente di ognuno viveva il volto di Arces. Piccole manciate di neve, a rappresentare l’eternità e la terra del nord, vennero scagliate contro la pira che bruciava i resti del Capitano mente la nave si allontanava sparendo tra le fluttuanti braccia di Danu.
Il Capitano delle Guardie dell’Orso Nero ascendeva alle sale degli eroi, al Valhalla, accompagnato dalla Signora dei Mari verso il divino Padre Aengus. Un solo coro, possente, solenne, deciso, rinnovava il canto della Morte, il canto dell’eterna Gloria di ogni onorevole uomo del nord.
Ecco, ora vedo mio padre,
vedo mia madre,
i miei fratelli e le mie sorelle
e tutti i miei parenti defunti.
Essi chiamano me
perché prenda posto in mezzo a loro
nella sala dei guerrieri,
dove l'impavido vive per sempre.
Una Valchiria intanto si muoveva eterea tra le terre ghiacciate
in cerca del suo guerriero
una Valchiria per il Capitano delle Guardie Nere
Arces Kesselson.
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