[Tremec] L' Esodo - parte III - Il Canto Proibito
Scritto da : Nawal Kamal in data : 21/01/2009 01:03:46

Si dice sia scortese rendere un dono, se il dono ha provenienza divina poi, è un sacrilegio, e Tremec per i Tremecciani era il più sacro dei Doni dell'Unico. Eppure a Tremec, un Tremecciano degno, non avrebbe più potuto vivere secondo la Sunnah, seguendo la via dei Sacri Pilastri. Nawal si arrovellava la mente su cosa fosse più sacrilego e indegno: lasciare la legge e la Fedeltà oppure lasciare l'oasi ai Loknariani, e per lungo tempo meditò aspettando un segno. Quando le fu chiaro cosa fare, aspettò che la sua gente fosse al sicuro, lontano dal deserto, poi prese il coraggio che le serviva per andare dalla Gran Sacerdotessa e chiederle, quasi supplicante, di ascoltare la sua rischiosa soluzione: le Vestali erano le custodi della vita all'Oasi, deputate a mantenerla attraverso i tre canti della vita, ai quali si opponevano i tre canti proibiti, atti a distruggere e disperdere il dono dell'Unico, nel momento in cui il popolo tremecciano fosse risultato indegno. C'era una leggenda che raccontava di come nove vestali avessero messo in ginocchio l'Oasi per ottenere dal Sultano la punizione esemplare di un profanatore, Rania credeva a quella storia, ma nella sua saggezza ricordò a Nawal che loro erano molte meno e molto lontane dall'Oasi. La giovane Vestale non si fece scoraggiare, disse che avrebbero cantato dall'alto dell' Aliman Kalued, mentre il Grande Rosso le masticava, piuttosto che lasciar qualcosa di intentato.

E così molto probabilmente sarebbe andata, se nei giorni seguenti, passati tra le selve ardane più remote, scappando da un goblin o da un orso affamato, ormai rassegnata a non trovare ciò che cercava, non si fosse diretta verso il rifugio dei Ramjalar per riposare, trovandovi finalmente proprio la tunica verde che sperava di vedere, il Drujid Anyndel, quello abbastanza folle, come lei del resto, da pensare di trattare con il Drago della Montagna di Fuoco. Non fu facile spiegare al Drujid che il canto proibito era un canto di morte, ma morte naturale, un ritorno allo stato iniziale, dal qualle nasce altra vita, in circolo ideale che le loro fedi credevano sacro. Gli disse che i drujid e i draghi non potevano opporsi, perchè il canto rendeva alla natura l'Oasi, privandone i Loknariani, quelli con la testa di drago appesa sulla porta della locanda, quelli che sfoggiavano armature in scaglie di drago, quelli che vantavano un fondatore ammazzadraghi. Quando il Drujid la congedò, dicendo che avrebbe discusso la cosa a Paranor e forse l'avrebbe aiutata, sellò veloce l'ostard per portare a Kard Dorgast la notizia.



*dagli appunti del taccuino di Darvish Khan Asalar* "Era da molto che noi, gente tremecciana, non ci ritrovavamo così uniti come in quel momento. Non ci fu bisogno di perder tempo per organizzarsi, tutto avvenne in un susseguirsi fluido di azioni e movimenti, pareva fossimo guidati dall'Unico che disceso in carne ed ossa ci ordinava di servirlo. Il canto proibito, la riscoperta di questo enorme potere, aveva infuso forza e coraggio nelle nostre genti. La sacerdotessa Rania e le Vestali, Nawal e Jakinda, parevano muoversi come anime spostate dal Kamshin, sicuro della sua direzione. Io e i fratelli le scortavamo attenti e allerta, vigili in ogni singolo spostamento verso el-Aliman Kalued, dove non sapevamo ancora cosa potesse accadere, ma quel giorno, in quel luogo, avevamo un appuntamento con il volere dell'Unico. Akkron ci guidava, invisibile. E quando fummo giunti al sentiero che saliva alto verso il cielo, incontrammo il drujid Anyndel con suo fratello Holcolleth ed insieme ci avviammo verso l'essere che temevamo di più, l'anziano Drago Rosso. In cuor mio ero speranzoso e supplicavo l'Unico di concederci il giusto momento che avrebbe inciso le sorti di noi tutti. Arrivammo sulla vetta io, le vestali e i dujid e lo vedemmo.



Era da temere! Oh per Akkron se era da temere! Un enorme drago rosso si presentò d'innanzi a noi, pieno di sè e fumante di rabbia. Diventammo come pietre, immobili. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quell'immensa figura. Era così imponente! Le vestali tremavano e la sacerdotessa per un istante venì quasi a mancare. Lasciammo fare ai drujid, loro conoscevano quell'essere meglio di chiunque altro. Akkron ci guidava, invisibile e ci concesse di procedere con il canto. Intanto gli altri fratelli erano rimasti poco più indietro, a sorvegliare il sentiero, di modo che nessuno osasse interrompere il rito. Le donne si misero in preparazione, io non sapevo ancora come avrei agito, ma sapevo che ero guidato. Non esitai, cominciai a ritmare sul tamburello per favorire la concentrazione nel canto. I drujid stavano a guardare, silenti. Il canto cominciò. Dapprima ritmai deciso, poi seguendo le voci trasformai l'accompagnare di colpi in una voce quasi femminile e mi lasciai andare e trasportare dal misticismo profondo di quell'istante. Quando riaprii gli occhi tutto fu compiuto. Ci sentimmo vuoti. Nessuno parlò. Un forte ringraziamento andò ai drujid e c'incamminammo verso la Gemma."

Pare che quella notte il Kamshin soffiasse forte sull'Oasi, quasi a strappar le tende rimaste vuote. Correva una voce, parlava di coccodrilli sacri che azzannavano gli "sciacalli dalle cappe nere". I Tremecciani commentavano la notizia eccitati: "certo questo è un segno divino!" - dicevano certi - "Il canto è stato ascoltato!" - mormoravano altri segnandosi - "Troppo poco!" - dicevano altri ancora, ma i più fedeli ripetevano: "l'Unico ha un piano a noi inconoscibile, l'Unico non ha fretta di compierlo"

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