
Dopo più di un mese di ricerche nei territori orcheschi, dopo aver osservato gli accampamenti, gli stendardi dei clan, le loro abitudini, il Prefetto di Amon Xandra Phem decise che fosse giunto il momento di risvegliare le coscienze degli amoniani e far rivivere loro la Grande Battaglia del 191, durante la quale la Legione di Frontiera, per salvare pochi superstiti, si sacrificò insieme al Re Agravain.
Il piano era quello di attaccare gli orchi e non subire, questa volta, i loro attacchi, per rivendicare l’onore dei Legionari di Frontiera, dei Padri, e vincere nel loro nome affinché le preghiere della nuova Amon giungessero fino ai Campi Elisi e rendessero gli spiriti degli amoniani colmi d’orgoglio.
Il Banchetto degli Eroi e la Benedizione delle armi, che si erano tenuti la sera prima, aveva unito la Legione che per l’occasione, durante tutto il 29 PostApritore 273, si fece chiamare Legione di Frontiera, indossando la tunica storica ricamata coi simboli di un tempo e dimenticando, per volere del Prefetto, le differenze di grado da milites.
Erano tutti Legionari di Frontiera e stavano tutti per combattere uniti in nome di Amon e della storia.
La sera della battaglia gli uomini erano schierati, fieri, armati, pronti, nella piazza austera di Amon, dinnanzi al Prefetto.

La Legione era pronta per partire, i cavalli sellati, le armi in pugno e il Prefetto si apprestava ad innalzare gli animi di tutti con un discorso che richiamasse alla coscienza le virtù amoniane e l’orgoglio storico della città.
Invitò tutti a guardare il Mastio, il simbolo cittadino, sulle quali pietre sono impresse le memorie delle gesta di chi ha fondato e lottato per la città.
In quel luogo, dinnanzi al Mastio, la Legione sarebbe tornata trionfante.


Parlò loro con serietà, camminando tra le fila dei soldati per guardarli da vicino ed imprimere il suo sguardo in quello di ognuno di loro, mentre giungeva in piazza anche l’Imperatore e si alzavano al cielo gli urli di battaglia e di invocazione agli déi.

Fu il momento del discorso dell’Imperatore alla Legione schierata e pronta.


L’unione del corpo armato era palpabile e il grido si levò alto.

Quando gli amoniani uscirono dal cunicolo, che collega la Vecchia Amon alle terre selvagge, si trovarono investiti da un’ondata di orchi e titani. Tra le due fazioni scoppiò immediatamente la battaglia e le forze amoniane furono dispiegate per far fronte all’attacco violento e inaspettato.




La Legione fronteggiò bene i nemici, non vi furono caduti e le tattiche belliche, la disciplina, la fede, la potenza e lo spirito sostennero quegli uomini animati dal grande coraggio e dalla voglia di riscattare la storia.



Affrontati i nemici, ricompattate le fila, gli amoniani ripresero la marcia verso il primo forte orchesco, in direzione nord-ovest.
Lì la battaglia riprese incalzante. Evocazioni, preghiere, duelli con orchi celati dalle ombre e ancora asce che si scontrano e canti che si innalzano fino alla conquista, gloriosa, del primo forte.


L’avanzata però non poteva arrestarsi perciò, richiamata la formazione della Legione, il Prefetto Xandra incitò gli uomini a riprendere il cammino verso la capitale orchesca, lì dove avrebbero affrontato il nemico peggiore e più in forze.

Durante l’avanzata però un altro forte e diversi insediamenti si frapposero tra la meta e la Legione, ostacoli che non riuscirono a compromettere l’esercito compatto e combattivo, fino alla conquista di un secondo grande forte.


Finalmente, dopo altri scontri con assassini orchi a cavallo di enormi lupi, titani orcheschi, shamani e maghi, la Legione di Frontiera si ritrovò dinnanzi alle alte palizzate del maggior accampamento orchesco, ma lì qualcuno li stava attendendo.

Uno schieramento di orchi a dorso di lupo li fissava immobili e pronti all’attacco.
Il Prefetto richiamò la formazione coadiuvata dagli ufficiali schierati dietro all’Imperatore.

Una figura in groppa ad un lupo enorme e nero giunse ad affiancare il manipolo di orchi, impugnando una lancia e urlando contro gli amoniani.

Gli orchi lo osservavano con rispetto mentre fronteggiava con occhi colmi di ferocia la Legione minacciando gli amoniani.

L’acceso diverbio che si instaurò tra le guide amoniane e l’orco rendeva tesa l’aria, ma nessuna delle due formazioni dava segno di voler arretrare.

L’orco dichiarò di essere un discendente di Kattlekah, l'orrore con una zanna, l’orco leggenda conosciuto in tutte le terre, rivendicando la forza e il coraggio del suo antenato, cercando di intimidire Amon con parole di scherno e provocatorie.



Amon resistette, nonostante il furore di una guerra che per troppo tempo era stata rimandata e il ricordo della sconfitta negli animi, finché il Prefetto ordinò di attaccare e i militari si affiancarono all’Imperatore andando alla carica del manipolo orschesco.


Lo scontro fu molto lungo, i versi delle abominevoli creature echeggiavano nel bosco, teatro del sangue, dell’orgoglio, della furia che si univano come in uno spettacolo che non deve aver fine e che compie il destino di chi vince o di chi perde.
Ed infine gli amoniani vinsero.
L’orco a capo del manipolo cadde e con esso tutti gli orchi ed i lupi.
Amon inneggiava dinnanzi alle porte sbarrate della fortezza orchesca, la testa dell’orco capo innalzata come simbolo della vittoria e del riscatto.

L’Imperatore mostrò a tutti un’antica spada amoniana con l’emblema di Re Agravian, rinvenuta tra le cose dell’orco, che gli altri chiamavano Kraaag, logora e consumata, cimelio forse di una vittoria che gli orchi avrebbero scontato.
L’arma appartenuta al Re sarebbe tornata al suo posto, tra le mani di Sharendar.

Dinnanzi le porte chiuse, come promessa di un ritorno, Nefrem, insieme agli altri sacerdoti, innalzò una preghiera affinchè giungesse alle anime dei Padri amoniani, nei Campi Elisi.



E affinché giungesse più forte il gesto, e le invocazioni, Xandra chiese a tutti i guerrieri di bruciare le loro bende sporche del sangue di quella sera, nel grande falò che insieme appiccarono alle porte dell’accampamento.
L’odore del sangue amoniano si diffuse così oltre le palizzate e nel cielo, fin lassù ove Amon guardava alla ricerca dei Campi Elisi.

Ed infine giunse il tempo di tornare a casa, alla Guerriera.

Gli uomini feriti, stanchi ma dallo sguardo fermo, si allinearono all’uscita del cunicolo, alle porte della Vecchia Amon, lì dove ancora echeggiano antiche le urla degli amoniani uccisi in quel lontano 191.
Amon tornava a casa vittoriosa, senza soccombere, alimentando di nuovo orgoglio la storia che la rendeva così grande e fiera.


La Legione tornò nella piazza, lì dove il Prefetto aveva invitato tutti a tornare durante il discorso prima della battaglia, lì dove tutti dovevano tendere col pensiero quando la volontà di cedere sarebbe stata grande e la morte vicina.

Xandra lì guardò fiera ed orgogliosa, l’Imperatore impugnava la spada storica, le posture marziali degli amoniani, dai più giovane ed inesperti, ai più coraggiosi e valorosi, nelle loro tuniche dorate con le insegne della storica Legione di Frontiera, riportavano al passato colorandolo del sangue del presente di un’Amon di nuovo unita, forte e battagliera.

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