[Rot] Annad en Suldanas
Scritto da : Arimel Finlaure in data : 26/09/2012 20:59:25

Le luci del giorno si andavano affievolendo, lasciando spazio ai colori smorzati del Vespro.
La piazza ghermita di astanti riecheggiava di voci concitate: un’importante cerimonia stava per veder l’alba in quel 24 di Solfeggiante, nell’anno 276. Un rituale che avrebbe unito, una volta ancora i Rotinrim sotto la stessa potente egida. Schierati, impettiti, fieri, coperti da armature scintillanti col viso impavido, volto con devozione verso il loro amato Haran, i membri della Flotta della Perla, restavano in silenzio, sull’attenti, vigili, col fardello della loro umanità ad accomunarli, con le loro profonde differenze a renderli uniti.
Un amalgama di stirpi, votate per dedizione a una causa comune, grande ed elitaria: preservare la città a cui avevano prestato solenne giuramento, salvaguardare con ogni forza le genti che chiamavano fratelli. Nell’azzurro clangore di un passo pesante, si avvicinava a loro l’Ammiraglio Kaynan. Lo sguardo sprezzante di un giovane che aveva alle spalle anni di guerra, gli occhi malinconici di un cavaliere che aveva conosciuto la morte, ancora prima dell’amore. Tratti ruvidi, inaspriti dalla battaglia, ma un cuore docile di chi non aveva scordato la gentilezza.

Un suo cenno, ed in fila, ordinatamente i suoi uomini si apprestavano a schierarsi nell’accogliente palcoscenico del Teatro della Marilla che, per una sera, sarebbe divenuto luogo di culto e preghiera. Il passo cadenzato, ritmato della truppa con al fianco i loro fedeli animali da battaglia s’arrestò dinanzi allo scranno dell’Haran.

Sull’attenti, immobili, ammansiti dalla fragile figura di un’elda dai capelli dorati… La tunica rossa le accarezzava le forme armoniose, ingentilendone i tratti del volto, facendola sembrar ancora più piccola in quelle vesti color del sangue. Una creatura dall’apparenza fragile che racchiudeva in sé la forza prorompente ed inarrestabile dei Belain… Così si presentava dinanzi agli occhi marziali della Flotta quell’elfa dai modi risoluti e gentili. Schierati, ad ala, i Soldati la guardavano, accoglievano con gratitudine le parole che ella rivolgeva loro, parole che dissetavano l’animo dei credenti come pioggia in Madrigale.

La forza di Suldanas, la Giusta Vendetta, il Fuoco che Monda, il Sangue che è vita… tutto questo era rappresentato sulla scena scarna del palcoscenico, laddove bracieri ardevano imperituri a rammentar alle genti che la passione di un Padre per i suoi figli, mai scema, che l’amore di un Padre per la sua prole mai si attenua… E lei, in quel momento era la Somma rappresentante mortale di quei dogma che permeano l’essenza vitale di Suldanas… Si fece parola, si fece spirito, si fece sangue, si fece monito, mentre benediva quegli animi avvezzi alla battaglia, mentre pregava per quelle creature votate alla guerra, mentre accarezzava i loro cuori, riempiendoli dello stesso calore con cui il Padre ogni giorno guidava la loro mano ferma…

Un pugnale intarsiato, la cui elsa raffigurava il capo di un lupo ed una flessuosa quercia prospettava longevità e forza, dono della verde Tiond e del suo splendido popolo a Suldanas devoto più d’altri, baluginò tra le candide mani della Sacerdotessa, prima di inciderne il palmo levigato. Stille cremisi imporporarono la lama, gocce di martire accarezzarono la fronte dell’Ammiraglio. Ella concesse all’Uomo il dono di una Madre, Ella concesse al Giovane il dono di un’Amante, ella concesse al Guerriero la forza medesima che tiene in vita ogni creatura vivente…

Vermiglia linfa vitale che dai meandri atavici del primo vagito si riversava prepotente sulla pelle dell’Ammiraglio concedendogli, seppur simbolicamente parte della sua immortalità. Ed egli, commosso, per la regalia ricevuta parlò con voce sincera, parlò con voce di mortale alla sua truppa, ai suoi uomini, alle donne, ai soldati che per lui avrebbero dato la vita, incapaci di tradirlo, incapaci di ignorare il suo fiero urlo di Drago, ma capaci di pensare a lui come guida, giusta e retta…

Con onore, Con cuore, Con braccio
Questo riecheggiava nel cuore del Teatro, questo urlo avrebbe udito il Doriath, questo motto avrebbero sentito come ultima frase i nemici che avrebbero incontrato il loro passo quella notte di speme e gloria… Tre manti, tre diversi colori, che ancora una volta erano uniti se non dalle ideologie, da interessi comuni, atti a preservare quanto di buono quella terra martoriata da guerre ed iniquità aveva subito nei secoli…
Con onore, Con cuore, Con braccio…
Questo avrebbero ripetuto in cuor loro ogni giorno, immolandosi al Padre ed ai Giusti, come figli fedeli di una terra che li amava…

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