[KAR] Il passato che riemerge dalla pietra
Scritto da : Fengar TestaPiatta in data : 21/04/2013 12:12:26


In seguito al crollo dei cunicoli in molti si chiesero come poter uscire dalla disastrosa situazione. Recuperare quanto era andato perduto appariva impossibile, perfino i sotterranei per Nuran Kar vennero coinvolti nel disastro pur trovandosi ad una distanza notevole. Il fatto che la Gemma non avesse subito danni quella terribile notte per alcuni fu dovuto solo all’intervento della Triade, per altri a questo e all’ingegno degli Djaredin. Le idee su come ricollegare il Regno dello Djare alla superficie erano molte, varie e fantasiose. Ma alcuni, come Fengar TestaPiatta e Thraor FendiSpettri, scelsero di affidarsi alla sapienza dei libri. Quest’ultimo Djaredin in particolare, rinvenne presso il Tempio di Dera un antico tomo appartenuto ad uno dei Bortrox più famosi della storia del nostro popolo: Tydor il Martellatore.



Il libro conteneva un indovinello nella lingua antica. Il primo a tradurlo fu lo stesso Uzbad di Dera, Thraor. Mentre colui che trovò la sua soluzione fu invece Fengar; la parola corretta era Sogno o Dram in lingua originale Kyl. Certi che la Triade li stesse guidando in una nuova impresa, il popolo del sottosuolo si riunì presso il Tempio del Signore dei Misteri, invocando il suo aiuto ed un suo segno.



Preghiera che venne ascoltata da coloro che da tempo immemore vegliano con occhi vigili sul loro popolo eletto. Una visione apparve, come in un sogno, nella mente di una delle presenti: Grelle Straziarospi. Il luogo dove pronunciare la parola d’ordine si trovava presso le catacombe del Palazzo dello Djare. Così dal tempio, una lunga cerimonia si riversò lungo le strade della Gemma, fino al luogo designato dalla prescelta. Ed è in quelle stanze ricche di storia che apparve poi lo stesso Tydor, riemerso dal suo sarcofago di pietra.



Ma quell’avventura era ben lungi dal concludersi. Tydor svelò che i cunicoli inferiori avevano retto all’impatto e che il Cuore era ancora in vita in quegli anfratti rocciosi abbandonati da secoli. Così gli Djaredin di buona lena presero a scavare nei punti dove le frane non avevano ancora compromesso del tutto il passaggio.



Si scava al mattino, si scava alla sera

si sfalda la pietra di si cerca in miniera

è dura la roccia, è grigio il costone,

è ricco il metallo che prende il piccone

Bo-bobo-bbo bobobbo.....

Il ferro e il bronzo usiam per forgiare

Il rame e l'argento per Pentole e giare

Con l'oro gioielli piu belli creiamo

Per djaredine lo scrigno riempiemo.

Bo-bobo-bbo bobobbo.....

A fine serata i picconi son rotti ,

ma dolce è il rumore che fanno i lingotti

E gli arti dolenti , saran ritemprati

dal dolce brillare di scudi dorati

Bo-bobo-bbo bobobbo.....

Le barbe arruffate, dal tanto lavoro,

Formaggio Muschiato dal piatto divoro

Ormai soddisfato è giusto finire

e di birra scura beviamo un barile!

Bo-bobo-bbo bobobbo.....

La lunga marcia, scandita da canzoni e ritmiche picconate, portò il folto gruppo di Djaredin presso il centro dei laghi di magma denominati “Cuore”. Lì, antiche costruzioni e maestosi portali si ergevano imperituri nel tempo addormentati in un sonno senza età.

Ovunque compariva la salda mano del popolo Djaredin che aveva preceduto la nostra attuale generazione. Ovunque il loro ricordo era impresso nella roccia.



Infine una grandiosa entrata si parò davanti agli occhi dei presenti. Essa celava al suo interno gli antichi cunicoli oramai abbandonati da tempo. Quali meraviglie avrebbero trovato gli Djaredin in esplorazione? Quali sorprese ed insidie riservavano loro quei luoghi incontaminati?



Solo la perseveranza e la curiosità del nostro popolo darà risposta a queste domande.

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