
22 Nènime della Quarantesima Parte della Ventunesima Fioritura di Tulip.
La statua dorata di Toredan ancora giaceva placida nelle segrete di Ilkorin, che l’avevan “accolto” la notte della sua sconfitta.
Nonostante i suoi lineamenti fossero stati resi immortali ed immobili dall’oro, che l’aveva ormai posseduto non solo nella pelle ma anche nel vero cuore del suo corpo, il potente manipolatore del Flux ancora poteva considerarsi un pericolo.
Per questo la Silala, con l’aiuto degli Alleati di sempre della Càlen, decise che si rese necessario officiare un rituale magico di Tessitoria Arcana, il Saràt Nomë, atto ad imprigionare un individuo in un piano esterno tramite un potente artefatto magico, chiamato Chiave.

Primo passo, fu evocare il Cerchio Bianco Calaquendi: per questo motivo, l’Ankalistar Elendur, l’Alta-Istar Satras en’Zatyriel e la giovane Cuna Isil Irime Lòteluin, cominciarono ad invocare con devozione Elentari Morrigan affinché concedesse loro la potenza del Suo Dono.
“Fàlassë Ramba osto ilyë tindòmereltulta”
“Met serta canafinwë Quenya òmainen”
“Oh Nùmeheruvi ingolmo, en'Ninqueleno en'Gondolin edr cilyanna”
“Linea Frangente Muro resistente tutti i figli del crepuscolo ti invocano”
“A noi ti leghiamo Con voce forte con voci Quenya”
“Oh Signori dell'Ovest, Maestri del Cerchio Bianco di Ondolinde, schiudetelo nel vento”
Numerosi incanti vennero uniti, come la Storia della Tessitoria insegnava, ed il Cerchio Bianco Calaquendi prese forma sotto i piedi dei presenti.

Il Cerchio Bianco Calaquendi, oltre ad avere il compito di proteggere gli officianti, ebbe il compito anche di proteggere il terreno sacro di Falmalonde.
Ingrediente necessario del Saràt Nomë infatti era un veleno molto potente, estratto dalle ghiandole di alcune delle creature più pericolose d’Arda: il pentacolo acido serviva per contrastare ed Equilibrare le potenti forze sintropiche che il rito avrebbe scatenato.
Fumi venefici cominciarono a spargersi nell’aere, mettendo a rischio tutti gli officianti, ma i Quenya resistettero, ponendo la loro missione innanzi alla loro stessa salute.

Fu poi compito dei due Sacerdoti presenti supportare gli Istari impegnati nell’ingrato compito.
Il primo a prender parola fu Lòntay’Lòsse Turundumelion, Tar’Calion en’Silala e Ministro del Culto di Morrigan. Egli, seguendo Storia e Tradizione, ripropose un’antica pratica morriganita, che trovava radici nel culto più arcaico del Buon Risveglio: con un liquido alchemico dal colore dorato, estratto e creato dalle rocce di Nut raggiungibile solo dall’Argenjaly degli Yiu, marchiò la pelle degli Istari con formule elfiche ed occulte, incanalando in loro la possanza arcana e potenziando, camminando sul labile filo che divide necessità e pericolo, la loro aura magica.
“Inyë tyeenna sarat anessë Elentari,
Sarat 'n Ingwënna, nai cen'n Anwa;
Sarat 'n Antoenna, nai quet'n Faila;
Sarat 'n Hroaenna, nai eä yulma Ingòlemonya;
Sarat 'n màryatenna, nai vòrima Valacirca.”
“Io ti marchio nel nome di Elentari
Marchio la tua mente, affinché veda il vero;
Marchio la tua bocca, affinché parli nel giusto;
Marchio il tuo corpo, affinché sia coppa di conoscenza;
Marchio le tue mani, affinché impugnino l'Arcana Falce dei Valàr.”
Così tornò in vita, dalle antiche brume del tempo, l’Antico Rituale del Marchio Arcano.

Prese poi la parola Velya dei Lòteluin, Càle Silmo e Bianca Conciliare, Voce della Signora di Luce ed erede di una delle ultime sacerdotesse dell’Ordine delle Madri.
Accompagnata da una giovane cerva, primo simbolo di Beltaine e sigillo d’Equilibrio Naturale e forza di vita, suo era il compito di proteggere gli Istari, circondandoli d’Amore ed Armonia, Armonia che potrebbe venir a mancare dopo la sublimazione interiore del Dono operata da Lòntay’Lòsse.
Velya Lòteluin risvegliò l’ancestrale potere insito nelle fondamenta stesse della terra e nei suoi frutti, invocando coLei che, in un tempo immemore e sconosciuto, creò tutto ciò che ora circondava gli Elfi. Attraverso l’erba mistica nota come Capelli di Fata, quindi, Velya Lòteluin fece da tramite tra gli Istari, esposti al terribile potere della Valie Figlia, e l’Amille Valarion, amorevole e protettiva.

I tre Istari quindi, rinvigoriti dalle preghiere dei due Sacerdoti, portarono a compimento il Rito del Saràt Nomë evocando l’apertura di un unico, enorme, portale. Nonostante questo, la grandezza del portale costrinse gli Istari ad uno sfinimento fisico e mentale; per questo fu compito dei sacerdoti quello di alimentare il portale stesso, tramite la benedizione ed il sacrificio di alcuni potenti artefatti magici.

Il Dono però, è Equilibrio nel Bene come nel Male: un ‘sì potente portale, e la grande possanza arcana sprigionata dai tre Istari richiamò sul nostro piano un potente demone arcano e le sue schiere. E mentre i gli officianti combattevano per sostenere l’Antica Magia, l’Armata Splendente ed i soldati della Càlen combatterono contro il Demone per far sì che ci riuscissero.

Il Demone fu sconfitto, e così il suo esercito del Male. La statua di Toredan anche sparì, ingoiata dal potente Rituale, trasferita su un Piano sconosciuto.
Il Sarat Nomë si era concluso positivamente e, nonostante la stanchezza di tutti i presenti, le stelle sembravan più brillanti sul cielo del Doriath.
Ma era davvero tutto finito?

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