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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By Halfdan
#12515
CAPITOLO 0 - PROLOGO

A chiunque è capitato almeno una volta di pensare al senso della vita. Per qualcuno la vita si riempie di significati già inizialmente, grazie all'appartenenza a una famiglia, a un ceto sociale o a un clan. Per altri questo senso viene trovato lungo il percorso, dopo scelte o errori e altri ancora vivono tutta la vita cercando un significato che forse, in certi casi, non viene mai trovato.

Per Halfdan le cose erano andate in modo abbastanza semplice. Arrivato a poco meno di trentanni si divideva tra i libri, le storie dei viandanti e l'esplorazione della Baronia e dell'Orus Maer. Le caverne inesplorate erano la sua passione, sognava infatti di essere il primo a entrarci ogni volta magari dopo migliaia di anni ma, a parte questo, niente di veramente serio animva la sua esistenza. Niente che travolgesse la sua vita con un significato importante.

Ma un giorno tutto questo cambiò. I deva terrorizzavano il mondo a quei tempi. Venuti da chissà dove a uccidere e conquistare. Hullborg non ne fu risparmiata e molti caddero negli attacchi deva.

Tra questi vi era Sven, il nonno di Halfdan. Colui che lo aveva iniziato alle storie. Si potrebbe dire uno Skald di tutto rispetto e un veterano del Regno dei Ghiacci. Halfdan mentre accompagnava il nonno nei suoi ultimi istanti di vita, tra i resti della battaglia appena finita, gli promise di raccogliere la fiaccola della narrazione e di continuare a tramandarla. "Le storie" disse il nonno "sono la vera identità del Nord e senza di esse, non siamo altro che neve e ghiaccio... neve e ghiaccio."

Così inizio la sua nuova vita, ad animare locande e a raccontare storie.
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By Halfdan
#12536
CAPITOLO 1 – L'ARRIVO A HELCARAXE

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Halfdan era insonne sdraiato sul letto della sua stanza, fissando le ombre che la luce delle torce produceva dall'esterno. Aveva riletto più e più volte l'editto del Konungur appeso alla bacheca di Hullborg. Nella sua mente sapeva che era una grande occasione per narrare una storia epica. La rivoluzione del Regno dei Ghiacci, se ne sarebbe narrato per anni e anni. Era una grande occasione ma significava prendere e trasferirsi a Helcaraxe per mesi e mesi.

Sì, era la cosa giusta da fare. Aveva deciso, il giorno dopo sarebbe salpato.

Quella notte Halfdan non dormì molto, il pensiero di vivere e narrare uno dei momenti epici del regno lo elettrizzava, era il modo giusto di rendere onore a suo padre. L'indomani prese il minimo indispensabile e si mise in viaggio verso il traghetto che portava a Helcaraxe. Il sentiero era tortuoso, in mezzo a montagne e e grotte ma una volta arrivato ad attenderlo c'era il suo futuro.

Giusto il tempo di una breve sosta ed era il momento di mettersi in viaggio verso la nuova avventura, si imbarco sul traghetto e trovò un posto dove sedersi. Ormai era quasi sera e il viaggio sarebbe durato tutta la notte, una notte di tempesta.

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La notte era passata, le prime luci dell'alba accarezzavano le catene montuose su Helcaraxe regalando uno spettacolo unico a Halfdan mentre sbarcava per la prima volta.

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C'era qualcosa di strano in quell'isola, passeggiando per le vie di Helcaraxe respirava contemporaneamente lo stesso ambiente di Hullborg, neve e ghiaccio, ma allo stesso tempo sentiva quella sensazione unica che solo Helcaraxe ti sa dare, la cosapevolezza che ogni pugno di quella terra era stato combattuto ed era irrigato del sangue di tanti nordici.

Qualcosa che a Hullborg non si respirava con così tanta energia.

Perso tra i suoi pensieri camminando arrivò davanti alla Rocca che sorgeva al centro della città, maestosa. Qualcosa così possente che solo un grande popolo poteva aver eretto.

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Dopo pochi istanti il suo viso straniero attrasse l'attenzione di alcuni cittadini che gli chiesero chi fosse. Pieno di orgoglio e speranze raccontò del perchè fosse giunto li.

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By Halfdan
#12537
CAPITOLO 2 – LA STORIA, L'INCURSIONE E L'ACCUSA

La prima giornata a Helcaraxe volgeva al termine, era quasi il calar del sole.

Halfdan aveva conosciuto molte persone in quelle ore, con una in particolare aveva fatto amicizia. Si chiamava Helena e lavorava dallo stesso sarto dove lavorava Halfdan. I due chiacchierando si resero conto che la donna poteva essere un'ottima protagonista per le sue storie.

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Uscito dal sarto Halfdan si recò in centro città dove, seduto davanti al fuoco, conobbe un uomo di nome Thorgad con il quale si mise a chiacchierare.

Non appena Thorgad seppe che Halfdan era un racconta storie espresse il desiderio di ascoltarne una. L'occasione non tardò, dopo poco, appena vide che un piccolo gruppo di nordici furono intorno al fuoco iniziò a raccontare la storia di Vremar il Rosso che sotto un incantesimo di una bellissima donna rischiò molto ma venne salvato dai figli.

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Quando Halfdan terminò il racconto, ad ascoltarlo ormai erano oltre una decina di nordici. Ma nella movimentata piazza il silenzio del racconto non durò molto. Una giovane donna arrivò in piazza chiedendo aiuto. Raccontò qualcosa che Halfdan non capì bene ma capì che vi erano di mezzo un syskar e gli Huatban, un Clan di gente odiosa che non aveva mai visto prima ma di cui conosceva bene la nomea.

I guerrieri nordici si armarono, era il momento di partire!

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Era una grande storia da narrare e Halfdan si unì a loro.
Un'orda inferocita di nordici uscì dai cancelli di Grandeinverno e spuntò nei territori Huatban assetata di sangue.

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I guerrieri si fecero spazio lungo le caverne degli Huatban trucidando ogni cosa gli si muovesse davanti, non ci misero molto ad arrivare fino alle spoglie del syskar.

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Ma un'amara sorpresa attendeva Halfdan nell'ultima stanza. Mentre tutti ormai erano usciti lasciando solo cadaveri alle loro spalle, Tre dei nordici della spedizione si avvicinarono a Halfdan e il più grosso di loro lo puntò chiedendogli se avesse rubato qualcosa.

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Infatti, in una delle stanze precedenti vi era un forziere. Halfdan aveva peccato di curiosità sbirciandovi all'interno e essendo l'unico straniero era l'indiziato principale della sparizione di qualcosa.

Il giovane nordico, intimorito da quel bestione insistente che lo sovrastava si fece perquisire ma niente fu trovato tra le sue cose.

La questione venne ripresa davanti a tutti appena usciti dalla caverna ma Halfdan realizzò presto che la sparizione di qualcosa era solo una congettura di qualcuno del gruppo e dopo qualche discussione il gruppo tornò a Helcaraxe a lasciare il corpo del syskar recuperato.

Ma a Helcaraxe la cosa non finì. Mentre confermava la versione dell'uomo che aveva aperto il baule rispetto a cosa contenesse, uno dei nordici mise in dubbio la parola di Halfdan in quanto straniero. Per evitare problemi Halfdan consegnò quanto aveva raccolto dalla spedizione e si allontanò.

Ma si accorse poco dopo che l'energumeno che lo aveva perquisito lo aveva seguito in locanda. Un po' intimorito Halfdan cercò di rompere il ghiaccio ma si accorse che altri due erano entrati in locanda con intenzioni poco amichevoli. Accusato nuovamente di aver rubato, questa volta intuì che si stava mettendo male. L'ultimo nordico entrato disse armato di ascia "Abbiamo deciso che la tua vita vale poco" e un'altro ancora "Apriamolo in due".

Vedendosi circondato, spalle al muro nella locanda e temendo per la propria vita impugnò un coltello che normalmente usava per intagliare archi e che ben poco poteva fare contro le asce dei tre ma, se volevano farlo fuori avrebbe venduto cara la pelle e in quei pochi metri al chiuso l'arco era inutilizzabile.

Perfortuna, dopo un po' i nordici, stanchi dalla battaglia si stufarono e se ne andarono quasi tutti, alla prima occasione Halfdan uscì dalla locanda e galoppò al al molo del traghetto.

In quelle terre non era al sicuro.

Non appena il primo trasporto fu pronto partì.

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Perso nei pensieri spese tutto il viaggio di notte guardando l'orizzonte appena visibile sotto la luce della luna piena. Era al sicuro ma aveva fallito, non era stato all'altezza della promessa a suo nonno e l'amarezza lo divorava.
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By Halfdan
#12867
CAPITOLO 3 – LA LAMA GELIDA DELLA GIUSTIZIA DEL NORD

Quel letto caldo e sicuro non era sufficiente per far riposare bene Halfdan. I suoi demoni più profondi lo tormentavano. Aveva fatto cadere la fiaccola passata da suo nonno Sven scappando come un coniglio dal pericolo e evitando di affrontarlo. Erano bastate due minacce per farlo desistere dalla missione di una vita.

Occhi fissi sul soffitti, nervi a pezzi, luci spente in piena notte gli tornò in mente la vecchia storia di Korlen Saug, l'avventuriero che con il potere delle rune aveva sconfitto i suoi demoni. Non ricordava bene quella storia ma ricordava dov'era quella pergamena.

In un momento di sconforto solo i racconti potevano dargli un minimo di sollievo. Il tempo di accendere una candela e arrivare ai vecchi bauli di suo nonno nella stanza adiacente. Il silenzio totale accentuava ogni rumore. Halfdan appoggiò la candela a terra e il silenzio venne rotto dal rumore del baule che si apriva. Una a una guardava tutte le pergamene all'interno in attesa di trovare quella giusta, quando il baule fu quasi vuoto ancora non aveva trovato quello che cercava ma sentì che il fondo del baule era instabile. Incuriosito provo nuovamente a mettere il peso della mano alle due estremità per vedere se si muovesse e con sua sorpresa l'asse del fondo del baule traballò. Vi era un doppio fondo!

Non ci mise molto a trovare il modo di rimuoverlo e quando lo spostò trovò nel doppio fondo un libro. Questo libro era diverso dalle altre pergamene di bassa qualità dove erano narrate le varie storie ma era rifinito e di ottima qualità. Velocemente Halfdan gli diede una spolverata e lo portò sul tavolo dove iniziò a sfogliarlo.

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Capì presto che il libro era il diario di suo nonno dove vi erano narrate le storie della sua gioventù. Sfogliando le pagine del libro le ore iniziarono a scorrere più velocemente rispetto a prima e fu presto l'alba quando era a metà. Scoprì in quel diario che suo nonno aveva sofferto molte tribolazioni. La sua gioventù infatti ebbe come sfondo una giovane Helcaraxe come insediamento, un periodo di guerre fratricide tra nordici e di incertezze.

Carico di quella consapevolezza si accorse che quello che aveva passato lui era poco più di niente in confronto e decise che non avrebbe mollato, ci avrebbe riprovato nuovamente. Insonne e stanco riprese gli zaini che non aveva ancorsa disfatto e si rimise in cammino.

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Quella mattina il mare era calmo e il viaggio, accompagnato dal prezioso diario del nonno, fu veloce e indolore. Mettendo piede sulla neve di Helcaraxe il giovane nordico decise che le cose sarebbero andate diversamente questa volta. Essere solo un racconta storie e un esploratore non sarebbe bastato a resistere al freddo gelido del nord e alle sue leggi non scritte. Bisognava essere veri nordici per resistere in quel luogo e doveva imparare a combattere per resistere.

Senza pensarci molto su si diresse alla palestra, tutti gli avevano parlato di Burk il mastro d'arme. L'uomo che insegnava a combattere. Entrando in palestra però ebbe una sorpresa. Si trovò di fronte due figure familiari che si allenavano. Erano Helena, la donna che lavorava in sartoria con lui e il suo compagno Braum.

Quelle due persone gli avevano ispirato fiducia dal primo istante ma non sapeva perchè. Vedendolo i due si interruppero e approfittarono per prendersi una pausa e fare due chiacchiere.
I tre si confrontarono su quanto era successo in locanda, e sui suoi propositi di imparare a difendersi.

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Helena e Braum sentedolo non aspettarono a offirfli di allenarsi con loro e così fu. Nelle ore successive i due iniziarono a insegnargli le basi del combattimento corpo a corpo.

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Quando l'allenamento per quel giorno stava quasi volgendo al termine Helena, che era uscita a prendere una boccata d'aria, con aria cupa rientrò in palestra. Guardando Braum lo avvertì che Vorkan era stato preso. Halfdan inizialmente non capì di cosa si parlasse ma non ci volle molto per intuire che riguardava la storia dei semi.

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Helena e Braum chiesero a Halfdan se voleva andare con loro e Halfdan li seguì, non sapendo dove. Lungo tutto il tragitto a piedi per le montuose strade di Helcaraxe nessuno dei tre proferì parola. La tensione era fortissima nell'aria e una sensazione di disagio e malessere iniziò a pervadere Halfdan quando arrivarono vicino al Tempio di Aengus. La scena che gli si parò davanti era surreale. Due grossi nordici tenevano fermo un terzo umano del sud il quale, piangente e sconvolto, porgeva la mano a un'altro nordico. Halfdan riconobbe in quest'ultimo colui che lo aveva seguito in locanda accusandolo di furto la sera prima.

Lo scambio di frasi fu unilaterale. L'esecutore scaldò una lama e dopo aver inveito contro l'uomo supplicante con la lama rovente gli tagliò un dito.

Halfdan assistette a quella che Helena aveva chiamata la lama gelida della giustizia del nord, che quando cade pervade corpo e anima.

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Dopo il taglio, Vorkan sconvolto venne portato di forza a mostrare dove aveva nascosto i semi.

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Un mare di pensieri riempivano le testa di Halfdan. Un'uomo rispettato, un fratello, era diventato feccia agli occhi di tutti per l'errore di un momento. Quanto era flebile la fiamma del rispetto e quanto poco bastava per soffiarlo via e spegnerlo. Mille di questi pensieri andavano e venivano nel tragitto di ritorno del gruppo a Helcaraxe quando l'accusatore della sera prima e l'esecutore della pena pocanzi inflitta, si rivolse a Halfdan presentandosi come Thorgun. Costui volle regalare a Halfdan la lama con cui era stata lavata l'onta delle accuse a lui fatte precedentemente. Ma in Halfdan non vi era nessun rancore. Conscio della situazione sapeva che probabilmente avrebbe accusato più facilmente anche lui uno straniero in città, piuttoto che un suo fratello.

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Halfdan prese la lama e la ripose in un rotolo di cuoio. Non era ancora finita la pena per Vorkan. L'uomo andava giudicato dal Konungur. Quello che Halfdan stava per vedere avrebbe cambiato per sempre i suoi occhi nei confronti dei fratello nordici e forse sarebbe diventato parte di qualche leggenda. Sicuramente vi avrebbe scritto un racconto.

Thorgun, l'uomo che prima era il suo principale accusatore, fece un gesto di un profondo onore che colpi Halfdan. Vorkan era stato infatti portato a Helcaraxe da Thorgun come Capo Clan Uruznidir e vi era un patto tra Kaek e Thorgun, gli Uruznidir sarebbero stati liberi nel regno, senza nessun vincolo, se non quello di difesa delle bianche terre. Però il gesto di Vorkan aveva cambiato tutto. Aveva gettato un'onta sul clan molto peggiore rispetto a quella subita da Halfdan. Quell'onta poteva essere pulita in un solo modo. Rinunciando alla libertà e rimettendosi sotto il volere totale del Konungur.

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Così Braum e Thorgun rinunciarono alla loro libertà, forse la cosa che più li aveva contraddistinti per giurare come Vikingr e così salvare la vita di quello che, seppur disprezzato, restava un fratello.

Che grande lezione era quella. Avrebbero potutto ucciderlo, scaricare la sua carcassa tra i maiali e passare oltre e invece no. Era comunque un fratello e in un branco quando uno sbagliava pagavano tutti.

Il gruppo uscì dalla Rocca e si disperse. Braum si accorse che Halfdan non riusciva a essere felice.

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Nonostante le indicazioni Halfdan rimase serio e pensieroso, in qualche modo che non poteva spiegare si sentiva vicino a Vorkan. Dopotutto il fallimento per crescere era necessario ma il prezzo da pagare spesso è estremamente alto.

Cosa aveva appena visto quel giorno?
Il volere degli Dei, una storia qualsiasi o l'inizio di un Grande Racconto?
Halfdan non lo sapeva, ma sapeva che ormai ne era parte.
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By Halfdan
#12903
CAPITOLO 4 – DISONORE E REDENZIONE

Halfdan era appena tornato da una breve uscita fuori dalle mura di Grandeinverno.
Aveva appena iniziato il suo addestramento e per quanto combattere corpo a corpo avesse acceso in lui la scintilla del combattimento, era ancora al quanto scarso. I lupi erano a malapena quello che riusciva a sconfiggere da solo ma, per lui, era già molto. Ogni lupo equivaleva a un titano per lui.

L'ultimo in particolare lo aveva messo a dura prova, il lupo famelico, a digiuno da giorni lo aveva fiutato da lontano e correndogli davanti gli era saltato addosso. Halfdan, era riuscito a tenerlo a bada con lo scudo ma era in grave difficoltà subendo tutto il peso dell'animale sopra di se. Improvvisamente ricordò alcune delle lezioni di Braum sul combattimento a terra e riuscì a divincolarsi.

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Uno degli ultimi fendenti aveva colpito nel polmone il grosso animale che era perito lentamente agonizzante.

"E siamo a tre!" esclamò Halfdan prendendo fiato dalla battaglia e avviandosi verso le porte di Grandeinverno.

Doveva tornare dal sarto, era quasi ora di lavorare. Sceso dal traghetto incrociò un'uomo sporco e malandato, a malapena lo riconobbe. Era Vorkan, con il Kilt della Vergogna, erano passati pochi giorni ma era irriconoscibile. Lo sguardo vuoto e quasi si trascinava avanti. In Halfdan scattò qualcosa. Non fu misericordia o una qualsiasi buona attitudine umana ma gli sembrò solo giusto così. Dopo qualche parola di circostanza Halfdan lo convinse a prendere una birra con lui. Image

Vorkan incredulo lo seguì.

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La Birreria in centro città era affollata a quell'ora di pranzo, entrando insieme lentamente calò il silenzio. Riconosciuto Vorkan vi furono solo sguardi di disprezzo per lui e per il suo accompagnatore. Halfdan non vi fece molto caso, in realtà aveva subito gli stessi sguardi pochi giorni prima e sapeva benissimo quanto poco valesse l'opinione della gente. Comprate due birre i due si misero nei tavoli fuori, per non essere troppo al centro dell'attenzione.

I due iniziarono a parlare di quello che fosse successo e Vorkan gli rivelò come stava e cosa le rune avevano detto per il suo futuro.

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Sentendo quelle parole Halfdan riflettè un po'. Si ricordo di Molog il guerriero che riconquistò il Valhalla uccidendo un Gigante e fondendo il suo martello in tributo a Aengus.

Così chiese a Vorkan di aspettare, andò a prendere qualcosa dal custode e lo mise sul tavolo.

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Gli occhi di Vorkan iniziarono a riprendere luce come una camino al quale è stato appena aggiunta legna secca.

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Conclusa quella conversazione Halfdan si alzò e se ne andò per la sua strada lasciando a Vokran l'onore e l'onore di riscrivere il proprio futuro.

Il giorno dopo Halfdan vide un messaggio in bacheca a Helcaraxe.

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Capì che aveva fatto la cosa giusta.
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By Halfdan
#12961
CAPITOLO 5 – DEMONI

Il sole stava calando dietro montagane di Helcaraxe quella sera. La città era immersa nel silenzio dell'ora di cena e le strade erano vuote.

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A rompere quel silenzio fu il suono di un forte corno. Era il corno che avvisava tutti dell'avvio di una spedizione.

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I nordici nel giro di poco si radunarono in piazza.
Halfdan incuriosito seguì la massa. In mezzo alla piazza vi era uno di loro che parlava e incitava il gruppo. Lo riconobbe, era Thorgun!

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Non appena furono tutti pronti, in massa e di corsa, con i tamburi dei bardi di sottofondo a scandire i passi andarono al Galeone, Roskilde!

Halfdan si unì a loro, la tempesta stava arrivando ma questo non importava, secondo uno di loro avevano "Danu a soffiare sulle loro vele e Aengus a proteggerli con i tuoi della sua forgia".

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Halfdan apprese la meta lungo il viaggio. L'isola dei demoni. Ne aveva sentito parlare ma niente di quello che pensava lo avrebbe preparato a quello che stava per vivere.

Roskilde sbarco' sulla costa e il gruppo, approfittando delle nebbie della palude, avanzò silenziosamente a passo lento fino a raggiungere l'entrata della caverna.

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Tutti si preparano e bevettero pozioni, Thorgun incitò alla concentrazione di tutti. Halfdan pensava tra se e se che sarebbe stata una caverna come tante altre, come quelle che aveva esplorato nella baronia. Ma non sarebbe stato così!

Appena entrati due enormi demoni inferociti attaccarono il gruppo.

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Abbattuti i primi due demoni, Halfdan ebbe il tempo di realizzare dove si trovasse e cosa lo circondasse. Ossa e sangue ricoprivano le pareti, l'odore acre e nauseabondo, quasi irrespirabile riempiva ogni parte dei polmoni e in testa vi era una fortissima inquietudine.

Una situazione terribile ma non poteva vacillare, mentre capiva dove si trovasse un enorme mostro piombò sul gruppo.

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Halfdan era rimasto indietro per togliere le preziosissime frecce dai corpi dei nemici e per studiare l'ambiente. Quando vide che a una trentina di passi i suoi compagni venivano attaccati si mise a correre in loro direzione ma non fece molti passi che una voragine si aprì sotto i suoi piedi, era caduto in una trappola.

Con un filo di energie riuscì a aggrapparsi a un lembo di pavimento, guardando giù si rese conto di cosa avesse scampato.

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Ci vollero alcuni minuti e un po' di tenacia ma finalmente uscì da quella situazione, si tolse elmo, zaino, ascia e scudo che lasciò su e poi risalì anche lui.

Quando uscì fuori però trovo qualcuno ad aspettarlo. Mentre i suoi compagni erano ancora alle prese con il Moloch lui si trovò davanti un'enorme demone a lui sconosciuto. Inizialmente rimase paralizzato dal terrore, il fetore di morte che irradiava quell'essere attraversava i polmoni, arrivava al cuore e usciva dalla pelle.

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Il demone non aspettò a puntarlo lanciandogli maledizioni contro. Halfdan terrorizzato dalla paura e con l'attrezzatura lontana si mise a correre in preda al panico per riuscire a nascondersi dietro una colonna.

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Impugnando il coltello rimase dietro quella colonna un tempo imprecisato, ormai non si vedeva più nessuno, ne amico ne nemico. Cercando di farsi forza si riavvicinò alla sua attrezzatura per recuperarla ma era solo una trappola. Iniziò a sentire i rumori di qualcosa che lo inseguiva e senza più pensarci iniziò nuovamente a correre, terrorizzato e quasi piangente verso l'uscita che, come salvezza, si parò davanti a lui.

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Halfdan fece quelle scale di corsa senza guardarsi indietro e appena uscito dalla caverna e guadagnato la salvezza si tolse l'elmo e iniziò a vomitare dietro un albero.

Si sedette stremato e passarono minuti, forse ore, ripresosi decise di aspettare il gruppo davanti a Roskilde.
Si sedette su uno scoglio e si mise a aspettare.

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Continuava a pensare che aveva sbagliato tutto, che non era fatto per quel tipo di cose, l'odore repellente di quei luoghi gli si era incollato sull'armatura, sui vestiti, no peggio ancora, sulla pelle. Un odore di morte misto a disperazione. E vergogna.

Già pensava a cosa avrebbero detto i suoi compagni trovandolo li da solo, avrebbero pensato che era un codardo, quel poco di affidabilità che aveva sarebbe già stata persa. Avrebbe ripreso per l'ennesima volta quel traghetto per Hullborg con la sua infamia nello zaino. Non fu sicuro di quanto tempo passò immerso in quei pensieri ma le prime luci dell'alba arrivarono e con esse delle sagome si avvicinavano. Erano loro di ritorno.

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Erano silenziosi, stanchi, uno dopo l'altro salirono su Roskilde e iniziarono le operazioni per salpare senza dire parola. Uno solo passandogli accanto gli diede una pacca amichevole. Perplesso da tanta indifferenza Halfdan salì a sua volta e iniziò le operazioni per prendere il largo.

Indifferenza? Stanchezza? Forse ci erano passati tutti. O forse non si erano neanche accorti della sua assenza. Non lo sapeva ma di certo non era successo niente di quello che immaginava.

Forse era l'ora di iniziare a affrontare le proprie paure e i propri demoni e forse solo quel giorno sarebbe stato pronto a affrontare i demoni in carne e ossa.

Il mare calmo riportò tutti a casa in breve tempo. Ci volle molto per togliersi quell'odore di dosso ma nei giorni a seguire si accorse che essere uscito da quella situazione lo aveva rafforzato.
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By Halfdan
#13640
CAPITOLO 6 – L'YGGDRASIL

Il tempo a Helcaraxe stava passando e Halfdan era sempre più impegnato in attività ben lontane da quelle di osservatore che inizialmente lo avevano portato a Helcaraxe.

Infatti ormai passava gran parte del tempo in palestra a allenarsi aiutato da Braum

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Aveva iniziato anche ad affrontare in maniera autonoma diverse creature che abitavano le terre dei ghiacci. Ormai il combattimento era diventato qualcosa che gli creava enorme dipendenza. Passare anche solo due giorni senza dare e ricevere colpi o senza l'adrenalina di affrontare un avversario lo faceva impazzire.

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Un giorno in particolare gli era rimasto impresso nella mente. Erano andati con Thorgad e Ulver a caccia di Troll. Arrivati al loro villaggio erano arrivati improvvisamente un numero molto alto di Troll, allertati dai rumori della battaglia.

Mentre Ulver e Halfdan difendevano la posizione con un solo troll, Thorgad Valdarsen ne stava affrontando a gruppi di 7 o 8, abbattendo la furia del suo martello sui loro corpi facendogli emanare urla di dolore miste al rumore delle ossa spezzate.

Thorgad Valdarsen
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La mente di Halfdan era piena di ammirazione nei confronti di quei grandi guerrieri come Thorgad. Mentre il gruppetto riprendeva fiato Halfdan si separò per pochi attimi, c'era un albero enorme di fronte a se, era il famoso Yggdrasil.

Ne aveva letto migliaia di volte ma mai lo aveva visto.

L'Yggdrasil le cui radici affondano nel cuore di Ardania stessa e i cui rami sostengono il cielo e tutto il creato. Halfdan avrebbe ricordato quel momento come uno dei più mistici e profondi della sua vita. Ripensava a Kurdan, l'eroe nordico che aveva portato il suo popolo in quelle terre. Anche Kurdan era stato davanti a quell'albero.

Per un attimo i pezzi sparsi della sua vita si erano allineati insieme dando un senso a tutto quello che era stato, che era e che sarebbe diventato. Essere di fronte a quell'albero rappresentava essere di fronte alla vita stesssa. Essere di fronte a al se stesso passato e al se stesso futuro.

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Quegli interminabili istanti vennero spezzati dalle urla di una retroguardia dei troll dei Teschi Rossi. La pausa era finita, bisognava tornare a combattere.
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By Halfdan
#13644
CAPITOLO 7 – BERGTATT E DEMONI
Soundtrack consigliata per la lettura. https://www.youtube.com/watch?v=nFiSPAuiRdY

Quella mattina Halfdan era sveglio da poco, stava sistemando gli ultimi ordini dal sarto quanto passando davanti alla piazza di Helcaraxe vide un gruppo di nordici che si preparava al combattimento. Tra di questi vi era il suo maestro, Braum, che vedendolo lo indicò con la spada e con tono perentorio gli disse di prepararsi a combattere.

Halfdan non sapeva dove o come ma sapeva che doveva combattere e tanto gli bastò per annuire e preparare arco e frecce. Nel giro di poche clessidre il gruppo salpò con il traghetto. L'unica cosa che aveva sentito era che i Bergatt si erano spinti troppo oltre le loro terre.

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Arrivati in Baronia iniziarono a galoppare lungo la montagna.

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Il gruppo non dovette fare molta strada che da dietro gli alberi comparvero un gruppo di Bergtatt pronti a ucciderli.

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Il gruppo, preso alla sprovvista iniziò indietreggiando, con loro vi era un grande Skald, Arvid che iniziò a cantare per loro i canti dei padri fondatori di Helcaraxe, narrando delle loro gesta e delle battaglie contro i Bergtatt. Il gruppo, rinvigorito dalla consapevolezza che quella stessa battaglia l'avevano già combattuta i loro padri attaccarono di petto l'avanguardia Bergtatt con furia omicida.

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Ucciso il gruppo più grande, i nordici si scagliarono sulla retrovia, dove vi era il Bergtatt più grosso. Probabilmente uno dei loro Yggdrasil, i combattenti più vecchi e valorosi. Anche la furia dell'Yggdrasil non potè niente e tutta l'avanguardia nemica fu abbattuta.

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Ma questo non bastava, l'orda di nordici avanzò fino al cuore dei territori Bergtatt senza trovare grosse resistenze.

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Decisero così di inoltrarsi in una delle caverne dei loro territori. All'interno della caverna trovarono una dozzina di Bergtatt e molta attrezzatura per scavare e fare attività mineraria. Continuando però ci fu qualcosa di strano. Infatti i Bergtatt avevano, in fretta e furia, creato una barricata con tutto quello che si trovava in giro. Perchè mai una barricata?

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Il motivo fu presto chiaro. I sibilii che sentiva erano già noti a Halfdan. Li aveva sentiti all'isola dei demoni. Accortosi del pericolo Braum, che guidava la spedizione, diede ordine agli scudi di porsi in difesa. Uno dopo l'altro una decina di demoni attaccarono il gruppo. Halfdan era spaventato ma, questa volta, controllò la paura. Forte dell'affiatamento del gruppo combatte con tutte le sue forze senza risparmiare una freccia fin che tutti i demoni non furono abbattuti.

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O almeno così credeva. Dietro l'angolo li aspettava un essere immondo. Il principe di quei demoni dei ghiacci. Il suo respiro gelava la grotta, la sua parola gelava gli animi. Halfdan per la prima volta affrontava quel nemico con coraggio. I tamburi dello skald scandivano i colpi, le urla degli uomini di furia accompagnavano ogni ondata di attacchi, le preghiere della sacerdotessa rinvigorivano il gruppo. Non era una serie di colpi disordinati come si era sempre immaginato un combattimento. Era un'armonia di abilità di cui le frecce di Halfdan erano una semplice nota, importante quanto non indispensabile.

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Colpo dopo colpo finalmente il nemico era stato abbattuto.

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Le stranezze non erano concluse in quella grotta. Il principe era accanto al una statua che qualcuno aveva quasi del tutto riportato alla luce. Perchè il lavoro non era concluso? I Bergtatt in cerca di altro avevano riportato alla luce quella statua e quelle creature o era un intento voluto e sfuggito di mano?
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Quegli interrogativi erano destinati a non avere nessuna risposta immediata. Ma una risposta a un'altro interrogativo stava arrivando. Halfdan durante l'ultimo scontro stava capendo che quell'armonia in combattimento stava diventando qualcosa di irrinunciabile.

In un'attimo di tranquillità, prima di uscire dalla caverna, gli confessò che stava pensando di entrare a far parte del Regno dei Ghiacci e indossare il Manto di Kurdan. Di risposta Braum sorrise gli confermò cosa significa essere un gruppo, gli disse a parole quello che aveva capito combattendo poco prima.

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Il tempo fu tiranno anche in quella situazione. I Bergtatt avevano osato troppo e bisognava punirli. L'orda di nordici fece irruzione a Zelhommen, la città dei Bergtatt, portando scompiglio e morte.

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I Bergtatt non fecero in tempo a riorganizzarsi che le difese erano già state piegate e l'orda era già andata via raziando tutti i migliori Purosangue che i Bergtatt avevano.

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Tornato a Helcaraxe, completamente sporco si rese conto che il suo mantello era diventato in parte rosso. Allora guardò davanti a se. Vi era la statua di Kurdan Valdarsen. Il suo mantello era diventato completamente rosso per via delle uccisioni di Troll durante al grande battaglia con il Clan dei Teschi Rossi e Halfdan capiva che il suo destino si stava legando sempre più a quel manto.

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#13952
CAPITOLO 8 – L'ORSO BIANCO

Non puoi dire di aver mai sentito il silenzio se non sei stato al nord. Ci sono alcuni momenti della giornata e alcuni luoghi di Helcaraxe, come nel ghiacciaio, in cui il silenzio è totale e incontrastato. Quel giorno il silenzio era stato rotto nella piazza di Helcaraxe dal suono della frusta che faceva fischiare l'aria al suo movimento.

Una donna era stata trovata a ferire per cacciare un orso bianco.

L'orso bianco era l'animale Totem del nord. La sua fierezza, la sua mitezza mista alla sua furia in battaglia ricalcavano i caretteri del popolo dei ghiacci.

La donna doveva essere punita per questo.

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Una dopo l'altra le diceci frustate laceravano la pelle della donna in una lezione che non avremme dimenticato facilmente.

Halfdan osservava la scena e sempre di più capiva l'essenza del nord.

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Il nord difendeva la spirito dell'orso e lo spirito dell'orso difendeva il nord.
Quella era una delle parti del grande equilibrio.
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#13953
CAPITOLO 9 – IL MANTO DI KURDAN

<<Basta lavorare, è così buio che non vedo neanche più l'ago>> pensava tra se e se Halfdan quella sera. Uscito dal sarto si stava avviando in piazza quando un gran baccano proveniente dalla rocca attirò la sua attenzione.

Salendo le scale curioso notò un assembramento di persone. Stavano assistendo al giuramento di Ulver. Ulver era un brav'uomo. Era un vecchio con un occhio di vetro. Gli Huatban gli avevano ucciso la famiglia e Halfdan era felice che a Helcaraxe ne avesse trovata una nuova.

Mentre, in disparte, si godeva la scena qualcosa di inaspettato successe. Sigvarth, il banditore indicò proprio lui.

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A Halfdan vennero chieste le sue intenzioni. Desiderava prestare giuramento a Helcaraxe? In vero ci pensava da alcuni giorni. Non erano quelle le sue intenzioni originarie ma...

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In quel momento inaspettato Halfdan seppe cosa doveva fare. Doveva continuare a vivere quella storia dall'interno.

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Ma nell'istante del giuramento successe qualcosa in più. Guardando il suo maestro Braum in fondo alla stanza si ricordò di come Thorgun e Braum avessero sacrificato un pezzo della loro libertà per il bene di tutto il regno. Si rese conto che l'impegno di vita dell'Esercito dei Ghiacci, del combattimento e dell'onore era quella scintilla di vera vita che aveva sempre cercato.

Senza indugi ulteriori tirò fuori la spada, accarezzò l'elsa e giurò con il suo sangue come Vikingr.

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Al momento del suo giuramento un boato si levò dalla stanza, Halfdan ne fu colpito e quelle urla gli scaldarono il cuore.

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Ma ancora una volta il tempo era poco e non vi era tempo di festeggiare. Un Thing reclamava il gruppo. I nordici nella sala iniziarono a discutere del futuro di Helcaraxe.

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Venti di guerra stavano chiamando Helcaraxe e Helcaraxe avrebbe risposto. Come Valanga.
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#14018
CAPITOLO 10 – L'ISOLA DEI DRAGHI

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Il giorno era arrivato. Halfdan si preparava da giorni a quel momento. Si sapeva che ci sarebbe stata una grossa spedizione ma non si sapeva per dove. Forse sarebbero sbarcati sulla costa elfica, forse avrebbero riconquistato Biancaluna. Qualunque luogo fosse stato Halfdan, consapevole del suo nuovo ruolo di Vikingr sarebbe stato pronto a combattere e a morire.

Nella piazza di Helcaraxe si respirava eccitazione e tensione, quel misto classico che precede la battaglia e che ormai aveva imparato a riconoscere.

Thorgun incitava gli animi dei nordici prima della battaglia.

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I nordici ascoltavano con attenzione ogni sua singola parola.

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Helena incitava Aengus e gli Dei a seguirli in quelle grandi gesta.

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Ormai era tutto pronto, la flotta era pronta a salpare.

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La destinazione venne annunciata lungo la rotta. Avremmo attaccato e depredato l'Isola dei Draghi uccidendo qualsiasi cosa si fosse frapposta in mezzo.

Halfdan era sicuro, sentiva su di se l'aurea di Aengus a indicare la via per la battaglia!

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Il gruppo sbarcò e velocemente prese le posizioni, pronti ad avanzare e distruggere ogni nemico. L'animo di Halfdan era fremente, era la sua prima uscita da Vikingr e non vedeva l'ora di dimostrare il suo valore.

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Il primo drago si scagliò sul gruppo dopo pochi metri, ma retto dagli scudi poco dopo perì sotto i colpi impietosi dei nordici.

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La resistenza che trovarono lungo la strada inizilmente fu blanda, i nordici si aprirono facilmente un varco uccidendo un drago dopo l'altro. Fino ad arrivare a una catena rocciosa.

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Dietro l'ombra della montagna si nascondeva un Drago cristallino di piccole dimensioni.

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Il gruppo combattè con tutte le sue capacità senza farsi intimidire e il drago perì dolorante sotto i loro colpi.

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Ma un drago cristallino ancora più grosso venne richiamato dai rumori della battaglia.

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Era la creatura più grossa che Halfdan avesse mai visto. Era, ai suoi occhi, più alto di tutta la rocca, il fetore di morte emanato dalle sue fauci ogni volta che si aprivano era qualcosa di terribile che ti attraversava ogni parte del corpo ma Halfdan, incitato dalla foga dei compagni e dalla carica di Thorgun, continuò a colpire con tutte le frecce che riusciva a incoccare.

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Dopo svariato tempo che il gruppo combatteva finalmente la terra tremò dal peso della carcassa di quella bestia immonda che cadde per terra. C'era un po' di tempo per riprendersi ma non troppo, quei rumori di battaglia sicuramente stavano richimando l'attenzione.

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Il tempo di bendarsi era l'ora di continuare l'avanzata!

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La strada venne liberata fino all'arrivo a una grossa catena montuosa. Lì un altro drago mai visto prima faceva da guardia. Non appena vide il gruppo gli occhi inferociti della bestia furono il preludio alla suo attacco.

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Ma la foga della battaglia era troppa! Anche quel drago andava abbattuto oppure sarebbero finiti tutti nel Valhalla, vantando una epica impresa.

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Il gruppo sembrava inarrestabile. Nessuno sembrava volersi risparmiare o voler concedere all'altro l'onore di andare nel Valhalla prima di lui. I colpi erano accompagnati dai tampuri degli Skald e dalle preghiere dei sacerdoti. Anche quella creatura dopo una terribile battaglia giaceva sotto i loro piedi.

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Il gruppo si prese una pausa dopo aver marciato fino a delle rovine. La preoccupazione iniziava a serpeggiare tra le fila dei nordici. Non pensavano di poter entrare così in fondo ai territori dei Draghi. Nessuno di loro vi era mai stato e i sacerdoti stavano finendo i reagenti necessari.

Li vi fu il vero segnale che Aengus vegliava su di loro. Arrivati nella pianura fuori dalla boscaglia trovarono una piantagione di Ginseng che venne depredata. Era il segno che gli Dei volevano quella dannata isola rasa al suolo.

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Ma la pianura non offriva più un'adeguata protezione come lo era la boscaglia. Ogni bestia che volava sulle loro testa adesso li vedeva distintamente, uno dopo l'altro decine di Draghi planarono sul gruppo con la rabbia di chi protegge la propria terra.

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Un enorme Drago Rosso Anziano capeggiava l'attacco aereo. Il suo fuoco bruciava ogni pezzo di prato che incontrasse e ogni sfortunato che non avesse portato con se uno scudo.

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Nessun nordico arretrò! Diversi morirono e l'erba venne inondata di sangue.

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Al termine della battaglia sul prato rimaneva solo la scia di cadeveri dei Draghi.

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Dopo quel combattimento il gruppo era ormai allo stremo delle energie. Aengus intervenì di nuovo e gli fece trovare un lago fresco in cui il gruppò trovò ristoro. E un enorme fuoco in cui l'orda ebbe modo di cucinare carne di drago e riprendere energie mangiando la loro carne.

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Ormai erano parecchie ore che mietevano Draghi in quelle terre lontane e avevano ormai pulito gran parte dell'isola. Rimaneva solo il tragitto del ritorno. Halfdan sporco di sangue e stanco continuava a marciare e combattere senza lamentarsi, si rese conto controllando lo zaino che aveva lanciato più di mille frecce quella notte.

Il sentiero per tornare alla flotta era pieno di draghi ma di piccola taglia e offrirono poca resistenza.

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Avevano guadagnato la via del ritorno ormai. Ma il mare era grande e nascondeva molte insidie, non era ancora tempo di festeggiare.

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Finalmente l'eroico gruppo arrivò alle bianche terre natie. Venne accolto dalla popolazione festosa. Tutti gli eroi di quella spedizione si raccolsero nella sala del trono della rocca per dividere il bottino.

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Erano i primi nordici da tanto tempo a depredare completamente quell'isola e sicuramente si sarebbero scritti molti canti e molte storie su quella spedizione. Halfdan stava realizzando il suo sogno. Non era più solo spettatore ma era scrittore anch'egli della rifondazione di Helcaraxe.

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