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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By VasherFenn
#59837
“Godwin... Non so se tu sia una benedizione degli Dei... o una loro maledizione per le mie colpe.”

“Mi sono posto... la stessa domanda.”

William Leintart aveva appena ritrovato un fratello che credeva di aver abbandonato, in quel terribile marasma che ai più era noto come Grande buio. William Leintart... mio fratello.

Ero convinto che passare la vita nelle terre selvagge fosse la sfida più ardua che avrei mai affrontato, ma non avevo ancora fatto i conti con quell’incontro, faccia a faccia con il mio stesso sangue e pormi a lui non con un rimorso, ma con un perdono. La collera fece spazio alla comprensione, permettendomi dopo tanti anni la pace nel cuore. Forse fu la stessa Althea a guidarmi, orfano devoto alla bellezza del creato, a ritrovare una famiglia che pensavo di aver perduto per sempre, a sentirmi di nuovo parte di qualcosa.


Ero venuto ad Amon con l’intento di raccogliere informazioni sulle streghe di Katah e riposare, inconsapevole che di lì a poco la mia vita sarebbe cambiata per sempre, venendo a contatto non soltanto con William, ma con altri uomini che avevano – seppur in maniera diversa – il mio stesso obiettivo: rendere il mondo un posto più sicuro.

I giorni di transito ad Amon divennero settimane, dove appresi nuove tecniche di combattimento e nuovi colori per dipingere la mia percezione del mondo, segnati da un marcato senso dell’onore e della disciplina, tanto cari agli amoniani. Jaren Lao e la sua cinica saggezza, Titus DeLyoness e la sua generosità, concedendomi vettovaglie e nuove armi per affrontare gli orrori al di fuori delle mura; Thoren Lao e la sua esperienza sul campo di battaglia, aiutantomi a capire che non vi sarebbe mai stata una vittoria netta, ma solo una battaglia dopo l’altra. Mi raccontarono di come Amon, un tempo grande, aveva visto l’avvicendarsi di politiche sempre meno incisive e di come il “mos” fosse stato incrinato per far spazio a molte realtà che non condividevano. Benché fossero i veterani di Amon, carichi di onori e medaglie, si sentivano ben lontani da quel sogno che era l’Impero di Amon e si erano intorpiditi, agognando forse un nuovo obiettivo.

Loro e tanti altri mi avevano fatto sentire subito uno di loro. Mi avevano fatto sentire a casa, dopo così tanti anni di solitudine e vagabondaggio.

Nonostante ciò, sapevo di lì a poco che avrei dovuto lasciarli per ritornare a compiere il mio dovere, alla frontiera. William tentò di dissuadermi, per poi farmi trasparire la sua insofferenza a quella vita senza uno scopo preciso, ma soprattutto senza suo fratello. Avevo come la sensazione che per lui fossi la sua più grande prova di devozione agli Dei: proteggermi, ora che mi aveva ritrovato. Gli proposi di seguirmi, così come agli altri veterani che intendevano perseguire le antiche promesse fatte all’Impero, in difesa della civiltà che loro avevano aiutato a erigere. Vi fu un incontro a casa di Will, nessuno declinò la chiamata.

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In poco tempo, una carovana carica di vettovaglie e risorse lasciò Amon per raggiungere quello che di lì a poco si sarebbe conosciuto come “Riposo del Cacciatore”, un faro di speranza e protezione della civiltà contro ogni mostruosità e malvagità. I veterani riproposero i loro giuramenti a una statua votiva di Agravain e s’impegnarono a combattere gli orchi con rinnovato spirito, mentre William Leintart guidava i suoi con orgoglio e il sorriso che ricordavo quando eravamo bambini.

In quel viaggio, avevo ritrovato la mia famiglia. In quel viaggio, la mia missione aveva preso una svolta del tutto inaspettata.
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By VasherFenn
#59855
"Qui? Gli orchi non ci lasceranno in pace!"

"Ed è quello che vogliamo."

I primi giorni a Riposo del cacciatore furono tutt’altro che semplici. Il clima freddo e instabile dell’inverno aveva reso il terreno parecchio instabile e questo rallentava la costruzione del forte, costringendoci tutti in tendaggi di fortuna e pasti poco più che decenti. Come se non bastasse, lungo tutto quel periodo, gli orchi non ci diedero pace e inviarono grossi gruppi di guastatori. Eravamo una minaccia per loro, ci stavamo contendendo un territorio che pochi mesi prima era stato soltanto di loro proprietà. Tra sangue e sudore, stanchi ma soddisfatti, il piccolo forte era stato edificato e una promessa di pace e ristoro si era affermata nelle terre selvagge: Riposo del cacciatore era sorta.

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Ma nonostante aver respinto i pelleverde, nonostante il forte era stato costruito e il nostro morale era alto, un altro problema sorse per metterci nuovamente alla prova. I Consoli Sulimar e Reagan non avevano accolto positivamente la partenza degli amoniani, considerandoli così dei traditori e ponendo su di loro un bando di due mesi. Vi fu rabbia, delusione. C’era chi proponeva di muovere guerra contro la città che avevano edificato e servito per anni e, sommessamente, chi invece di cercare una mediazione e un confronto pacifico. Perché lì c’era tanta gente che li considerava ancora degli eroi e persino l’Imperatore Darkbane non avrebbe dubitato di questo. L’unica cosa che vedevo, nonostante l’amarezza, era la convinzione che avrebbero in ogni caso sentito Amon come casa e che avrebbero combattuto gli orchi in difesa dell’impero, nonostante tutte le angherie e gli insulti ricevuti.

Erano soldati di Amon, prima di essere uomini liberi.

Fu proprio per questo motivo che decidemmo di organizzare una grande caccia, perché gli orchi andavano puniti e il desiderio di proteggere Amon era tanto; in una fredda notte di Dodecabrullo, il gruppo partì alla volta del fortino che accolse la morte di Re Agravain, come a vendicarsi ancora una volta di quell’omicidio avvenuto quasi un secolo fa.
Raggiunto il passo e sfondate le fortificazioni che proteggevano l’ingresso, io e i Leoni decimammo centinaia di orchi senza alcuna esitazione, lanciandogli contro frecce, vorticando le nostre armi pesanti e tempestandoli di meteore che crepitavano dal cielo fino a deflagrare sul campo di battaglia, aprendoci più e più varchi. I loro comandanti strepitavano ordini e minacce nei nostri confronti, ma gli amoniani caricarono senza esitazione e paura, senza perdere quel tatticismo e senso di formazione che li aveva distinti in tutti quegli anni.

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Non ero un amoniano, non lo ero mai stato, ma quella notte sentii che mi consideravano un loro fedele compagno, uno di loro in quella salda formazione. Combattemmo, anche se eravamo dieci contro centinaia, senza mai perdere di vista l’idea che saremmo morti nell’onore della battaglia, com’era loro credenza. Era la mia prima battaglia, lo stomaco si era fatto piccolo e si torceva come mai aveva fatto prima.
Espugnato il forte e raggiunti i sotterranei, ci muovemmo lesti e attenti per trovare i disertori che avevano abbandonato i loro compagni, nascosti come insignificanti topi tra i bui cunicoli del forte. Trappole, esseri deformi e simili a minotauri che parevano essere stati generati da incantesimi proibiti ed esperimenti indicibili... nulla riuscì a fermare gli amoniani nella loro epurazione.

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Metro dopo metro e schermaglia dopo schermaglia, raggiungemmo quelle che dovevano essere le ultime sale varcate dal leggendario Re di Amon, ormai ridotto a un fatiscente mattatoio tappezzato di scheletri e armature ossidate. Fu quando liberammo la sala dai restanti orchi che lo sguardo di William si posò su quello che pareva essere un piccolo diario consumato, tenuto gelosamente dai resti di un amoniano che venne catturato nel 191. Tornati all’accampamento, Cisarius Heldford e Jaren Lao analizzarono il manufatto nella sperando di trovarvi preziose informazioni su quel periodo, anche soltanto una citazione del leggendario Agravain.

Ciò che trovammo, invece, fu una verità che mai nessuno si sarebbe aspettato.

Erano le ultime lettere di un soldato amoniano, facente parte di un corpo d’élite voluto da Agravain in persona e messo all’opera per studiare – e ostacolare – le sperimentazioni dei Necrarchi. Il loro nome, voluto da Agravain stesso e considerato segreto alla popolazione, era quello di Artigli di Agravain. A quanto si evinceva dal testo era stato possibile creare un intruglio capace d’infondere una grande forza e agilità in coloro che ne assumevano una piccola parte, concedendo all’utilizzatore delle capacità sovrumane e adatte a contrastare qualsivoglia minaccia. La ricetta dell’intruglio è stata per gran parte perduta, ma Daven Trindar suggerì che alcune delle erbe necessarie potessero provenire proprio dalle terre orchesche, visto i risultati degli orchi nella creazione dei minorcotauri. Uomini e donne capaci in grado di divenire delle perfette macchine da caccia, inarrestabili e temibili a qualsiasi minaccia alla civiltà... il mio sogno da sempre.

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Forse fu la loro grande devozione nei confronti del fu Re amoniano, forse il loro odio per gli orchi e per il giuramento che per tanti anni avevano onorato... o forse perché avevano il desiderio di un nuovo inizio, nuovi sogni a cui aggrapparsi. Vidi nei loro occhi la convinzione di voler riprendere in mano le redini del loro destino e di quello di quel corpo militare scomparso, perso tra le spire del tempo. Quella notte stessa, Titus forgiò delle piccole spille d’argento a forma di artiglio e le affibbiò a delle cappe che di lì a poco sarebbero state il nostro simbolo di riconoscimento. Avremmo dedicato la nostra vita allo studio e alla caccia di ogni creatura feroce e capace di minare la salvaguardia della civiltà, anche a costo di mettere a repentaglio le nostre vite e tutto ciò che avevamo costruito. Avremmo proseguito la ricerca dell’intruglio e reso Riposo del cacciatore la nostra roccaforte, dove chiunque avrebbe ottenuto asilo e protezione dalle creature della notte.

Da quel momento, guardandoci negli occhi, giurammo tutti che la nostra caccia sarebbe stata eterna.


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