TJODALV – il Signore dei Ghiacci – I^ parte
Scritto da : Melian McMeow in data : 22/04/2005 21:40:27

MACINALEADULAIN anno 268

Era ormai qualche tempo che gli elfi di Ondolinde facevano visita all'isola ghiacciata poco distante dal porto della Splendente, un territorio così vicino non poteva che essergli stato donato dai Valar in persona. Nonostante ciò l'antico popolo non avrebbe mai rozzamente dichiarato l'isola come suo possedimento, non foss’altro che l'interno ancora non era stato esplorato.
Un giorno di primavera, nel mese di Macinale dell’anno 268, Naurbrannon Tindomegul, che da quando aveva comprato per se una imbarcazione personale si dilettava di piccole esplorazioni, chiamò altri suoi fratelli proponendo un giro sull'isola, che si rivelò ricca di legname agli Elfi sconosciuto. Quella terra appariva ai loro occhi pacifica e incontaminata, in verità però addentrandosi nei ghiacci scoprirono ben altro, si celavano forze malvagie ben nascoste nell’entroterra.

Un imponente Demone Ghiacciato si stagliò davanti a loro. Si presentò con il nome di Tjodalv, Signore dei Ghiacci, reclamava il possesso dell'isola intimando ai rappresentanti dell'Antico Popolo di allontanarsi. Gli Elfi, considerando l’isola un dono dei Valar, non potevano tollerare di certo la minaccia di quell’immonda creatura.



Naubrannon fece ritorno alla Splendente, insieme al seguito di fratelli che lo avevano accompagnato. L’Elfo si rese conto presto che per scacciare Tjodalv dall’isola non sarebbero bastate le armi, come neppure gli incantesimi arcani dei maghi. Così iniziò a documentarsi alla ricerca di una soluzione, di qualunque genere. Di grande aiuto furono i consigli della custode della biblioteca della Splendente: il suggerimento di cercare esperti in materia tra gli umani fu infatti molto prezioso.
Par Salian, uno dei pochi umani a meritare il rispetto dell'elfo, si dimostrò molto disponibile, dapprima concedendo il libero accesso alle vaste biblioteche dell'Accademia delle Arti, e successivamente offrendo le sue conoscenze e la sua saggezza, portando a termine una evocazione con l'intento di porre domande.



Le ricerche a dire il vero diedero frutto, Tjodalv era da secoli in conflitto con un altro Demone Maggiore di nome Samiha che risiedeva sull'isola di fuoco.
Molte altre preziose informazioni furono carpite. Tra queste la scoperta dei Segni antichi, gesti magici che potevano frenare la sete di sangue delle creature dell'Abisso costringendole ad ascoltare l’incantatore, e la metodologia per imprigionare un demone in un ricettacolo, nello specifico in un Cristallo del Potere, procedura che si richiedeva come necessaria poiché Tjodalv dalle recenti scoperte era risultata una creatura dalle immense potenzialità, capace di viaggiare tra i diversi Piani dimensionali, di andare e tornare dagli Abissi a suo piacimento assumendo la forma che più lo aggrada.




Carichi delle informazioni così ottenute, molti Elfi si recarono all'isola del fuoco per incontrare Samiha, armati a dovere per affrontare le ostili creature li presenti trovarono il campo libero, molte delle stesse giacevano senza vita. Gli Elfi si addentrarono quindi nelle caverne sotterranee dove, seguendo i numerosi cadaveri, trovarono l'esercito del Regno umano del Nord, essi erano stati certamente indirizzati li dalla loro sciamana ma era ovvio che non avevano idea di cosa fare una volta incontrato il Demone Maggiore. Esso infatti stava mietendo numerose vittime tra le fila dei loro schieramenti ed il Sacerdote di Aengus pregava instancabilmente per salvar loro la vita.
I Nordici intimarono agli Elfi di rimanere indietro. Cosicché questi decisero di rispettare la sete di gloria del popolo del Nord, ma più passava il tempo più i Quenya non potevano resistere alla scena della carneficina. Fu così che il mago si fece avanti facendo uso degli Antichi Simboli da poco appresi, simboli che non possono essere riportati a causa della loro immensa pericolosità, in quanto ancora oggi si conosce molto poco su di essi. Improvvisamente la creatura degli Abissi smise di combattere e, seppur con molta rabbia per la spavalderia del mortale, concesse la sua attenzione al mago Naubrannon, e solo a lui. Il mago, dopo aver incantato il Demone con il linguaggio degli Antichi Simboli posò in terra il cristallo del potere, indietreggiò appena per farglielo prendere e un agile nordico correndo lo raccolse e fuggì via.
Lo sguardo della creatura degli inferi si accese di fuoco e facendosi strada tra i presenti scaraventando via nordici ed elfi, partì all'inseguimento di colui che aveva sottratto il ricettacolo. Dopo una breve rincorsa per le caverne lo raggiunse bloccandolo, ma purtroppo il fuggitivo aveva fatto in tempo a lanciare il cristallo nella lava. Così il Popolo dei Ghiacci Stridenti, dopo essersi ritenuto soddisfatto per il presunto affronto si dileguò rapidamente sulle proprie imbarcazioni.

Molti elfi erano caduti per la sorpresa, e mentre i sopravvissuti vagavano confusi verso la loro imbarcazione, un enorme Demone apparve loro davanti. Samiha disse di essere, asserì che la creatura incontrata in precedenza altri non era che un suo fedele servitore. L’immenso Demone era adirato con gli Elfi per avere ingannato il suo Servo con gli antichi Simboli, per i quali presto sarebbe giunto alla morte.
La mano eterea di Naurbrannon si alzò a mostrare l’arcano gesto e, seppur con maggiore fatica di prima, un'altra creatura dell'abisso fu costretta all’ascolto. Invero Samiha non ebbe difficoltà nell'accettare la supplica poiché finalmente vedeva la possibilità di sconfiggere il suo nemico di sempre. Rimaneva solo da portare un nuovo ricettacolo all'isola del fuoco, ma questa volta i nordici non ne sarebbero stati al corrente e non avrebbero potuto impedire l'eliminazione della minaccia, così tanto vicina alla splendente.

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