[Helcaraxe]Cerimonia Sleipnir
Scritto da : Sybeal Swan in data : 08/04/2008 22:06:03

Il 20 macinale 272 il popolo di Helcaraxe si ritrovò nella piazza assieme agli amici mastri Djaredin, agli Amoniani e ai Tortughesi. L’evento che si sarebbe festeggiato di lì a poco, lo Sleipnir, celebrava il ripetersi dei cicli della Natura, e salutava l’arrivo della primavera nelle Terre Ghiacciate.



Poco fuori la città era stata allestita un’arena spaziosa per dei combattimenti; una volta giunti qui, il Gurrach Samila, con voce ferma e chiara, saluta i presenti e li introduce al significato di tale avvenimento:

- Kveda fratelli e amici del Nord, questa sera 20 macinale ci siamo ritrovati per festeggiare il cambio delle stagioni e l’avvento della luce che scalderà i nostri campi e le nostre case.
Questa sera i migliori stalloni si batteranno per definire chi fra loro avvierà una nuova linea di sangue nei nostri allevamenti. Dal vincitore nasceranno puledri forti e robusti che verranno addestrati a combattere insieme ai guerrieri.
La tradizione che con il tempo era andata perduta verrà rispolverata questa sera: due sorelle rappresenteranno Danu, signora delle stagioni, e Althea, signora delle messi. La prima presiederà il torneo fin quando la seconda verrà a reclamare il suo posto nella stagione delle nascite.


Al suono di queste parole, la Godar Sybeal Swan, interpretando la maestosità della Dea Danu, percorre l’arena per sedersi sul trono a lei riservato e assistere allo scontro tra gli stalloni, frementi ai lati dell’arena. Salutata la presenza della dea, e al cospetto del Rumenl Aemish, il torneo prende il via, arbitrato da Fanie. Molti sono gli stalloni che si fronteggiano sulla neve e in pochi istanti il terreno dell’arena si ricopre delle orme e dei segni dello scontro; solo alla fine di un lungo combattimento, vivacizzato dall’incitamento dei presenti, emerge Liuto, lo stallone di Sigelinda, vincitore su Cenere di Raimond Lamber, senatore amoniano.










La vittoria viene sugellata dalle parole della dea Danu e dalla benedizione del Rumenal, rivolta a tutte le giumente portate nel frattempo al suo cospetto, affinchè esse diano vita a cavalli forti e coraggiosi in battaglia.

A questo punto si odono degli zoccoli calpestare la neve… In arena fa la sua comparsa una donna in sella ad un destriero candido, vestita di semplici abiti di stoffa verde. Essa si rivela come la Dea Althea, venuta a reclamare il suo trono. Ha inizio così un confronto tra Sybeal, nei panni di Danu, e Sigelinda, in quelli di Althea:



Althea: “Io sono Althea, Signora delle messi, della fertilità e della Natura.
Figlia mia, alla fine della scorsa estate ho lasciato queste terre ad un riposo ristoratore, io stessa ho dormito a lungo nel ventre della terra per raccogliere le energie. Ora che è giunto il mio momento risveglierò ogni animale caduto in letargo, ogni seme protetto dalla terra, ogni bocciolo che attende sui rami”

Danu: “Madre di ogni madre, questa terra mi appartiene, l’ho custodita durante l’inverno ed ho protetto i suoi figli illuminando il loro cammino di notte con le mie stelle e nel mare dove i giusti hanno trovato fortuna e protezione. Perché non continuare in un perpetuo inverno, dove il silenzio è pace e la neve lenta tutto ricopre?”

Althea: “Perché il tempo che hai creato è scandito dai tocchi della luce e del buio, e questo è il tempo in cui torni la Luce, calda e luminosa sarà la mia carezza gentile sulle culle dei figli che nasceranno, sui terreni smossi per la coltivazione, sui cuori degli uomini che hai protetto durante l’inverno.”

Anche i presenti uniscono la loro voce alla parole di Althea, chiedendo che le sia concesso di sedere sul trono che di diritto le spetta: il Popolo del Nord ha bisogno di temperature più miti e di luce perché i campi coltivati diano i loro frutti e la selvaggina abbondi nelle bianche foreste. Cosi, infine, la Dea Danu lascia i presenti:

Danu : Madre, riconosco il tuo tempo, riconsco che vi è un ciclo che si perpetu, tuttavia il mare e le acque resteranno sempre il mio regno.

E, all’unisono, i presenti esclamano: “ Che la luce di Althea risplenda su Helcaraxe!”




Per affermare la definitiva vittoria della primavera sull’inverno, Althea, affiancata dal Rumenal, favorisce l’unione tra lo stallone vincitore, Liuto, e la sua cavalla dal manto bianco come la neve: - “Che questa sia la prima unione della stagione e da essa nascano animali degni delle terre del Nord! Benedico la loro unione e tutti voi che siete presenti! Che le donne accolgano nel loro ventre il frutto del loro amore e che gli uomini siano forti per proteggere i fligli che nasceranno.”

Fanno seguito le parole di Sybeal, rivolta a tutti i presenti:
“ Questa cerimonia voleva ricordare le Dee che governano le stagioni e si chiama Sleipnir. E’ un nome importante… Il Rumenal potrà spiegare come i nostri avi prima di lui raccontano la storia di questo animale.”
Il Rumenal allora inizia il suo rituale: grida parole in antico runico, rivolto ai quattro punti cardinali, dopodiché si china a tracciare sulla neve la runa raffigurante il cavallo.



“ Sleipnir. Udite uomini, udite donne, udite besite, poiché quello che io vi narro è la storia che fu, e dil vento parla attraverso la mia bocca. Non Aemish, non il Nero, ma il padre di mio padre, e prima di esso, il padre del padre. Quando l’uomo e il lupo si recavano sulle stesse terre di caccia, quando attorno ai fuochi non era raro vedere ogni uomo scaldarsi e dividere il cibo con il suo cavallo. Quando non vi erano i suoni disegnati, allora in quei tempi, nacque quello che oggi il vento vi sta per sussurrare. Tendete l’orecchio e ascoltate, poiché una sola volta, nelle gelide notti del Nord, il Gufo emette il suo canto, e solo in pochi possono capirne la vera melodia. Il padre del padre di mio padre parlava di Sleipnir, e dopo di lui gli Jarl del passato e i Vargos del passato ne parlarono. Si narra che egli fosse un possente stallone nato dal pensiero di Aengus, diverso da tutti gli altri, terribile ed enorme. A nessuno tranne che all'unico signore della Forgia era dato cavalcarlo, poichè Sleipnir era indomabile e dotato di una particolarità: Egli aveva Otto Zampe. Così lo immaginavano gli avi degli avi; questo quello che dicevano di lui. Il fiero cavallo di Aengus secondo loro avrebbe dovuto chiamarsi Sleipnir, e nelle loro menti quale animale, se non un cavallo diverso dai soliti, avrebbe potuto accompagnare in battaglia il Dio?
Ma furbo è l'uomo del nord, e pieno di significato il suo racconto. Seguitemi nell'antro che ci conduce alla vera identità di Sleipnir.” Detto questo il Rumenal inspira profondamente, quasi a voler rendere visibile ai presenti le sue parole.
“IO SONO SLEIPNIR, DESTRIERO DI AENGUS, e nessuno è più veloce di me sulla terra, poichè quando mi muovo tra le rocce, IO, SLEIPNIR, sono ROCCIA.”
Ed indica al portatore, Thorvalder Iglaksson, di avvicinarsi e posare ai suoi piedi la terra che avrebbe simboleggiato Sleipnir in forma di roccia.
“IO SONO SLEIPNIR, IL PIU’ VELOCE TRA I CIELI, poiché quando Aengus mi sprona tra i venti e le nubi, io sono VENTO e NUBE”
E al suo cenno, Thorvader depone delle piume accanto alla terra.
“IO SONO SLEIPNIR, DESTRIERO DEL SIGNORE DELLA FORGIA, e quando corro tra gli abbagli della luce del sole e della luna, nessuno più veloce di me, perchè IO SONO LUCE.” E un cristallo splendente viene affiancato agli altri simboli degli elementi.
“IO SONO SLEIPNIR, DESTRIERO DEL FUOCO, poichè quando una foresta avvampa e le fiamme la divorano, nessuno è più veloce di me a muoversi tra le fiamme, perché IO SONO FIAMMA.”
E Thor, il portatore, fa scaturire del fuoco accanto agli altri oggetti.
“IO sono Sleipnir, Destriero dell'acqua, e quando nell'onda io mi getto, nessuna creatura del mare e nessuna onda che si infrange sullo scoglio sono più veloci di me, perché IO SONO ONDA.”
Così, per completare le forme di Sleipnir, viene versata acqua sulla neve.



“FUOCO. LUCE. TERRA. ARIA. ACQUA. Vedete? Il padre del padre di mio padre, il padre del padre dei vostri padri, non erano degli stolti, né folli, né visionari: Sleipnir, un modo per indicare ciò che ci circonda. Il cavallo dalle otto zampe che corre veloce su qualsiasi elemento naturale al fianco del dioè un modo con cui i nostri avi descrivevano l'unione degli elementi.
Cosa può essere più splendente della luce, se non la luce stessa?
Cosa può essere più turbinante dell'aria, se non l'aria stessa?
Cosa più fragoroso dell'acqua, se non l'acqua stessa?
Cosa più rumoroso della roccia, se non la roccia stessa?
Cosa più incandescente della fiamma, se non la fiamma stessa?
Da questo stasera prendiamo spunto, da questa leggenda raccontata dai padri attorno al fuoco nei tempo che furono e giunta fino a noi. Sleipnir, nato dalla memoria di Aengus, dicono gli avi…Molto scaltri, furbi quanto un lupo… Dire nato dal pensiero, non implica che esista concretamente: potrebbe essere vero oppure no, ma chi di noi lo ha mai visto?”
E volge lo sguardo sui presenti, interrogandoli: ognuno di loro ammette di non aver mai intravisto le sembianze di Sleipnir.
“Allora pensate a cosa volevano dirci i padri dei padri… Tutto ciò che ci circonda, ossia l'acqua, il fuoco, la terra, la neve e il vento, sono gli elementi che ci danno la vita e che ci consentono di andare avanti insieme. Presi tutti insieme ci danno il racconto di Sleipnir, il cavallo dalle otto zampe; cavallo in quanto l'animale più legato all'uomo dai tempi che furono, che ci aiuta nella vita. Ma anche animale dal nero manto, per ricordarci che gli elementi che il Vate Aengus ci dona possono essere portatori di vita, ma possono anche darci il buio: ecco quindi spiegato il nero del suo manto, il nero della morte.
Da oggi in poi rispettate gli elementi che vi circondano e temeteli. Ogni volta che sentirete il fuoco ardere o il vento sussurrare o le onde infrangersi, pensate che nel vostro PENSIERO Sleipnir sta accompagnando il Dio nelle sue avventure...”

I presenti, affascinati dalle sue parole, ascoltavano in assoluto silenzio.

“Il Gufo ha parlato. Che molti ascoltino la vera melodia che c'è nel suo lamento”

Detto questo, il Rumenl si avvolge nuovamente nel mantello e rivolge un cenno di assenso alla Godar.
Sybeal quindi congeda tutti gli astanti:
“Ora che il Rumenal ci ha fatto dono delle sue conoscenze, invito tutti a riflettere su ciò che è accaduto questa sera. Ricordatevi come le Dee e le loro scelte influiscono sulle nostre vite e su come noi uomini facciamo parte della Natura, come siamo legati ad essa, nello spirito e nel corpo.” E chinando lievemente il capo in cenno di saluto: “Ringrazio tutti per essere intervenuti. Ha det bra, fratelli!”
E la distesa ghiacciata fuori le mura di Helcaraxe si riempie del fruscio dei passi sulla neve da parte di uomini e donne immersi nella riflessione.

By Hidelweiss e Sybeal

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