[OND]Giornata dell’arte elfica
Scritto da : Fea Firiel in data : 24/06/2010 22:00:15

Il giorno 24 Nárië dell’anno 274 si raccolsero in piazza i tòronin luminosi di Ondolinde e i tòronin silvani di Tiond. Quella sera era stato organizzato un grande evento:
La Giornata dell’arte Elfica.
I partecipanti realizzarono una poesia, un racconto e dei lavori di artigianato accompagnati da una dettagliata descrizione, scegliendo tra due temi: Il Sogno o La Natura.
Quella sera, all’ora prefissata si presentarono i tòronin della Calen e dopo qualche chiacchierata, e l’arrivo di altri partecipanti si decise di recarsi tutti nella sala dei banchetti, addobbata per l’occasione.



Giunti alla sala dei banchetti, Elenadil Laereth, il Sommo Sole di Gondolin, fece un discorso di presentazione della serata scegliendo tra gli ospiti i giudici, Braohrunah, Algor e Fea Firiel.
Successivamente, vennero chiamati a presentare innanzi a tutti i propri lavori i partecipanti alla gara. A cominciare fu Lamitias, il quale espose un breve trattato avente come tema il Sogno.

“Esistono svariate tipologie di ciò che chiamiamo comunemente "sogno". Esiste l'incubo, che ci mette di fronte le nostre più sentite paure. Esiste il desiderio, che può provocarci tanta serenità quanta malinconia per non riuscire a realizzarlo. Esiste il sogno profetico, che ci aiuta a prevedere con l'aiuto dei Valar ciò che dobbiamo, o per lo meno dovremmo fare. Infine esiste un tipo di sogno che credo tutti debbano affrontare prima o poi: il sogno rivelatore. Ci sono momenti nella nostra vita, nei quali cerchiamo disperatamente qualcosa, o qualcuno come nel mio caso. Mentre affrontavo le insidie della terza radura, iniziai una forsennata e ossessionante ricerca della persona che mi aveva cresciuto: mio padre. Egli era scomparso durante la battaglia dei Grandi Fiumi. Nessun elfo che incontravo sapeva dirmi anche vagamente se egli era ancora vivo o se aveva fatto ritorno al Sacro Tulip dal quale tutti veniamo. Vagai a lungo per il Doriath ma non riuscii mai a trovarlo, e ogni volta che credevo di avere qualche possibilità venivo irreparabilmente smentito. Fu in una fredda notte di Dodecabrullo che feci il sogno rivelatore. La Grande Madre, Beltaine, mi parlò con voce melodiosa e a tratti estremamente triste. Non ricordo con esattezza cosa mi disse, ma al mattino mi svegliai leggero e sereno come non lo ero da moltissimo tempo. In sostanza lei mi fece capire che non mi potevo opporre al volere dei Valar, e che qualunque cosa fosse successa a mio padre, non me ne sarei dovuto preoccupare, perché ella se ne sarebbe occupata con amore e affetto. Non era nel progetto degli Dei che io mi riconciliassi col mio buon genitore. E nonostante tutto, non ne fui rattristato. La Grande Madre mi evitò la follia alla quale mi avrebbe portato la mia ricerca. Avrei, forse, perduto la retta via, ma ella mi salvò. La mia ricerca era terminata, avevo trovato ciò che cercavo: mio padre era sempre stato accanto a me, nel mio cuore, e lì sarebbe rimasto fino a quando non mi fossi riunito con lui, tra i rami del Sacro Tulip.”



Poi, fu la volta di Ireth Minyatur che presentò un abito da lei cucito e ricamato, indossato per l’occasione dalla sèler Fea Firiel come modella, per rappresentare il tema della natura.

“L'abito è realizzato con stoffe pregiate di diverso tipo. E' composto da due parti: un’esterna e un’interna e la sua ampiezza si accentua in modo uniforme dall'alto verso il basso. La parte esterna è un vestito senza maniche realizzato in seta, di color verde chiaro, la cui lucentezza cambia secondo la luce cui è esposto. Le aperture lasciano intravedere la veste sottostante dalle maniche minuziosamente composte. E’ legato con due nastri dorati che s’intrecciano, sul retro. La parte interna, ossia un vestito con le maniche è realizzato con una fodera resistente, di un giallo molto chiaro ed ha un taglio particolare: è aderente fino al gomito, legato con dei nastri in seta color oro, e poi, dopo il gomito, scende man mano allargandosi gradualmente, dando quindi l'effetto di aprirsi col movimento del braccio. Le maniche sono rifinite con nastri dorati e, fin sopra le spalle, vi sono dei disegni floreali, ricamati in rilievo, sempre color oro. Altre parti, come il collo, e il fianco condividono la stoffa e gli ornamenti con le maniche, simili nel colore al vestito superiore. Il vestito interno è ampio e non ha chiusure, ha un laccio posteriore per il giro vita e fodero in seta. Gli ornamenti e le scollature sono rifiniti con nastri dorati di diverso tipo. Sulle scollature ci sono trecce di filo dorato. Nel vestito superiore spicca anche un nastro con un’intricata forma "a foglia.”



Successivamente Wilyaloth presentò un singolare artefatto, creato con semplici materiali, avente come tema il Sogno e accompagnato da una poesia di cui rappresentava la raffigurazione.

“Notte.
Apro la finestra sulla notte, su un prato illuminato dalla luna, sotto un cielo puntuto di stelle.
E' notte, gli angoli vividi si smussano, i colori si attenuano, le linee ingentiliscono.
Un'elda passa e i suoi piedi sfiorano l'erba senza peso, senza piegarne i ciuffi.
Le vesti mosse da un vento invisibile, i capelli luminosi di stelle.
E' notte.
Il gioco abbandonato nello stagno da un elfetto sembra una piccolissima barca e il biscotto che ha mangiato a metà è una dolce ninfea sulle foglie odorose.
Nubi cercano di velare ogni luce ma la luna splende gialla e fiera e mille grilli cantano in suo onore.
Un'elda passa e il suo profilo gentile si sovrappone a quello della luna e i suoi capelli ora sono argentei raggi nella notte che luminosi toccano ogni cosa mutandola.
E l'erba non è piu verde ma rosa, le rose da rosse diventan verdi ed enormi, la staccionata sono funghi e rami mentre farfalle si levano azzurre a intrecciare danze nell'aria in suo onore.
E' notte, e il sogno traveste ogni cosa alla sua luce.
E non sappiamo più se la Verità è ciò che sempre è sotto gli occhi o ciò che ora per pochi onirici istanti ci appare.
E' notte.
E spalanco le finestre della mia mente al Sogno.
E spalanco le finestre della mia anima alla Sua Voce.”




Poi toccò a Moriagonar che presentò una poesia sulla Natura, avvalendosi dell’accompagnamento musicale di un tamburello, suonato dalla tiondina Ireth Minyatur

“Il vento tra gli alberi Il vento tra gli alberi
nei boschi del Doriath
Sussurra emozioni e pensieri lontani
Quando gli Eldar, in quei luoghi remoti
Vagavano alla ricerca …di Natura…
Natura dell’essere
Comprensione del tutto
Visione del vero e sentore d’infinito…
…Natura…
Poi giunge il cuore, che traccia il destino…
Con pennellate…appena accennate.
Infine la Speranza
Che nulla, nulla sia vano….
E come pioggia…essa lava il rimpianto
E giunge la Gioia…
Illuminato è il cammino…
Il Calaquendi torna alla Gondolin, sereno e deciso.
Poiché ora soltanto comprende
Che la Natura è presente…
In ogni luogo ove i Giusti dimorano…”




Infine, il Sommo Sole, deliziò i presenti con una splendida poesia.

“Sul limite è il suono della voce
che fugge dalle labbra mie socchiuse,
quando di notte le ombre diffuse
cullano il mio pensare veloce.
Oltre c'è la segreta e vera foce
di tutte le mie idee concluse,
dove il Rombo e il Cerchio han forme confuse
dove si narra il mondo sottovoce.
Dal sogno mi trovo sveglio e sfuma
il gesto di una visione sonora:
Una Rosa ora si perde nella Bruma,
perché sogno è pensiero che s'infiora.
Posa sulla palpebra una piuma:
Verità è qualcosa che si sfiora.”




Durante l’esposizione delle opere, erano giunti alla rappresentazione, alcuni teleri di Rotiniel.
Terminata la rappresentazione, gli ospiti furono invitati a prendere parte al banchetto, per terminare insieme la lieta serata.



Nel corso del banchetto, i giudici decisero di assegnare i premi, vinti rispettivamente da: Wilyaloth il primo premio un bellissimo bastone intarsiato in legno costiero, Ireth Minyatur secondo premio una pipa in legno artico e infine il Sommo Sole una lanterna in Eldarite.



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