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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By Zenon Valdemar
#35880
E’ una domanda semplice, il problema non è come rispondere, ma chi deve farlo.
Il Mezzosangue vuole la rivalsa contro antichi nemici, contro chi ha sputato sulla sua dignità e scorticato i suoi simili, ma deve condividere questo perverso sogno con il Risvegliato: uccidere un popolo intero perché ha calpestato anni di fede? Si, ma in quel popolo non ci sono solo persone ingiuste e molte sono cresciute ben dopo il misfatto.
Ma il Mezzosangue non ci sta, le cose funzionano così: l’erbaccia va strappata tutta, non deve restare radice nel suolo.
E tu, Cittadino? Hai tutti i motivi per provare rancore, per sentirti messo in un angolo, dovresti ucciderli tutti. Ma perché ucciderli? Che ti hanno fatto di male? Taci, Mezzosangue!
Il Sapiente insiste nel dire che ormai la strada è intrapresa, abbandonare questi sentimenti e cercare ciò che è grigio. Facile a dirsi per lui, ha dalla sua il Cacciatore, il senza dimora, il continuo errante, e l’Avido, che ogni minuscola pietra ritrovata in terra per lui potrebbe essere un tesoro inestimabile.
Facile per l’Avido far leva sul Sapiente: “cerchiamo, cerchiamo ancora, ci difende il Cacciatore, ogni baule aperto è un possibile tesoro di sapere, ogni creatura sgozzata può celare nel suo bottino una conoscenza remota!”, e il Sapiente cade di nuovo nella trappola, dimenticando dietro di sé il dolore che il Risvegliato e il Mezzosangue covano, un tumore che cresce nell’anima e che presto prenderà il controllo.

Ieri ho detto al Risvegliato che ciò che andrà fatto sarà fatto, ma bisogna parlare con il Cittadino,e il Cittadino (e questo il Sapiente ben lo sa) naviga in una tempesta e intravede due fari e non sa quale seguire.

Madre, quando sul panno di velluto rosso calasti la carta di Nut insieme a quella dello Specchio tu sapevi già tutto.

La testa mi fa male, l’erba dei campi nosperiani dà un sollievo quasi nullo, il trito di fungo viola provoca la risata, lo stupore, mostra le luci che danzano e un’illusione di vita assurdamente bella per qualche istante.
La testa mi fa male e la domanda rimbomba, un tamburo che si strappano fra di loro lottando e artigliandosi: il Cittadino resta in disparte, è terrorizzato, non sa che fare, e il Sapiente al suo fianco lo fissa inespressivo, lanciando di tanto in tanto occhiate solo all’Avido che versa parole di miele nelle orecchie del Cacciatore, e il Risvegliato intona canzoni di fede, mischiando rose, libri e ossa in un’unica litania.

Ho ucciso un cane ieri, non mi aveva fatto niente. L’ho ucciso perché non sapeva darmi consiglio. Non mi aveva fatto niente. L’ho ucciso perché rideva di me con i suoi denti gialli e sporchi di pezzi di carne di cittadini inermi.
Oggi mi risveglio, la testa è un frastuono, ormai ho più fumo d’erbapipa in corpo che sangue. Sangue che il Cacciatore vuole, ho sognato di scuoiare un agnello sul tavolo e recuperare al suo interno la mappa di un tesoro che mi condurrà alla testa di un elfo avvolto in mantello nero. E l’agnello intanto bela, ride, bela di nuovo.

“Che cosa vuoi?”
“Io posso darti tutto.”
“Che cosa vuoi?”

La donna mi guarda, lei ha potere adesso, mi avvolge con il suo profumo e le sue braccia di serpente. Madre, il Sapiente dice che devo starle lontano ma l’Avido la vuole, la brama, vuole tutto, può darmi tutto.
Il Cittadino si veste e torna in città: saluta, sorride, parla. Poi guarda dietro l’angolo e vede il Mezzosangue che si lacera le carni con unghie rotte, urla di dolore e rabbia, nessuno lo sente.
Il Cittadino va in chiesa, si siede di fianco al Sapiente e prega. Ma sotto l’Altare c’è il Risvegliato, lo fissa come un padre fissa il figlio che ha ucciso il fratello.

Oggi mi sono piantato un coltello nella mano, l’ho fatto solo per capire chi sono oggi. Il Cacciatore mi ha curato, così esperto nell’aprire e nel chiudere carni, e mi ha accompagnato sulla barca, alla polena ha legato il Sapiente, dalle carni contuse ma dallo sguardo fisso verso il nulla, e nella stiva conserva l’Avido che scalcia, pronto a scattare come un segugio.
Salpiamo, il Cittadino mi saluta sorridendo mentre il Mezzosangue lo sbrana al ritmo dell’arpa del Risvegliato.

Madre, quella corda appesa trave era di mio padre? No, non dire sciocchezze, non il porco travestito da angelo, con le sue delicate orecchie appuntite come stiletti.
Quell’altro…sì, brava! Ma non era nel fiume a testa in giù?

Ricordi la Torre? Sì, la ricordo, ho vomitato bile e rabbia e furia verso di lei, il Risvegliato sarebbe stato così fiero di me per un attimo, poi mi avrebbe chiesto perché non l’ho rimossa dal Creato con morsi, unghie e ogni singolo osso del mio corpo frantumato sulle sue mura.
Mi piace la Torre, mi ricorda tutto ciò che non voglio ricordare.

“Che cosa vuoi?”
E’ una domanda semplice.
Il problema è chi risponderà ad essa.

Posso rispondere io? Ho alzato la mano per primo!
Cosa voglio, dite?

Beh, un po’ di silenzio - POTERE - e libertà - SANGUE - e conoscere cose nuove - SFAMARMI - e l’amore di quella donna - UCCIDILA!

Oggi mi sono svegliato e ho trovato una mano sotto il letto.
Madre, che bello baciare la tua mano ogni mattina, mi fa sentire come se mi stessi ancora carezzando.
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By Zenon Valdemar
#36152
"Sai, stanotte ho davvero fatto un sogno che ritenere assurdo è ben poca cosa! Mia madre che mi girava le carte come ad ogni notte di luna nascente, uno specchio, la sua mano che mi carezzava e sangue, persone sbranate, violenza!"

Gli racconto l'esperienza, vivida malgrado la sua natura. Lui non mi risponde, ma d'altronde non so come potrebbe: poco male, ho modo di liberarmi di qualche peso, tanto so che sta ascoltando.

"Vedi, ne parlavo con gli altri poche ore fa, sul ponte della bagnarola: qualcuno mi dà del codardo, qualcun altro afferma che agisco con grande saggezza e astuzia, ma alla fine tutti litigano con tutti. E io là, muto, ad accendere l'ennesimo sigaro, non so se riderci su oppure disperarmi."

Sorrido, un vano tentativo di stemperare la tensione che mi monta dentro. Lui mi osserva, come fa sempre, ma non parla. Non ne ha bisogno, i suoi occhi sembrano pormi sempre la stessa domanda, ripetuta infiniti milioni di infiniti milioni di volte: "Chi sei?"

No, non fraintendermi, lui mi riconosce, sa che sono il Sapiente, ma mi domanda chi sono nel profondo, nell'intimo: rifletto sulla sua domanda inespressa masticando lentamente un pezzo dell'orecchio d'orco... sì, hai ragione, madre, vecchie abitudini che non muoiono mai. La carne umana era infinitamente migliore, ma quella via è abbandonata senza rimpianti, quando la fame affiora resisto con questi espedienti. Stai tranquilla, madre, è tutto a posto, ho tutto sotto... sotto...

...sotto... controllo.

Lui mi osserva, silenzioso con i suoi vuoti occhi inquisitori. "Ma ti dico bene che so chi sono, sono il Cacciatore, la mia vita è la selva, l'ignoto, l'immergere le mani nel sangue e nelle viscere del mondo. Tu dovresti conoscermi bene, non saranno di certo pochi sogni disturbati a far dubitare di me!"

Rido, la mia risata echeggia nella valle notturna mentre gli sistemo il braccio: ormai ciò che teneva le ossa insieme è stato consumato dall'inesorabile tempo, ma un colpo netto della pala scrosta via il terreno colato fra le tavole ammuffite.

"Sai, dopotutto non te la sei cavata male come surrogato di un padre, di certo meglio di quel porco dalle orecchie a punta, ovunque egli sia e maledetto ovunque egli sia. E anche se i tuoi bei capelli biondi sono spariti non sei tanto male", gli sussurro dolcemente raddrizzandogli il teschio, afferrando al volo il femore prima che scivoli di nuovo nella fossa... ore a scavare per fargli prendere aria e secondi per vederlo precipitare di nuovo?

E' tutto sotto controllo, mi ripeto e gli ripeto, sono solo sogni, terribili ma pur sempre sogni.

"Chi sei?", la mandibola scivola verso il basso e lo sento pronunciare di nuovo quella stramaledetta domanda.
Non gli rispondo, forse così la smetterà. Lui lo sa che sono solo un semplice Cittadino.

Poi mi volto, un ramo spezzato è il presagio di un nuovo ospite vicino a me: ma non c'è nessuno, tranne gli altri. Ci siamo solo noi e nostro padre, o quello che provava ad esserlo.

Chiudo gli occhi e prego, vorrei tanto che il Grigio mi indicasse la strada da seguire, l'ho pregato così tanto che ormai continuo a pregarlo anche senza parlare, senza esser sveglio, senza sentirmi sotto controllo.

"Vecchio Janosh, padre", lo ripongo con cura nel suo letto di terra e sassi, "io voglio solo essere grigio, come altri, come tanti".

Le sue orbite fissano ognuno di noi, ci guardano con profondo biasimo.
E alla fine lui ci risponde: "Tu vuoi essere un idealista, ma non lo sei e non lo sarai mai. Tu sei solo un Opportunista."

E' l'alba, mi fascio di nuovo la ferita alla mano... come me l'ero procurata? Non ricordo, ma oramai si è riaperta.
La vanga è legata alla sella, il sigaro mi brucia le labbra e con serafica calma tolgo, uno ad uno, i frammenti del teschio dal palmo.

Caro vecchio simulacro di un padre, la verità porta solo dolori. Anche ad un morto.
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By Zenon Valdemar
#36427
La mia vita, quella illuminata da una falsa luce, aveva l'obiettivo di integrarmi, essere accettato malgrado la mia natura ed essere apprezzato per la mia arte. Ricordo i giorni in cui, ai piedi del Monastero, con l'intento di raccogliere informazioni per i miei fratelli divertivo i presenti con rime sconce e provocanti: eppure ero là per contribuire alla loro distruzione.

Ho abbandonato quella strada, ormai da tempo, eppure ancora mi sento smarrito: lo sguardo di mia madre mi rimprovera aspramente, quasi una sferza sulla mia anima, e sembra dirmi che ancora adesso, anche dopo aver imboccato una via più giusta, non sono ancora me stesso, indosso ancora una maschera.

Che cosa sto cercando, mi chiedi? E' terribile, ma non lo so ancora. Vago per foreste, scalo montagne, attraverso le città come un'ombra anonima e non lo so ancora.
Il mio spirito eracliano mi spinge verso la gioia e i piaceri, ne ho trascorse di notti in bordelli che lacrimavano sudore tra le carni di fanciulle prosperose ed aitanti giovanotti. Il mio corpo è stato invaso da qualsiasi sostanza, anche quelle che ucciderebbero un cavallo.

Ho vissuto nel vizio e continuo a vivere nella menzogna, cerco ancora di farmi accettare ma ciò che mostro è solo un simulacro... e intanto ridi di me, madre, le tue carte non mentivano, tutto ciò che hai predetto accade.

Non voglio finire come lui, come i nostri avi, in un vortice di pazzia in cerca di qualcosa che non troveranno mai, un budello la cui unica via d'uscita è la morte: osservo gli altri, la loro vita e vitalità, mi sento distante, come se li guardassi da Nut con una lente.
Continuo a rovistare tra le carni delle mie prede, fra gli averi dei nemici che mi lascio alle spalle, come se la risposta fosse in mezzo a viscere o inutili gingilli: gli altri mi parlano, ma non li ascolto, sto scivolando sempre più in basso, più in basso, verso il fondo dell'infinita spirale.

E continuo a camminare, da solo, tra alberi secolari e in gallerie in cui echeggiano ancora le urla di mille morti: la mia ombra si proietta su un muro di granito, la fiamma tremolante della torcia mostra quella parte di me ancora nascosta e i suoi strani giochi di luce sembrano disegnare le orecchie di quel padre che non ho mai visto, che vive al di là del mare e che vorrei tanto, ma tanto sgozzare con una lama spuntata.

E alla fine torno a quel tempietto, non più di un tabernacolo: "Che cosa stai cercando?", sembra chiedermi la statua del vecchio uomo, ancora brandelli di pagine giacciono sul pavimento, quelle pagine che mi riportarono alla luce. Ma davvero esiste tutto ciò? Il luogo della mia illuminazione, del mio risveglio? Esiste oppure è l'ennesimo costrutto della mia pazzia?

Ti prego, Grigio Viandante, sono esausto, cerco riposo per la mia anima. Guidami su una strada da seguire, prima che le viscide ombre mi trascinino in terra ignota e cattiva.

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By Zenon Valdemar
#36589

"...protettore di tutti gli studiosi e di chi cerca l’illuminazione spirituale..."

Sento in lontananza le voci e la musica, la festa al nuovo tempio di Awen va avanti e sono certo che sia grandiosa. Ma mi sento lontano, il Valdemar amante della bella vita, del divertimento e delle poesie sconce è relegato in un angolo della mia anima ora. Adesso c'è tempo e dedizione solo per i libri.

Il suono incisivo delle pagine voltate echeggia nella sala della Biblioteca, quasi a voler coprire con la sua presenza qualsiasi altra fonte di rumore esterna, sgradevole, nemica della concentrazione.
Il Cacciatore mi fissa, i suoi occhi balenano alla luce del candelabro mentre continuo a sfogliare, a leggere, a contemplare. Mi fissa e mi biasima...dovrei essere là fuori ad uccidere, sventrare, raccogliere preziosi per l'Avido.

"...nacque alla fine della guerra tra i due fratelli Crom e Vashnaar, a testimonianza della pace ristabilita..."

Madre, abbandono una fede di violenza ma la brutale vendetta ancora mi accompagna: il Mezzosangue vuole dolore e patimento, chi mi ha sputato in faccia per colpa della mia disprezzata natura deve soffrire in cerca del perdono. Eppure la sua nascita pose fine alla guerra fra il Bianco e il Nero, pose termine alla violenza e all'ostilità.

"...sembra in eterna meditazione, completamente assorto dal suo desiderio di raggiungere la piena onniscienza, sebbene sappia che la ricerca sia vana..."

Per quanto io possa cercare non troverò mai la risposta a tutto? Allora a cosa serve cercare? Solo a portare godimento ad un Dio Grigio e distante? Oppure il sapere è una scala, l'elevazione graduale ad uno stato di coscienza superiore?
Mi caverei gli occhi ora, qui, su queste pagine, incurante del sangue e degli umori e del dolore, se questo servisse a capire, ad aprirmi gli occhi.

"Uccidi, rovista, cerca, esplora, uccidi, vendicati, infuriati, esplora, uccidi...", continua a sussurrarmi nelle orecchie il vecchio Janosh, dice che è l'unica strada da seguire. Ha ucciso, esplorato, cercato, provato furia verso il mondo e l'ignoto...e alla fine ha posto un termine alla sua esistenza.

Madre, finirò come lui?

"...ama la vita raminga, e non si interessa né di questioni politiche né di questioni militari, siano esse discusse da dei o uomini..."

Ridono dentro di me quei due, li sento nella mia testa come la lama di un coltello che gira con una lentezza esasperante. La vita raminga, questa è la via!
Senza interessarmi di... di cosa? Della vendetta? Dei miei doveri di Cittadino?
In questa orrenda eco delle risate dei due ignoro in principio il silenzio inquietante di altri miei amici.
Il Risvegliato mi osserva cercando di destare l'attenzione del Sapiente e volgerla dentro di me: mi stanno scavando nell'anima, madre, con unghie rotte e la crudeltà che da sola puoi insegnarti cos'è la vita.

"... l’intera vita ad ampliare le proprie conoscenze sulle arti, sui saperi, ricercando e credendo in questo modo di poter aiutare il proprio Dio..."

Chiudo in malo modo il libro, nella mia fuga cade rovinosamente in terra, non sento le maledizioni del bibliotecario quando esco di corsa dalla sala, nel buio della notte, incespicando sulle pietre nel tentativo di allontanarmi il più possibile da... da cosa?
Da quella verità? Da me stesso, ancora seduto là a contemplare?

In un angolo vomito per la tensione, per il panico, butto fuori tutto il mio disagio e la sofferenza, è un liquame nero che vedo colare dalle mie labbra sul freddo granito grigio, un liquame nero che filtra presto nel freddo granito grigio, lasciando dinanzi ai miei occhi lacrimanti solo...

...il freddo...
... il grigio...

Lei non c'è più.
Loro non ci sono più.
Sento solo una voce lontana, sempre più distante: "Alzati", il Risvegliato mi intima prima di lacerare il suo stesso petto con le unghie rotte e cavarsi il cuore dinanzi ai miei occhi. Barcollando lo vedo spingersi fino alla statua fuori la biblioteca, fino a dove ho consumato il pavimento con le mie ginocchia a furia di pregare e implorare.

Il cuore è per terra, ai piedi del Grigio... del Freddo.

E il Sapiente applaude, impassibile come le sue orbite vuote, ma approva ciò che succede.

Il Mezzosangue si lacera le carni, il Sapere prevale sul sentimento.

Il Cittadino sa qual è il suo posto, ma il Sapere sarà sempre quello che indossa davvero la Corona.

Il Cacciatore si inginocchia, le sue mani sporche di sangue si taglieranno da ora in poi con le affilate pagine del Sapere.

L'Avido si consuma nella fame, il suo cibo sarà da adesso generoso dono del Sapere.

"...Il suo colore è il grigio."

Zenon muore.
Il Pagliaccio muore.
Il Rancore muore.
La Paura muore.
Il Dubbio muore.

Ora Zenon Valdemar è grigio e freddo. E sa cosa deve fare.

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