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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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Il delfino si avvicinò al ponte e gioioso mi fece arrivare qualche piccolo zampillo d’acqua, disegnando sul mio abito di seta dei piccoli e casuali ghirigori, per poi sparire giocando oltre il pelo dell’acqua in lontananza, lasciandomi impressa nella mente quella visione di armonia.
Per quanto tempo l’avevano cercata i Padri, l’Armonia, e per quanto tempo ne avevamo parlato, teorizzato, perfino scritto. Ed infine ne avevo percepito il cardine, ovvero che l’Armonia è uno stato dell’animo, non delle cose.

Piena di questi pensieri mi avviavo al Tempio, nella sede comune la nostra guida, Isil il Primo Astro, già discorreva di eventi futuri insieme al Sommo Sole di Valinor, e mi conferiva il compito di occuparmi del tributo a Elentari Morrigan, unitamente agli altri Istari, dopo la Cerimonia dei sogni. Quella ricorrenza che permetteva di sollevare il velo… guardare oltre… e per noi Istari Elfi portare omaggio alla nostra Regina, colei che ci rende colmi del suo Dono.

Le aule della via del Sapere erano silenziose quella notte, l’Azzurra Accademia di Eruanna si era ridestata, un circolo di arcani che condividevano scoperte e ricerche riguardo a Ingol, quel potere così sottile sotto la pelle di tutti gli Elfi, e così rigoglioso nella mente e nelle membra di chi ne ha sviluppata l’ascesa, facendone la propria via d’esistenza. Ed io, che per moltissimi anni l’avevo allontanata, quella magia, ora la sentivo vivida scorrere, traboccare, essere ispirazione e, finalmente di nuovo gioia.
La giovane stipe dei Teleri portava avanti il proprio compito culturale e spirituale, in questa epoca di grandi mutamenti, di nuove scoperte, di un’Ardania dalle nuove luci e dai nuovi equilibri. Ed era splendido per me discorrere con gli altri Custodi dei futuri progetti, e così facemmo, insieme al vecchio Ankalistar dell’Accademia della Luna di Ondolinde, Satras, giunto da Valinor per le prime riunioni riguardo quell’evento.

Fluida come l’acqua che scorre tra rocce e arbusti, senza perderne la consistenza, l’essenza, così la nostra armonia procedeva, ed i giorni passarono, tra la preparazione degli incanti, i grimori da sistemare e le meditazioni da compiere. Un duello arcano rituale, che mettesse in scontro e raffronto le Vie naturali dell’Arte. Raccogliere l’eredità di un rituale così antico, concludere una serata così importante. Era questo il nostro compito e noi ci preparammo con la dovizia di ogni particolare.

Qualche sera prima alla Perla poi giunse il Vertice della Delegazione del Buon Risveglio, l’antico culto misterioso e sfuggente, dei più alti ministri di Morrigan. Il suo mistico cammino lasciava dietro di sé pace ed ammirazione e le consegnai le quattro tele con le Vie, i miei sogni, che dovevano essere poste lì dove avremmo compito il rituale arcano, ad Ilkarin.

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Tutto era pronto, il tempo era giunto.

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La sera del rituale la presenza di Aran Orophin rese tutto più solenne, sapeva che sarebbero stati i suoi sogni ad essere interpretati quella notte, insieme a quelli degli Arani di Valinor.

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Le delegazioni, infatti, presto si ritrovarono insieme ad Ilkarin, sull’altura del tempio di Morrigan, quello che insieme anni addietro, tutte le stirpi elfiche, avevano edificato, proprio per questa commemorazione. Alcuni timidi ospiti di altre terre erano stati lasciati passare sotto speciale invito, per lo più amici, studiosi, sapienti. Quando i miei occhi incontrarono quelli dei sacerdoti del Buon Risveglio, attraverso le loro maschere rituali, mi sembrò di tornare indietro, di cadere in un limbo, di sentire davvero il velo di Morrigan sulle mie spalle, la protezione, l’abbraccio di colei che era il mio tutto, e per un momento mi cedettero le gambe.

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Seguendo le guide, la Matriarca Midne e il Primo Astro Isil, unitamente al Custode dei Sussurri Fhyldren, entrai nella sala delle sfere, nel tempio di Elentari, dove il salmodiare dei sacerdoti introduceva il mistero che presto avremmo scorto.

Viva di stelle quella sera l’altura della statua infatti era speciale, un grande portale che rifletteva la nostra immagine, uno specchio, ci venne presentato dal Vertice come la porta per la dimensione onirica.

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Magia e misticismo si univano ai piedi della sua Regina per compiere insieme un rito che disvelava e ringraziava. Come elementi di uno stesso prodigio, arrivati in quello spazio onirico ed arcano, mi sentii colma di potere e guardai i miei fratelli, compagni del rituale che da lì a breve avremmo compiuto, Alatar, Satras, Hitrandil, e poi più in là i nostri custodi Vellion ed il giovane apprendista Herendil, uniti nello sguardo e nell’animo.

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Quale meraviglia il popolo degli Elfi sapeva cogliere negli occhi di tutti i presenti, quanta intensità nelle parole delle officianti, le due sacerdotesse di Morrigan, mentre ascoltavano i sogni di Annarien, la principessa di Valinor, e Orophin, il mio Aran. Quanti messaggi sull’unione delle stirpi, sul futuro che modifica forse gli assetti ma non la sua radice… come un albero che germoglia e ramifica, o come una compagnia di Elfi che mette in scena una nuova opera, ed ognuno ha la propria parte.

Significato e sogno… sogno e futuro. E mentre rapita dalle voci delle due sacerdotesse io riflettevo, sentii la cristallina arpa di Feah, la cantrice che ci avrebbe introdotti, i pentacoli onirici a terra pulsavano di luce.

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Aria, Fuoco, Terra, Acqua.

Noi Istari non eravamo più fratelli disgiunti, ma creature senza volto intenti in un rituale di evocazione e di commemorazione, di forze che si scontrano e si alleano. E non è questa forse l’armonia stessa?
Infiniti come evocatori di un sogno lontano abbiamo glorificato Eruanna, abbiamo descritto e raccontato l’Ingol che scorre nelle nostre membra, senza distinzione di etnia, uniti come sola stirpe.

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E quando tutto ebbe fine, e noi sfiniti cademmo a terra sui pentacoli vividi, si levò il canto alla Dea, corale, eco delle ere in quel posto senza fine ed inizio.

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Ed ogni cosa si dissipò, come un sogno, facendoci dubitare di aver davvero visto quel luogo, oltre uno specchio.

Una sera come un’altra, sull’altura del Tempio di Morrigan, a Ilkarin.

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Corolle sonnolente opache brillano all’ombra di un algido astro serale, nel sud della regione degli Elfi. Evanescente il mormorio dei notturni girovaghi rimbomba lieve, su oniriche visioni del giorno che termina e che anticipa la notte ventura. Sulla piccola isola del Tempio di Marilla, racchiusa come preziosa perla nello scrigno della città stessa, lambita da acque sacre, occhi di stelle e sussurri di vento si incontrano dando vita alla visione che, se rimani in silenzio, riesci in qualche modo a percepire.

La vita si riposa, insieme all’operosa smania degli Elfi teleri, e degli altri, ospiti o cittadini, della città azzurra, qui ora si spegne il giorno, nel giardino del tempio, attorno alla fontana della Ninfa, tra siepi curate e preziosi cristalli, e si accende l’esistenza del sogno, di ciò che non si vede, ma esiste.

In un punto impreciso, spenta l’ultima candela della preghiera, due Elfi della prima radura dialogano.


- Sono andati via tutti, anche i più grandi che di solito si attardano, la Cerimonia è finita.

- Certo doveva essere stato bello assistere alla prova di quell’Accolito, Herendil Narwa, ma ce lo siamo perso! Pare che sia andato nella caverna dei Vilderon, la Maestra del Dono Lure ha chiesto al Primo Paladino Feanor di affiancarla nelle prove.

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- Davvero? Non lo sapevo! Ma Herendil era già un paladino!

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- Certo, ma insomma, sei rimasto indietro! Herendil è stato baciato dal Dono di Morrigan, è un Istar, è tornato Accolito della Via del Sapere e ha sostenuto le prove per diventare un Custode del Dono. Adesso è all’Azzurra Accademia di Eruanna.

- Non avevo compreso… sono stato preso dai miei studi intorno alle ninfe…

- Smettila ora di girare intorno a me, mi fai confondere. E comunque Herendil ha dovuto affrontare un gigantesco ragno, un nemico del Doriath, e lo ha fatto col fuoco arcano e con il coraggio visionario di ogni Istar.

- Gracilini…

- Sì ma potenti! E poi aveva superato altre… Ma non voglio raccontartelo. Shhhh fra poco non ci sarà più alcun rumore qui e dovremo tornare dentro.

- Già ma che bella serata! Si erano radunati qui per il Cerimoniale della Veste. Due Istari sono stati celebrati qui stasera, c’erano volti nuovi e vecchi. Anche io un giorno forse… chissà…

- Hai visto la solennità del tempio che rimbombava al suono della voce cristallina di Isil il Primo Astro?

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- Già, ed il giovane Herendil ha ricevuto il suo nuovo titolo con fierezza, pare sia devoto a Suldanas.

- E la bellezza dell’arpa suonata da Isil? Rappresentava il Vento del Nord con quel suono, la Maestra Lure lo ripeteva evocando il Viaggio fino al Globo della Conoscenza, mentre Isil suonava di lato al pentacolo.

- Oh ma certo, che meraviglia e poi i due Istari, uno appena nominato, uno già da un po’ nel Tempio, hanno toccato le 4 Vie attraverso i sensi…

- Shhh è un rituale custodito gelosamente in questo tempio!

- Va bene, va bene. Meno male che non ci hanno visti allora, altrimenti domani nuovamente a ripetere tutte la storia di Marip’In, ed è vissuto davvero tanto!

- Dovresti essere più paziente, Fanie la Matriarca parlava della saggezza dell’Acqua, di Earlann, e Fhyldren poi della Terra. Non hai appreso niente?

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- Certamente! Come evocare delle luci danzanti, quello so farlo! Però che solenne anche il Fuoco portato da Feanor…

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- Poi Vellion ha scelto la propria Via, dopo il suo viaggio…

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- E anche Herendil e la Maestra Lure li ha vestiti di nuovi colori. Il suo sguardo era fiero e pieno di orgoglio per i due Custodi.

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- Che silenzio poi, dopo le benedizioni, forse un po’ di emozione, il ricordo degli antichi Elfi, di padri e maestri, quelli di cui leggiamo nei libri della biblioteca.

- Forse è così che saremo anche noi fra qualche decennio, ma per ora non resta che sussurrarlo all’orecchio dei Valar e sperare.

- Andiamo adesso, qui lasciamo l’eco del loro canto, il Giuramento degli Istari dell’Azzurra Accademia.

- Com’è che faceva?

- Era così… uhm, oh ay, lo ricordo…


Come la Vibrante Aria
E la Placida e Costante Acqua
O la Profonda Terra
E l'Imperituro Fuoco

Così ogni Istar dell'Azzurra Accademia
Fino al perdurare dei giorni e delle notti
userà il Dono per Difendere
con la Saggezza del Tempo e la Forza della Padronanza!

Ed’ i’Ear ar’ Elenea! Per il Mare e le Stelle!


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#50222
L'Antico Incantesimo

Precisi ricordi le tornarono in mente quel chiaro mattino, quando l'inverno pareva voler finire, in quella porzione del Doriath, e qualcosa nell'aria stava già cambiando. Forse profumi, forse suoni, indubbiamente qualcosa di indefinito ed inafferrabile, come i pensieri della maga Elfa che cercava, con mente serena, di scorgere un particolare che potesse farle sciogliere quel nodo che non le permetteva di afferrare un preciso incanto, forse troppo antico e perduto, per essere oggi compreso.

Eppure un modo c'era, o non l'avrebbe vista, e di certo era presente nel Globo, o non avrebbe mai avuto espressione qui, in questo mondo. Probabilmente servivano molti anni di preparazione, o molto tempo per cercare il potere adatto, pensava, camminando lenta, accompagnata dal fruscio della veste chiara, ricamata sapientemente sui polsini e sullo scollo. Di certo però esisteva, ripeteva sottovoce l'Elfa, quella magia poteva essere plasmata cercandone l'origine nel piano della Men, e Lure, passo dopo passo, in quel silenzioso giardino all'ingresso di Rotiniel, era sempre più decisa a ricrearla.

Un piccolo gruppo di militari della flotta, in alte divise reali, sorvegliavano stranamento una panchina, nella parte vicina alla cascata, Lure allungò il passo per capire cosa accadesse e, poco prima della panchina stessa, si fermò osservando l'inaspettata scena: l'Aran e la sapiente Elfa, Vertice dell'Ordine del Buon Risveglio, conversavano serenamente nei giardini.

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Risate liete danzavano sul suono stesso dell'acqua scrosciante, i due illustri elfi erano protetti da una scorta imperturbabile. Fu quella visione, così serena e colma di grazia, che le diede l'idea giusta, il modo, o comunque lo spunto, per aggiungere un piccolo tassello mancante. Forse quello più importante.
Perché ne era certa, un modo per richiamare quell'incanto, ci doveva essere.
[continua]


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#50407
L'Antico Incantesimo: l'Aria

Il mattino seguente Lure uscì di casa di buon’ora e, affrettando il passo, prima che le strade di Rotiniel si riempissero di mercanti e avventurieri, raggiunse la biblioteca. Adele la mezz’elfa, già a lavoro tra gli scaffali, la osservò lungamente sfilandosi la piccola lente dall’occhio e corrugando la fronte, mettendo infine via un vecchio tomo che stava rilegando.

- Ay, ay, lo so, non sei solita vedermi di buon’ora qui ma non voglio far passare troppo tempo, se poi riparte e non la trovo?

Lure parlava mentre rovistava tra le pergamene che la bibliotecaria aveva messo in vendita, alcune decorate con cura.

- Aaye Tùra, ma di cosa state parlando?

Chiese la bibliotecaria alla telera che le si era presentata di fronte.

- Il Vertice del Buon Risveglio, Tingilya! Devo farle recapitare una missiva a palazzo, dove è ospite dell’Aran, seler amin dammi una mano, prendiamo questa, ha i decori dell’Azzurra Accademia, scrivi, scrivi...

Adele fece un lieve sorriso e con un pregiato pennino, dal lungo candido piumaggio, si preparò per la dettatura.

- Aaye seler amin… nay nay troppo confidenziale… Aaye Vertice Tingilya, richiedo udienza per poter discorrere con voi…

E così la pergamena, sigillata e racchiusa in un cilindro azzurro, fu recapitata al Palazzo dell’Aran Orophin. Conteneva la richiesta di un incontro con l’Elfa che era stata ispirazione per l’Istar Lure, e per molti altri, colei che poteva aggiungere ciò che mancava, sciogliere un nodo, illuminare quello studio sull’incanto prezioso e antico.

Non passarono molti giorni che Tingilya fece recapitare al Tempio una risposta per Lure: l’udienza era accordata e sarebbe avvenuta nella sala del Senato a Palazzo.
La Maestra del Dono comunicò al Primo Astro, e a tutti i templari, non solo ai Custodi dell’Accademia, del prezioso avvenimento di studio e conoscenza, così che la partecipazione fosse corale.

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La sera scelta dai due nobili elfi, Orophin e Tingilya, vide diversi Elfi seduti al medesimo tavolo, Lure illustrò i propri studi e le intenzioni dell’Azzurra Accademia, mostrando un tomo grigio sul quale molte cose erano state annotate, tenuto in grembo dall’Elfa come fosse una sacra reliquia. Tingilya ascoltò con molto interesse e poi le sue parole, alcune magicamente sussurrate solo nelle loro menti, senza suono alcuno, furono di grande ispirazione. Aveva confermato i pensieri di Lure circa la mancanza di una scintilla, qualcosa che potesse davvero fare la differenza in quel procedimento arcano. Gli Istari curiosi fecero alcune domande, chiedendo conferme, approfondendo.

L’Aran stesso intervenne, disegnando una mappa, con sapienza ed arte, ed indicando alcuni punti importanti dove trovare ciò che mancava: due reagenti canalizzanti di forze opposte.
Lo studio sull’Aria, conservato nel tomo di Lure, era solo la partenza quindi, poiché essa andava nutrita da altro, su di un pentacolo arcano che ora si andava finalmente formando.
[continua]


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#50611
L'Antico Incantesimo: il Fuoco

Per alcuni giorni, dopo il colloquio con Tingilya, i pensieri degli Istari vagarono su altri argomenti, altre occupazioni, all’interno anche della Via del Sapere. Lure tornava però spesso su quel pensiero, scriveva alacremente sul suo tomo, registrava studi e pensieri. Stupire l’Aran e la sapiente ospite, come loro stessi avevano richiesto, non era una cosa semplice, ed attendeva le idee degli altri Custodi, per poter così trovare una strada originale e che accrescesse il bagaglio delle conoscenze dell’Accademia stessa.

La prima cosa però da fare era iniziare a mettere da parte i reagenti particolari, quelli che erano stati indicati come necessari per il rituale della levitazione. E la risposta di tutta Rotiniel non mancò ad arrivare pronta e accorata: gli Ordini si erano messi a disposizione della Maestra del Dono Lure, e del Tempio tutto, per un viaggio di ricerca oltre le terre del Doriath. Fu un’occasione ben spesa anche per mettere alla prova il percorso dello Scudiero Cyrdan, indicato dal Primo Astro Isil come colui che, col benestare del Primo Paladino, avrebbe condotto la spedizione. Non rimaneva che armarsi e salpare, nella serata concordata.

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Il cielo stellato era limpido, gli astri guidavano i naviganti ed i mari di Earlann erano placidi, rendendo la traversata semplice, protetta dall’abbraccio dell’oscuro manto notturno della Dea Morrigan. Le vele, gonfie di vento, spinsero la fregata fino a lontani lidi, di terra brulla e creature legate al fuoco per natura o mutazione.

Il gruppo di rotinrim, dai decorati manti cerulei, con l’effige del Tridente, alzati gli scudi arcani e metallici, si diressero attenti e concentrati verso l’entroterra, guidati da Cyrdan che, con arco teso in mano, cercava di impartire ordini precisi, memore delle lezioni di Feanor, il suo mentore.

Le Matriarche Fanie e Midne proteggevano, coi loro canti sacri, gli esploratori invocando i Gemelli divini e l’Ammiraglio, silente lontano dal suo ruolo di guida, osservava i movimenti di tutti. Qualche bestia del fuoco si scontrò con i rotinrim, qualche traccia del ricercato reagente iniziava a farsi strada, ma niente di straordinario, niente di così particolare da poterlo ritenere colmo della forza del Fuoco.

Lure si aggirava sul campo di ricerca scuotendo a volte il capo, scambiava qualche sguardo con l’Istar Herendil che si prodigava a tenere lontane le minacce coi poteri del Dono, finché qualcosa di davvero singolare si palesò al gruppo, minacciosa e maestosa: un uccello di fuoco, simile per alcuni versi alle grandi Fenici che popolavano quella porzione di Ardania.

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In principio, con lo sguardo all’insù, i teleri e tutti gli altri rotinrim, osservarono la creatura dal luminoso piumaggio, volteggiare, finché una scarica di essenza di fuoco, come melme incandescenti, non investì i ricercatori in spedizione, obbligandoli ad una difesa più serrata. La grande creatura appariva e scompariva, spingendosi sempre di più verso il basso, tanto da permettere agli arcieri di raggiungerla con alcune frecce, ma invano, la minaccia del fuoco dall’alto continuava.

Ben presto, infatti, la straordinaria Fenice si abbassò così tanto da stordire, con le proprie ali fiammeggianti, il gruppo, respingendolo e ferendolo col proprio calore.

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I combattenti così bloccati non riuscivano a proteggere il gruppo, ma non demordeva Cyrdan che, con malcelata tensione, teneva comunque alta la voce ed impartiva gli ordini. Il Primo Astro Isil, nel santuario, incitava i fedeli al combattimento, gli Istari reagivano col sapere della Conoscenza arcana. E Lure ne era certa, quella creatura era davvero straordinaria ed avrebbe potuto cambiare il peso del potere del fuoco in un rituale arcano; perciò, alzato il bastone e gli scudi, si unì con convinzione alla lotta, per rendere la creatura meno pericolosa.

Il fuoco però non cessava, anzi, improvvisamente il grandioso volatile scaricò delle sfere di fuoco sul gruppo, con ferocia e maestosità, tanto da arrestare l’avanzata dei rotinrim.

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Finché, uniti nello spirito e con coraggio, riuscirono a sopraffare la grande Fenice che capitolò, giusto il tempo prima di risorgere, per donare ciò che era prezioso, delle piume enormi e ricche di potere di Fuoco. I ricercatori misero al sicuro il prezioso reagente, e si allontanarono da quel grande calore e quella potenza prima che potesse essere nuovamente offensiva.

L’isola di fuoco appariva ostile e pericolosa, ma quell’ardore per la battaglia appena consumata con un essere così unico, rendeva impavidi gli animi dei rotinrim, che messa in sicurezza ogni zona, tornarono infine verso la costa, imbarcandosi e veleggiando su di un mare che pareva ancora più placido, fremendo nello spirito, e nei ricordi, per ciò che insieme avevano appena vissuto.
[continua]


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#50870
L'Antico Incantesimo: il Ghiaccio



Le raffiche di vento non davano alcun segno di resa, i rotinrim si ritrovavano accalcati sul fondo di una caverna ghiacciata cercando, con ogni mezzo, di guadagnare qualche passo in avanti, e giungere alle luci che in fondo parevano danzare.

Come erano finiti in quel luogo?

Potevano essere le manifestazioni naturali dei ghiacci così potenti?

Di certo quel gruppo di esploratori non era abituato a quei luoghi impervi che, raramente, erano meta di viaggio o escursione per il popolo della Perla. Ma quella notte erano lì, di tutto punto armati e protetti, a scontrarsi con raffiche ghiacciate e spuntoni di roccia gelida, rischiando di finire infilzati, o peggio, feriti da quegli strani spiritelli luminosi danzanti offensivi che si dipanavano all’interno dell’antro ghiacciato.

All’inizio di quella serata le cose sembravano lievi e piacevoli, come spesso accadeva al tramonto alla Perla dei Mari; qualche telero si attardava al mercato, qualche guardia pattugliava i moli, i più audaci si ritiravano da qualche spedizione in terre lontane. Pareva però la serata giusta per riunire i presenti e partire alla ricerca del secondo reagente utile agli studi dell’Azzurra Accademia. Lure passeggiava, seguita dalla propria lupa bianca, quest’ultima un po’ assonnata dopo una lunga traversata del Doriath.

- Aaye Primo Astro.

Disse la Maestra del Dono incontrando Isil in piazza.

- Credete che sia una buona sera per radunare tutti e partire per quella ricerca nei ghiacci?

La guida del Tempio era intenta a sistemare boccette di acqua sacra, nei pressi della fontana di piazza, ove l’antico spirito riposava, ma subito si voltò sorridendo a Lure che attendeva.

- Credo proprio di ay!

Disse con entusiasmo ed iniziò ad impartire istruzioni per radunare tutti.

Dal canto suo Lure, con la testa tra mille pensieri, cercò tra i propri appunti la mappa che lo stesso Aran aveva disegnato e le aveva consegnato; il luogo segnato li avrebbe condotti davanti ad una creatura speciale, il cui cuore ghiacciato era un reagente potente ed insostituibile per l’equilibrio di contrasti che il rituale arcano richiedeva. Mostrò quindi la mappa all’Ammiraglio, al Primo Paladino affinché la meta fosse chiara a chi avrebbe potuto guidare la spedizione.

Schierati ed armati, sotto lo sguardo dolce della Senatrice Nainie, intenta a concludere alcuni importati questioni, i rotinrim partirono, imbarcandosi su due lunghe fregate, compatti verso i ghiacci, passando dai fiordi più esterni alla Baronia.

- Avanti tòronin, compatti!

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Urlava Feanor, guidando il gruppo dal ceruleo mantello, tra collinette soffici di neve, impervie risalite, misteriose radure colme di pini innevati. Le creature del luogo, aggressive, pericolose, rallentarono il passo ma ben presto il luogo indicato nella mappa fu raggiunto.

- Un antro… mai visto prima…


Diceva il vociare tra le fila degli avventurieri.

- Dovremo esplorarlo.

Sussurrava qualche altro cercando di sbirciare oltre l’accesso, e così insieme entrarono e si ritrovarono investiti da raffiche di vento gelate, quelle che ti spaccano labbra e occhi, in modo improvviso e violento.

- Coraggio, camminate accanto alle pareti, forza rotinrim!

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Urlavano i condottieri, man mano che guadagnavano un passo in più e riuscivano ad abbattere le creature di quel misterioso luogo. Gli istari invece, forti del Dono, riuscivano a muoversi con passi arcani che non tenevano conto della forza del vento, fino ad arrivare, tutti insieme, su di un larghissimo spiazzo candido, come un enorme lago ghiacciato, al centro del quale, protetta da elementali e spiriti di neve, vi era una creatura apparentemente pacifica, quasi statuaria.

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Non fu semplice raggiungerla e battersi, quel ghiaccio rendeva scivoloso ogni passo, impossibile fermarsi nel posto desiderato, così la creatura fu abbattuta a distanza.

Con un balzo arcano Lure si fece avanti, protetta dagli scudi della Flotta, dove poté osservare quel corpo, ghiacciato, al centro del quale batteva un cuore gelido; lo prese tra le mani, lo osservò lungamente, ed un gelido terribile brivido le scosse le membra, facendola precipitare in uno stato di stanchezza e confusione.

- È il reagente giusto…

Disse l’elfa telera, mostrando agli altri quella massa pulsante e ghiacciata, nascondendola in un brandello di stoffa ed unendosi poi agli altri, nel terribile rientro, dove ancora una volta le forze ghiacciate li avrebbero ostacolati.

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Il Primo Paladino, notando la sofferenza dell’elfa, si propose di portare egli stesso quel pesante fardello, donando a Lure un sollievo immediato che durò fino al rientro alla Perla dove, ancora una volta, riprese in mano quel reagente per metterlo al sicuro nello scrigno in Accademia.

Stanchi ed un po’ pensierosi, per quello strano luogo scoperto, i rotinrim tornarono alle proprie faccende; nelle aule del Sapere, al Tempio invece, Lure rimase a compilare qualche altro appunto, e studiare quel cuore, poiché era giunto il momento dei primi esperimenti, in preparazione del rituale.

Soffiò quindi sull’ultima candela ancora accesa sullo scrittoio, facendo calare il buio sugli scaffali antichi e i tomi arcani, celandosi essa stessa in un’ombra di invisibilità, per prendere la via che conduce alla Grotta dei terzi, lì dove il potere di Morrigan ed Earlann è forte, e dove avrebbe pregato i due Valar gemelli per ricevere qualche saggio pensiero e potente idea.
[continua]


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#51097
L'Antico Incantesimo: l'Illusione


Erano passati diversi giorni da quando l’ultimo reagente straordinario era stato trovato e portato al sicuro nella cassa della stanza del Sapere. Lure continuava incessante ad osservare i propri appunti sul tomo che raccoglieva ogni idea e progresso, riguardo a quell’antico incanto, ed in più, in appendice, qualche schizzo, disegni confusi e mantra per quel qualcosa che doveva stupire l’Aran e Tingilya, senza però un nesso o un risultato concreto. Si preparò quindi con cura, indossando i bracciali dei Custodi del Dono, doveva raggiungere l’aula degli esperimenti, e lì avrebbe coinvolto Herendil, il suo giovane apprendista, oramai divenuto Custode, per mettere a frutto le idee e trovare quindi un modo per stupire l’Aran con il Dono.

Scese le scale, pensierosa, lo sguardo si fissò sulla staffa incisa che un anno prima le era stata donata dopo la vincita dell’Alta contesa e qualcosa catturò il suo interesse: la staffa sembrava indicare il quadro magico lì vicino, si voltò di scatto e la figura dipinta le sorrise. Improvvisamente ogni cosa le apparve chiara, era sempre stata lì! Staccò di fretta la tela dalla parete e fece convocare Herendil alla spiaggia, dove i cavalletti erano stati posizionati per ospitare i 4 quadri delle Vie.

- L’illusione Herendil, l’illusione! La materia che muta tramite telecinesi e illusione! Non è forse questo che troviamo alla base di queste opere che concludo con delle particolari polveri di gemme?

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Herendil sorride ed annuendo iniziò, con la sua solita capacità zelante di trovare un concreto sviluppo alle teorie, a far vorticare la materia facendo sfoggio dell’uso della telecinesi ma anche della più alta forma di via arcana che permette ai corpi stessi, uniti in una trance magica, di potersi muovere all’unisono.

Provarono quindi e riprovarono e poi lo fecero al tempio dove tutto si sarebbe concluso, ed erano finalmente pronti per mettere in atto l’esperimento. Fosse riuscito o meno, un nuovo pezzetto di conoscenza antica era rinata, riaffiorata ed aspettava di essere usata.

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Prepararono i giusti reagenti, le Vesti e chiedendo ai Paladini di custodire quell’area, per poter provare senza distrazioni, avviarono ancora esperimenti, in attesa di riunire tutto sotto il medesimo rituale, e plasmare così le forme dei loro studi.

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[continua]


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#51780
L'Antico Incantesimo: il quadro


Le belenil erano luminose quella sera, qualche nuvola di tempesta si era allontanata dal mare al tramonto, viaggiando verso est, lasciando il cielo di Rotiniel terso, colmo di visione nei bagliori di Nut.

La tùra Lure aveva indossato la Veste Bianca dell’Aria con meticolosa precisione, allacciando ogni bottone in madreperla, soffermandosi sui simboli runici, scorrendo con dita sottili su storie e invocazioni chiare solo agli occhi di un Istar. Con calma aveva legato i capelli sulla nuca, aveva dipinto sul volto le linee cerimoniali che invocano gli incanti della Via del Nord, l’Aria, prendendo con cura il tomo con le ricerche e gli studi sul rituale che stava per compiere. Uscendo di casa si era affiancata al Custode del Dono Herendil, che indossata la Veste Blu, le aveva annuito con occhi decisi, incisi da riflessi verdi che ricordavano le foreste del Doriath. Non c’erano state parole, suoni, ma solo un lento passo, fino alla piccola isola dell’Ordine, lì dove aveva trovato i Sacerdoti di Elentari e gli altri Templari ad attenderli.

L’Aran Orophin e l’illustre ospite Tingilya, preceduti e seguiti dalla scorta reale, erano giunti cercando posto tra i presenti e onorando quel rituale con la loro stessa presenza. Quella sera si sarebbe concluso lo studio dell’Azzurra Accademia di Eruanna sulla Levitazione. Ed insieme avrebbero compiuto il pre-rituale dell’illusione per stupire l’Aran e la Vertice Tingilya.

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Raccolte le 4 tele, dipinte da Lure tempo prima, raffiguranti visioni oniriche delle quattro Vie, il gruppo con in testa gli Istari, si diresse verso la spiaggia dove era stato allestito un circolo con i cavalletti nei 4 punti cardinali riferiti ad ognuna delle Vie. Richiamata la potenza della forza telecinetica, i due Istari Lure ed Herendil, iniziarono a vorticare all’interno del cerchio, trascinando nel proprio spostamento sabbia e forma.

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Infatti, grazie alla pietra matrice, la gemma azzurra, i colori impressi su tre dei quattro quadri iniziarono a spostarsi fino al quarto, sovrapponendo ogni forma e mescolando così le visioni. Solo allora, tenuto fermo il potere grazie ai muri magici, l’artista arcana ha impresso nella tela stessa la mutazione perpetua e l’arrangiarsi dei colori per riprodurre ben quattro scene. Il quadro magico perpetuo era pronto e con fierezza fu mostrato ai presenti, all’Aran che con manifesta ammirazione annuì.

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Il fremito profondo che scosse la schiena della Tùra dell’Azzurra Accademia Lure però le ricordò che la parte più difficile doveva arrivare, di quadri magici ne aveva già realizzati, certo non così straordinari, ma era la levitazione di quel quadro che avrebbe concluso ogni studio ed esperimento. Così tornarono verso l’isola del Tempio, lì dove quel quadro avrebbe trovato giusta esposizione.
La forgia sacra riluceva, i presenti avevano trovato il loro posto, i Sacerdoti di Morrigan benedirono i ritualizzanti, Vellion portò i reagenti rari che furono posizionati nella giusta posizione, Herendil, che l’avrebbe accompagnata nel rituale, era pronto e… si alzarono i venti, forti, impetuosi, colmi di potere arcano, a vorticare e a strappare l’erba da terra, sconvolgere le chiome ben pettinate degli Eldar ed infine il rituale iniziò.

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Cosa accadde fu complesso da descrivere, sia per Lure nei giorni dopo sul tomo dello studio, sia per narrarlo agli altri studiosi, ma certo era che quei contrasti di opposte Vie, quei venti indomabili e l’essenza primordiale, ancestrale di creature così antiche, donate tramite parti dei loro esseri, avevano permesso a quel magico quadro di elevarsi e lì rimanere, cristallizzato nel suo moto perpetuo a mezz’aria, a ricordare che il Velo, di ciò che il Dono fu e ciò che il Dono oggi è, aveva permesso uno squarcio invisibile dal quale gli accademici dell’Azzurra avevano ottenuto un eterno pezzetto.
Al posto dei quadri delle Vie ora il giardino del Tempio ospitava le rune delle Vie e lo strumento giusto per osservare le Belenil in cielo.

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Qualche giorno dopo Lure finì di scrivere quel tomo, da custodire nella biblioteca della via del Sapere, con la descrizione dello studio sulla levitazione, aveva molti pensieri in testa ma non diede loro voce, né scrittura; si fermò per diverso tempo nel giardino del Tempio con occhi vitrei ora imperscrutabili, specchi dell’animo di un’elfa con diversi secoli sulle spalle, che tante cose avevano visto, o non voluto vedere, fissi sul quadro levitato che avrebbe decorato l’ala esterna del tempio di Elentari, a Rotiniel.

[fine]


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Come le acque lambiscono lente la riva dei fiumi, dei laghi, quando c’è il sereno, così le onde del mare fanno lo stesso con la sabbia ed i ciottoli, con bassa marea, quando le tempeste si placano e ogni cosa torna in equilibrio.

Questi erano alcuni dei pensieri di Lure, la telera, mentre camminava scalza sulla spiaggia di Rotiniel riflettendo sul da farsi circa l’idea di cui aveva parlato con Isil, la guida del Tempio dei Gemelli, per creare un’arena adatta ad un evento così importante: l’Alta Contesa.

I suoi studi sulla levitazione erano stati apprezzati dalle guide e questo la rendeva fiera, tanto da pensare di spingersi ancora oltre, superare quel velo che c’è tra l’inconoscibile ed il possibile, nel nome di una capacità arcana dormiente, residente nella radice degli Elfi, ma impalpabile. Potevano accadere molte cose, poteva non funzionare, ma era possibile la sua realizzazione, utilizzare i reagenti incompleti e potenziarli con dei catalizzatori vivi… degli Eldar, potenti, colmi del favore divino, condiscendenti circa una sorte che li avrebbe potuti ricordare nella storia oppure, farli precipitare.

Gli ultimi gabbiani della sera volavano intorno al faro, emettendo i loro versi acuti, richiamandosi, ed insieme poi dirigendosi verso l’orizzonte dorato. Ogni cosa pareva perfetta lì in quel quadro, dove la terra ed il cielo si toccano, dove i delfini non avevano timore di nuotare e farsi notare. In quella terra baciata dal favore di Earlann e Morrigan, voluta da Marip’in e dai suoi seguaci, tutto pareva possibile, perfino sfidare l’antico sapere arcano degli elfi, seppellito. E così Lure, incantata da tutto questo, decise che si sarebbe fatto, Isil aveva piena fiducia che tutto sarebbe andato come doveva andare, e gli altri sacerdoti non erano stati meno favorevoli. Nessuna ombra di timore in quegli sguardi.

Sì, avrebbe preparato il rituale per sollevare il fondale marino vicino alla spiaggia e lì si sarebbe tenuta l’Alta Contesa della Prima Magia.


La sera infine giunse, le Vesti delle Vie erano state preparate, le rune marcate, i reagenti sistemati nei sacchetti, i cristalli posizionati, e loro, i sacerdoti di Earlann e Morrigan, erano lì, pronti ad assecondare quel rituale, quel nuovo esperimento. Erano un solo spirito, un solo corpo, mistici e arcani, non c’era timore, c’era solo unione e questo rendeva quel circolo magico ancora più potente. Per questo, quando Lure si posizionò nelle acque, che le lambivano la Veste Bianca del Vento, e guardò Herendil negli occhi verdi, decisi, capì in cuor suo che ciò che stavano facendo era giusto, era voluto e che Morrigan li osservava coi suoi mille occhi di luce, assicurando loro il suo favore divino.

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Le voci cristalline in coro richiamavano i vecchi mantra, in lingua elfica, i venti iniziarono ad alzarsi, indomiti e colmi di potere, i catalizzatori erano davanti agli istari, concentrati, poi in trance, l’acqua iniziò a vorticare e i processi del rituale diedero i loro primi frutti. Lure era in profonda trance, gli occhi bianchi senza colore si incastonavano nel volto sereno, in uno stato di grazia difficile da ripetere, mentre i catalizzatori Isil, Fanie e Feanor, ripetevano l’invocazione perdendo pian piano coscienza e divenendo mezzo per l’incanto stesso.

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E, infine, il fondale si sollevò, verso il cielo, grondante di acqua marina e di coralli, conchiglie, e rimase lì sospeso tra le nuvole di vento, donando alla vista dei presenti accorsi al rituale, un prodigio straordinario.

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Una visione unica, impressa negli occhi dei ritualizzanti che da lì a poco avrebbero sollevato il velo della visione, con il nuovo rituale della Marea e della Magia che anche quell’anno aveva svelato qualcosa tramite la visione di Isil e l’invocazione di Fanie.

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Su quell’arena scolpita nel cielo, tra nuvole di vento, sabbia e forze arcane, gli spettatori e gli istari elfi, si esibirono in una notte piena di magia e di evocazione. Le teste coronate dei regni elfici assistettero, l’Osservatore del Falil Garil anche, insieme ai curiosi e gli amici da ogni parte di Ardania.

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Il Primo Astro Isil chiamò uno ad uno ogni partecipante, che con la propria capacità, lo studio, la ricerca in Eruanna, ha portato agli occhi dei presenti una parte di sé stesso, o un’immagine sfocata di qualche desiderio e di qualche singolare capacità.

Alatar col suo felino astrale, Herendil con la sua foresta dei lupi, Hithrandil con la storia della barriera arcana, Vellion con la sua ironica pioggia di pennuti ed infine Lure, col suo libro magico, pieno di immagini che divenivano reali e che raccontavano il suo periodo di ascesi.


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Non le fu semplice narrare, in modo spettacolare, quella ricerca, il volto del Dono, la vera forma di ciò che la Valie Morrigan aveva donato agli elfi, un viaggio che per diversi decenni l’aveva portata lontano dalla collettività elfica ma che poi, alla fine, l’aveva riportata proprio lì.
Trovò il modo però di illustrarlo come quadri magici che prendono forma nell’illusione mentale, fatta di deserti sconfinati, mari silenziosi, stelle infinite. Tutte immagini che vorticavano dalle pagine del suo libro dipinto e si materializzavano sotto ai suoi piedi ed intorno, in quell’arena sospesa nel nulla.


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Poi la chiusura con gli specchi levitanti che parevano piovere dal cielo, coi loro riflessi sapevano far vedere ai presenti il mondo stesso, i, loro occhi, gli sguardi di chi davvero vede il Volto del Dono, che altri non è se il tutto, nelle cose, nel nostro stesso sguardo.
Uno spettacolo arcano che aveva concluso così un personale studio, una convinzione, una meta raggiunta con fatica mentale.


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Quando fu richiamata nell’arena da Isil, comunicandole che era stata la vincitrice di quella Contesa, sentì dentro di sé la voce di tutti i maestri che aveva avuto e l’emozione di quei ricordi le strozzarono le parole in gola. I suoi fratelli l’avevano capita, avevano votato quel viaggio, la visione onirica, l’abbraccio di Morrigan tramite le immagini illusorie.

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Vicino ad Herendil, l’allevo che aveva ricevuto il premio per la giuria degli Atani, si sentì completa, ogni cosa nel grande cerchio dell’essere e del divenire, dal quale ogni Istar trae potere e forma, le ruotava intorno in modo impercettibile, e ogni cosa che dopo accadde, rituali, saluti, premiazioni, divennero come un sogno impalpabile intrecciato ad emozioni che avrebbe ricordato per sempre. Nei secoli a venire.

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