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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By adebowale
#48876
A notte tarda, nelle sale della Regina Ubriaca, si può spesso udire un bardo suonare e raccontare storie. Alcune serie, alcune buffe, la maggior parte stupide. Prima di cominciare, tuttavia, il suonatore si premura sempre di chiarificare una cosa.

"Questa è una storia falsa. Forse è falsa nella sua interezza o forse solo per un insignificante dettaglio. A voi giudicarlo"


La Ballata del Topo Istaro

Codesta è la storia di Erdin l’Istaro,
che volle un bel giorno evocare un destriero.
Ma disse la formula sovrappensiero,
e innanzi gli apparve un ossuto somaro.

Per niente deluso, il Telero distratto
comprese che più si doveva allenare,
e varie magie cominciò a declamare,
che tosto si vide mutato in un ratto.

Or piccolo, nudo, e senza un aiuto,
si mise a cercare il grande Grimorio
che con un gran tonfo gli era caduto
e si era richiuso sul fronte in avorio.

Qualcuno doveva prestargli assistenza!
E a lungo riflesse su come ottenerla.
Ma infin si decise con provvida urgenza
che doveva uscir per le vie della Perla.


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Provò prima al Tempio, poiché era normale
che aiuto cercasse innanzi al suo Valar.
Ma subito vide la giovin Hyalmanar
che con una scopa scacciò l’animale.

Scappò tra la pioggia e entrò nella Lega.
Lì giunto si stese su di un strapuntino,
che altro non era che un bel parrucchino
rimasto appoggiato su di una cadrega.

Entrò Nolme in sede e, varcati i cancelli,
si mise ad urlare, come fosse matto.
“Non posso più adesso usare i capelli,
se sono bagnati e puzzan di ratto!”

Scappando intravide una porta socchiusa,
veloce si ascose in quello spiraglio.
Finì in una stanza, che era la cambusa
privata e segreta del noto Ammiraglio.

Mangiò da scoppiare, poi stanco e assonnato,
si stese nascosto in un vecchio scarpone.
Finché non accadde che il fiero padrone
cercò di infilarsi il calzare borchiato.


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“Ahi, Ahi mi hanno morso! Che orrore! Che pena!”
ma il ratto scappava per una postierla
pria in strada e poi fuori, lontan dalla Perla,
finché poi non vide Elanor la Queyna.

Costei lo studiò, e con garbo e dolcezza,
gli diede un buffetto con fare suadente.
“Sei un gran bel topino, ma in tutta franchezza,
non posso portarti con me alla Splendente”.

Lei prese la strada, ma il ratto ansimante,
si mise a lei innanzi, in piedi, diritto.
Voleva spiegarsi, ma poi fu trafitto
da un dardo scoccato da un bardo passante.

Così fu la storia di Erdin l’istaro,
che ad oggi ci insegna una bella morale.
È inutil cercare il destriero più raro
perché andare a piedi non è così male.


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By adebowale
#48877
A notte tarda, nelle sale della Regina Ubriaca, un bardo racconta una storia. È una storia di mistero, di intrigo, e di celati atti criminosi. Come è spesso il caso, questa storia è ispirata a fatti reali a cui vengono aggiunti eventi falsi. All’ascoltatore distinguere gli uni dagli altri

Naufragio al largo della Perla

Gli archivi della flotta sono immensi, e contengono i più disparati documenti. Se vi addentrate in essi, e spulciate la sezione riguardante l’ultimo mese di Cerveth, vedrete cinque documenti di straordinario interesse. Si tratta di rapporti, compilati da cinque cittadini della Perla, e riguardano strani eventi accaduti in città e nei suoi dintorni in quel periodo.

Calabor Sarvin. È successo tutto questa mattina, il 20simo giorno del mese. Faceva caldo ed io mi ero addentrato nel bosco vicino alle cascate di Earlann. Volevo trovare l’ispirazione per una delle mie composizioni. Adoro quel posto! L’aria è fresca, c’è sempre molta ombra, per non parlare la celestiale visione delle ninfe che sguazzano sotto l’acqua, discinte e con lo sguardo ammiccante. Ovviamente si tratta di un’esperienza puramente estetica, dall’alto valore artistico! Non vi salti in mente di accusarmi, come faceva quel mercante di Amon qualche giorno fa, di recarmi in quel posto solo per un atto di lussuria. Si tratta di insinuazioni di una tale bassezza che non si commentano neppure! E comunque quel mercante di Amon volle venire anche lui, e non è colpa mia se era disposto a pagare anche una cifra importante. Gli ho detto di ritornare presto alla Perla, e di portare alcuni suoi amici dalle borse piene. Sono sicuro che anche loro beneficerebbero di un po’ di meditazione.

Ma sorvoliamo. Quella mattina ero solo, immerso nella contemplazione della natura, e nell’arricchimento della mia dimensione spirituale. D’un tratto venni interrotto da un grido strozzato di aiuto. Cercando di capire da dove provenisse scorsi una fanciulla sulla riva vicino al bosco. Era bagnata fradicia ma il fatto che fosse vestita, e con i capelli intrecciati, mi fece capire che non era una delle ninfe. Inoltre, era in evidente bisogno di aiuto. Mi chinai, l’aiutai ad alzarsi, e l’accompagnai in città dove poteva riprendersi e rinfrancarsi. Non era di qui, ed era chiaro che non conosceva nessuno alla Perla. La portai allora alla Regina Ubriaca dove le feci bere qualcosa di caldo ed ascoltai la sua storia.

Incredibilmente parlava e piangeva allo stesso tempo. E riuscivo a capire (quasi) tutto quello che diceva. Non avevo mai visto tale abilità, ed ero tentato di chiederle se cercava un impresario per esibirsi. Sarebbe stato un successo! Comunque, lei disse (piangendo) di essere una perelda di nome Seraphine. Abitava in un’isola lontana chiamata “l’isola dei Pescherecci” (o qualcosa di simile) vicino al continente Atani. Lei ed i due fratelli avevano appena ereditato dal padre (un vecchio pescatore Atan) una bella casa, ed avevano deciso di fare un viaggio nel Doriath per andare alla ricerca della madre. Apparentemente, quando erano piccoli, la madre uscì di casa dicendo che andava a comprare l’erbapipa, e nessuno la vide più. Non ne sentirono molto la mancanza, fino alla recente morte del padre, quando i tre fratelli non riuscivano a mettersi d’accordo su a chi spettasse la casa. Purtroppo, nel mezzo del viaggio, la nave fu vittima di una tempesta ed affondò. Seraphine si ritrovò sulla riva vicino alla Perla, mentre dei fratelli (e del resto dell’equipaggio) non vi è alcuna notizia. La poverina sembrava distrutta all’idea di essere rimasta da sola, senza nessuno con cui dividere l’eredità del padre. In preda a tale dolore la lasciai, alloggiata alla Regina Ubriaca, ed informai le autorità competenti.


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Yoridyon en’Loke. All’alba del 21simo giorno del mese Cerveth, la recluta bussa perentoriamente alla mia porta con notizie urgentissime. Tuttavia, nonostante l’ora presta, io sono sveglio e nel mezzo dei miei esercizi ginnici caratterizzati da venti giri di corsa intorno all’edificio, sessanta bracciate a nuoto nel mare gelido, ed una sessione di pugilato con un manichino a forma di Drow, il quale, benché inanimato, il più delle volte chiede pietà. La recluta mi pone innanzi agli occhi un rapporto scritto da un bardo – noto scansafatiche perdigiorno che beneficia immeritatamente degli agi della Perla – che mi informa di un naufragio avvenuto presso alle nostre coste la sera innanzi. Non vi è tempo da perdere! Con risoluta prontezza mi infilo la smagliante uniforme e suono l’allarme. Con piede fermo, tiro giù dai loro giacigli le reclute ancora perse nei loro molli sogni, e li riconduco alla freddezza della vita militare. Non è tempo di adagiarsi sopra soffici guanciali! Ora è il tempo di agire! Ora è tempo di equipaggiare una galea! Ora è tempo di battere la costa alla ricerca di tracce del vascello affondato!

Nel mezzo del medesmo giorno, quando il calore di Aguardar diventa quasi insopportabile. La galea intravede i resti della nave affondata trasportati dalle onde. Ignorando eroicamente le alte temperature, e senza mostrare la benché minima goccia di sudore, i miei uomini attraggono con i loro arpioni il relitto e cominciano a studiarne i dettagli. Presto viene trovato il manifesto della nave, comprendente venti nomi difficilmente leggibili a causa delle acque che, ostinatamente, si oppongono all’inevitabile scoperta della verità. Attorno al relitto, galleggiando fieramente tra le onde, sono visibili vari cadaveri. Persone che eroicamente hanno dato la loro vita al mare. Senza indugio, le reclute pescano quanti più corpi possono, e tosto cercano di identificarli. Subito viene trovato il capitano, qualche marinaio, ed alcuni passeggeri. Altri corpi sono troppo deteriorati perché anche gli abili membri della flotta possano capire la loro identità. In tutto 12 cadaveri vengono recuperati, nessuno dei quali di apparenza eldar o pereldar. I fratelli della naufraga potrebbero in effetti essere sopravvissuti.

Infine, esamino le cause del naufragio, che mi appaiono luminose come le armature che faccio lucidare alle reclute in punizione. Il rapporto parla di un temporale, ma è con palese evidenza che si tratta di altro. Non vi erano temporali l’altra sera, e questi resti portano l’indistinguibile odore di polvere da sparo mista a salsedine che adoro sentire fin dalla prima mattina. La scena che ho innanzi è la medesima che immagino tutte le sere quando, circospetto, mi aggiro sui bastioni per controllare che le palle da cannone siano posizionate a dovere. La nave è stata attaccata. Pirati, predatori forse, qualcuno armato da un cannone. Un cannone estremamente grande.... oppure estremamente vicino.


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Lure Hyalmanar. Hey, ma avete sentito la novità? C’è una nuova perelda in città, pare che abbia perso i fratelli in un naufragio. Poverina, bisognerà confortarla, perché sicuramente starà soffrendo tantissimo. Ma eccola dev’essere lei, davanti alla fontana principale con quell’aria sconsolata. Oh, come piange! Ma quella pozza sotto i piedi è l’acqua della fontana o sono le sue lacrime? Vabbè, mi avvicino e le dico che non tutto è perduto. Pare che l’ammiraglio ieri abbia trovato il relitto e che tra i cadaveri non ci fosse nessun perelda. Credo che volessero chiamarla per identificare i corpi; o l’hanno già fatto? Ma in ogni caso è un’ottima notizia, vero?! Forse sono ancora vivi! Forse, come lei è arrivata ad una riva anche i fratelli hanno fatto lo stesso. Quando si tratta di fratelli perduti e ritrovati io ho un sesto senso, e adesso me lo sento che tutto andrà bene. Hey, ma perché piange ancora di più?

Forse però non tutto va lasciato al caso. I Valar vegliano su di noi, ma non possiamo mica evitare di fare la nostra parte. A proposito, ho sentito che viene dal continente atani, mica si tratterà di una devota delle loro divinità? No... no... qui bisogna fare qualcosa. Le acque hanno preso i suoi fratelli, e alle acque bisogna fare un’offerta. Adesso le dico che conviene andare alle cascate di Earlann. Meglio approfittarne, il traghetto per Amon è appena ripartito e per una volta non ci sarà quel pervertito mercante che ultimamente spia le ninfe – se solo becco chi gli ha fatto conoscere quel posto.

Eccoci innanzi alle cascate. Meraviglioso! Silenzio, pace, raccoglimento! Bene è il momento di fare l’offerta e la perelda ha portato.... del pesce?? Originale... Ma perchè offrire al mare semplicemente l’essere vivente più facilmente trovabile nelle acque? Non poteva scegliere un animale di terra? Che so, un cervo, uno stambecco. Fosse anche difficile trovarli, sono dappertutto! C’è un allevamento di stambecchi qui a Marilla e vari scappano dai recinti. Te li trovi per strada, sulle banchine, nei boschi. Sicuramente uno in meno non sarebbe pesato a nessuno. Un po’ come prendere due piccioni con una fava. Ma non divaghiamo. La perelda viene da una famiglia di pescatori e, in fondo, è normale che offra il prodotto del suo lavoro. Adesso ci chiniamo innanzi alle cascate, chiudiamo gli occhi e invochiamo il volere del Sempre Saggio. Si lo so, io sarei devota a Morrigan, ma il Sempre Saggio è pur sempre suo fratello e le mie precedenti preghiere a lui sono state spesso ascoltate. Vorrei un segno, un indizio, qualcosa che mi dicesse se i fratelli sono ancora vivi e dove.

Eccolo! Questo è certamente il segno che aspettavo! Quindi sono vivi, sebben un po’ lontani. Bisognerebbe che qualcuno andasse a controllare. Chi posso trovare disposto ad andare dall’altro capo del Doriath solo perchè glie lo chiedo io?


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Eco Armonioso. Il vento soffia sulle mie guance e le punge come piccole lame di coltello lanciate da un giocatore di tiro a segno alla Regina Ubriaca. Ma non sono in una taverna, bensì sprono il mio cavallo attraverso il Dorilath con la stessa determinazione di un furetto che fugge dall’attacco di un formicaleone. Le mani mi dolgono dal troppo tempo passato a serrare le briglie, mentre i miei talloni hanno preso troppa abitudine a spronare il mio destriero al punto che mi sento in colpa per lui. Sembra di essere ancora una volta a Winyandor. Da un lato sorrido, dall’altro sogno una calda tisana al finocchio e menta peperita che possa riscaldarmi il corpo. Ma non avevo scelta. Quando Lure mi mostrò un fiocco di neve cadutole sulla mano innanzi alle cascate di Earlann, sapevo già che sarei andato a battere tutta la costa nord per cercare traccia di quei pereldar. Ho provato a ribattere dicendo “lo dicevano che avrebbe nevicato stasera”, ma non c’è stato verso. Avrà anche 300 anni più di me, ma quando la guardo mi sembra una ragazzina di appena un secolo, ed il mio cuore si scioglie come cobalto fuso sopra la forgia del fabbro Machival.

La costa nord è pericolosa e insidiosa. Percorrerla mi da gli stessi brividi di quando entrai nella grotta dei Vilderon, quando mi persi nel deserto elfico, o quando andai per la prima volta a cena da Nolme. Le sepri artiche possono spuntare ovunque, mentre uomini lucertola ti sbarrano la strada ad ogni passaggio. Non tutti cercano di attaccarmi, il più delle volte si contentano di ascoltare il suono del mio liuto affinchè possa calmare i loro spiriti. Il problema viene quando chiedono un autografo, visto che non ho tempo di incidere il mio nome sulle scaglie di tutta la tribù. Finalmente, dopo un’estenuante ricerca, quando i calli alle dita sanguinano dal troppo pizzicare le corde, giungo ad una baia innevata dove vedo due persone scaldarsi ad un fuoco. Mi avvicino con circospezione e osservo i due. Uno è armato di una lunga spada, che usa per tagliare legna. L’altro è seduto su una roccia e cerca di pescare con una lunga canna. Non sono eldar, cosa che è evidente dalla loro barba lunga e incolta. Non sembran neppure atani, visto che i loro tratti appaiono più docili e leggiadri, con le orecchie leggermente affusolate come se cercassero timidamente di appuntirsi. È deciso, sono pereldar, devono essere loro.

La via del ritorno è ancor più insidiosa dell’andata. Il mio destriero non può portare tre persone in groppa. Allora avanziamo a piedi, con la medesima cautela di un assassino prezzolato quando arriva dietro alla sua vittima. Ci riposiamo a turni, mangiamo carne salata e formaggio, e beviamo l’acqua gelida dei fiumi. Una notte ci accampiamo lungo il bosco nella strada che congiunge la Splendente a Marilla. Infine l’indomani arriviamo a destinazione. La perelda Seraphine è seduta vicino alla grande fontana e piange così intensamente che non so più distinguere il getto d’acqua dalle lacrime. Quando la vedono, i fratelli corrono ad abbracciarla. Ora tutti e tre piangono, immagino dalla gioia. Ho sentito dire che, agli occhi degli atani, noi eldar siamo poco espressivi. Ma qui è evidente che questi tre fratelli esprimono gioia e tristezza sempre allo stesso modo. Poco importa. Come ultimo atto li accompagno alla taverna dove potranno riposare per la notte prima di riprendere un traghetto verso casa. Io, invece, scriverò questo rapporto innanzi ad una meritata tazza di calda tisana al finocchio.


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Adharan Herones. Il 27simo giorno del mese di Cerveth nell’anno corrente, verso l’imbrunire, sedevo comodamente nel mio studio esaminando una pila di fogli manoscritti portatimi poco prima dalla mia assistente. Si trattava di quattro rapporti, compilati da miei concittadini, e riguardavano gli eventi accaduti nei giorni precedenti. Gli eventi erano descritti in modo chiaro e lineare, anche se la mia attenzione fu portata innanzi a piccoli dettagli estrapolabili dai diversi documenti che, se legati assieme, rivelavano un’incoffessabile verità. Mi alzai di scatto e cercai la mia assistente. Un delitto criminoso era stato commesso ed un altro era sul punto di consumarsi se non si fosse agito con tempestività. Bisognava recarsi velocemente alla Regina Ubriaca ed interrogare i tre fratelli pereldar, o almeno quelli che sarebbero stati ancora in vita.

Una guardia in armatura e mantello turchese sfondò la porta della stanza con una violenta spallata. Lo spettacolo che si presentò ai miei occhi era orrendo ma, al tempo stesso, prevedibile. Straiati in terra vi erano due cadaveri. Il primo, strangolato con il filo di una canna da pesca, mentre il secondo trafitto da una lunga spada. In mezzo a questi corpi stava la giovine Seraphine, accasciata al suolo ed in lacrime. Ad un primo sguardo appariva in totale stato confusionale, continuava a ripetere “si sono uccisi a vicenda! Con i loro stessi atrezzi! Perchè?! Li avevo appena ritrovati! Perchè si odiavano così tanto?”. Una delle guardie si chinò verso la ragazza per confortarla. Dal canto mio, mi piegai al suolo per esaminare i corpi. Tutto nella scena sembrava supportare la storia della ragazza, ed una persona distratta avrebbe chiuso il caso senza pensarci due volte. Ma una mente allenata sa guardare al di là della semplice apparenza e, con l’aiuto delle informazioni dei precedenti rapporti, può cogliere una verità ben diversa e assai più angosciante.

“Questa commedia non servirà a nulla” dissi perentoriamente “Guardie arrestate questa perelda! È lei che ha ucciso i suoi fratelli, oltre che tutto l’equipaggio della nave!”. Le mie parole irruppero come un fulmine a ciel sereno tra lo stupore degli astanti e lo sguardo feroce di Seraphine. Se i suoi occhi neri fossero stati dei dardi, sarei caduto trafitto senza alcuna possibilità di sopravvivenza.

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Del resto era così semplice, per coloro che volevano vedere la verità.

  • La prima testimonianza di Calabor mi fece capire che la famiglia non viveva in armonia. C’era dissenso tra i tre fratelli per chi dovesse godersi l’eredità del padre. Ufficialmente stavano facendo un viaggio nel Doriath per ricercare la loro madre elda, sperando che potesse dipanare la questione. Ma era credibile? Non vedevano la loro madre da anni. Quasi certamente li aveva abbandonati. Era molto più plausibile assumere che uno dei tre volesse sfruttare il viaggio per eliminare gli altri due.
  • Questo fu confermato dal rapporto dell’Ammiraglio, che dichiarò che la nave era affondata sotto i colpi di un potentissimo colpo di arma da fuoco. La cosa era bizzarra visto che pirati e predoni di solito non hanno cannoni così forti, e se ne hanno di solito colpiscono a distanza creando un impatto inferiore. No, il danno era stato fatto da un cannone enorme, oppure da un cannone normale ma molto ravvicinato. La soluzione era facile una volta compreso che c’era un sabotatore a bordo. Di notte, qualcuno dei tre fratelli deve aver puntato uno dei cannoni verso il centro della nave, ha acceso la miccia, e si è buttato in acqua prima dell’esplosione.
  • Ma chi dei tre ha fatto questo? Sospettai la ragazza quando Lure riportò che ella non sembrava troppo confortata dalla notizia della sopravvivenza dei fratelli. Non solo, quando Eco ritrovò i naufraghi, questi erano tranquillamente uno vicino all’altro senza cercare di uccidersi a vicenda. Del resto, prima di quel momento, essi credevano che la sorella fosse morta nel naufragio. Se uno di loro fosse stato il colpevole avrebbe avuto una ghiottissima occasione di eliminare anche l’altro lontano da occhi indiscreti. Perchè provare ad attaccarsi solo una volta rientrati alla Perla? Da qualunque lato si guardino gli eventi, essi hanno senso solo se si assume che i due fratelli non erano assassini. Le morti avvennero solo in presenza della sorella che, per questo, passerà lungo tempo rinchiusa.


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Così, a tarda notte, si chiude il mio doloroso rapporto, con un messaggio di speranza affichè i mesi successivi siano migliori. Atti criminosi come questi raramente invadono la nostra città, ma è grazie agli occhi accorti dei miei concittadini che mi sento felice di dire: il caso è chiuso



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#48878
A quanto è dato sapere, gli Eldar e gli Atani sono entrati in contatto nell’anno 199 del calendario umano, quando combatterono assieme nella battaglia dei Grandi Fiumi. Si dice che, prima di allora, i due popoli non avessero mai interagito, ma questa è una falsità. Ed è per questo che oggi io vi narrerò di un incontro incredibile, avvenuto nel lontano anno 160 nell’isola di Winyandor, a nord del Doriath. Si trattò di un evento tenuto rigorosamente segreto, al punto che neppure coloro che vi presero parte ne furono a conoscenza. Eppure, fu di importanza capitale visto che portò alla creazione della prima Perelda dell’era contemporanea.

Ovviamente questa storia è falsa. Mi fu raccontata da un contadino ubriacone che incontrai una sera a Cerois, e non so quanto fosse attendibile. Inoltre, potrei essermi preso alcune licenze poetiche qua e là, per il beneficio del mio pubblico. Quindi non vi salti in testa che quanto raccontato oggi sia la verità. Vi sono le storie vere, e poi vi sono le storie belle.


La Nascita di Melthra

Il quinto giorno del Madrigale, nell’anno 160 del calendario umano, una galea apparve all’orizzonte di Winyandor. A guidare la nave era un giovane Atan proveniente da nord-est di nome Davron. Era un membro di una fiera famiglia di navigatori, ma la fretta nel mostrarsi degno del proprio Clan, e la scarsa conoscenza dei venti e delle stelle, lo avevano spinto ben più a occidente di quanto la tradizione ed il buon senso avrebbero consigliato. Spossato dal lungo viaggio, si era messo alla ricerca di un approdo – un qualsiasi approdo – dove rifornire le sue stive e far rifocillare l’equipaggio. Così, quando vide una sponda inaspettata ad ovest, egli festeggiò davanti alla prospettiva di riempirsi nuovamente la pancia. Mai considerò la possibilità di aver scoperto un nuovo mondo.

La nave rimase attraccata lungo quelle cose per una settimana. In quel tempo, l’equipaggio non si spinse mai troppo nell’entroterra, tanta era la selvaggina nella zona limitrofe alla spiaggia. Gli uomini abbatterono anche vari alberi, ed usarono il legno per riparare e rafforzare la galea. Poi ripartirono verso oriente, senza dedicare troppi pensieri su dove fossero stati. Ma nella fretta di riprendere il mare, e distratti dal troppo caricare nella stiva, finirono a loro volta per dimenticare sull’isola qualcosa... o meglio qualcuno.

Il suo nome era Frida, aveva 35 anni ed era rimasta vedova da svariate stagioni. In quei popoli la vita è corta, soprattutto quando la guerra imperversa continuamente. Una donna di tale età, quindi, può essere considerata assai avanti negli anni agli occhi dei suoi compatrioti al punto che, dopo la morte del marito, lei non aveva scosso l’interesse di altri pretendenti. La cosa era anche aggravata dalla mancanza di figli durante il primo matrimonio, che aveva indotto in molti il sospetto di sterilità. Così, innanzi alla prospettiva di una vita trascorsa pematuramente tra gli anziani, ella insistette di prendere parte ad una spedizione – qualunque spedizione – in modo da poter seguire il marito morendo in battaglia.

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Ma i Valar avevano ben altri piani per questa fiera donna. Morrigan, la Signora delle Stelle l’aveva osservata sin dall’approdo, ammirandone i lineamenti delicati, solo di poco dissimili a quelli di un Elda. La Vala aveva anche appreso la sua storia ascoltando i marinai chiacchierare, e si convinse rapidamente che Frida poteva essere utile ai suoi scopi. Così, usando un potere del quale è maestra, nascose la vedova al suo equipaggio, e nascose il suo equipaggio a lei, dimodoché la nave partisse lasciandola sola sulla spiaggia.

Morrigan si diresse allora in un altro punto dell’isola, dove abitava un solitario Elda di nome Lindanor. Giovane adepto, profondamente devoto alla Signora delle Stelle, egli si era ritirato da Marilla a Winyandor per cercare la pace spirituale e rafforzare la sua mente. Tuttavia, dopo 80 anni il giovane cominciava a mal sopportare la solitudine, e segretamente desiderava compagnia. E fu così che la Vala sussurrò nell’orecchio del giovane, incitandolo a recarsi alla spiaggia, così che questi potesse incontrare Frida. Non si accorse che era un’Atan. La Signora delle Stelle aveva incantato gli occhi di lui affinché percepisse nella donna un’Elda sua pari. Similmente, anche alla vedova furono incantati gli occhi, in modo che credesse di avere innanzi un Atan di belle sembianze, e all’apparenza assai più giovane di lei. Ed i due si guardarono, e passarono tempo assieme. Si amarono per lunghi giorni, ciascuno godendo della compagnia dell’altro. E Morrigan se ne andò soddisfatta ripromettendosi di tornare presto a visitare i due che aveva contribuito ad unire.

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Ma nell’isola vi era anche Kelthra, la temibile Signora dei Ragni. Con il corpo mutato in un grande aracnide bianco, ella era solita trascorrere il Madrigale vagando per i campi, ed osservando gli animali procreare. Diversamente dagli Elda, i pelleverde, o anche gli irsuti Vilderon, che avevano stabilito delle comunità, ed avevano elevato l’atto procreativo dandogli connotazioni affettive e sociali, le fiere invece agivano unicamente tramite instinto, creando vita senza amore o calcolo. Questo risuonava con l’indole della Vala, che si beava della caoticità nell’ambiente che la circondava. Fu in quel frangente che scorse una capanna di legno dentro il quale dormivano Lindanor e Frida. La signora dei Ragni si avvicinò incuriosita. Immune dai sortilegi di Morrigan, ella vedeva gli amanti per quello che erano, un Elda ed un’Atan, e tanto si divertì all’idea di cosa quella singolare coppia avrebbe potuto generare.

Tuttavia rimase interdetta nel notare che la donna, benchè in età da figli, non stava portando alcuna vita in grembo. Che bizzarria! Forse gli Eldar e gli Atani non potevano procreare l’uno con l’altro, o forse qualcos’altro bloccava la nascita di nuova vita. Approfittando del loro sonno, la Signora allungò una delle sue zampe verso Frida. Con attenzione infilò il peloso arto nel corpo della vedova, e spinse il seme di lui fino alle profondità del ventre. Frida quella notte ebbe incubi spaventosi, e si svegliò con una potente febbre e dolori. Tuttavia non si accorse di quanto era avvenuto. Dal canto suo, Kelthra era già partita soddisfatta, ripromettendosi di tornare presto a visitare l’Atan che aveva contribuito a fecondare.

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Mesi dopo le due Valar voltarono nuovamente il loro sguardo su Winyandor, per comprendere come la situazione era evoluta, e trovarono Frida da sola nella sua capanna. Nel frattempo, Lindanor aveva ripreso il suo peregrinare, e contava di ritornare a visitare colei che credeva essere un’Elda dopo un breve tempo di riflessione: all’incirca 50 anni. Frida, dal canto suo, aveva notato che il suo corpo mutava, e che stava ospitando una nuova, inaspettata, vita. Delusa di non poter condividere l’evento con l’amante, ella tuttavia attendeva con ansia quella nascita che per tanto tempo aveva sperato di avere nelle sue terre natali.

Innanzi a tale spettacolo, Morrigan rimase interdetta. Come era possibile che la vedova fosse incinta? Non era sicura se Eldar e Atani potessero procreare e, nel dubbio, aveva espressamente scelto qualcuno con una storia di infertilità.

Anche Kelthra era stupita. L’Atan era chiaramente convinta di portare in grembo un bambino comune, frutto dell’unione con un suo simile. Possibile che non si rendesse conto della situazione?

Fu allora che la Signora delle Stelle si accorse della Signora dei Ragni. E, similmente, la Signora dei Ragni si accorse della Signora delle Stelle. E ciascuna comprese il ruolo che aveva giocato l’altra nella vicenda. Ed entrambe realizzarono con orrore quello che sarebbe apparso agli occhi dei loro fedeli e degli altri Valar: Morrigan e Kelthra avevano cooperato nel creare il capostipite di una nuova razza. Non ebbero bisogno di parlarsi per sapere che questo evento doveva rimanere segreto.

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Così, celate da sguardi indiscreti, le due Valar aiutarono Frida a dare alla luce la nuova creatura. Il travaglio fu innaturalmente doloroso, e la donna perse una grande quantità di sangue al punto che, come purtroppo ogni tanto accade anche nei parti, ella morì durante l’evento. Come era destino che fosse, il suo spirito raggiunse quello del marito, laddove gli Atani del nord-est credono che i morti vadano a riposare. Dal suo grembo uscì una bambina, con grandi occhi azzurri come la madre, e lunghe orecchie affusolate come il padre. Le Valar la chiamarono Melthra, dalla fusione dei loro nomi, e ciascuna le appose in fronte il proprio marchio. Infine la affidarono ad un contadino di Cerois, poichè potesse viviere in un luogo che beneficiasse dell’infuenza di entrambe. Melthra crebbe fedele sia a Morrigan e Kelthra, e per tutta la sua vita le sue preghiere furono accolte da entrambe. A Creois ella fu scambiata per un’Elda qualsiasi, eccetto negli ultimi anni quando i capelli si fecero bianchi. Ma, nel frattempo, altri come lei avevano cominciato a viaggiare nel Doriath, e nessuno ci fece caso. L’unico a sapere la sua vera origine era il contadino che la crebbe, ed ogni tanto si lasciava sfuggire questa storia disinibito dall’alcool. Che sia vera o una fantasia, non lo so. È così che l’appresi, ed è così che (più o meno) ve la ripropongo.

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Fu dall’involontario incontro tra le due Valar che, oggi, Eldar e Atani possono procreare tra di loro. I frutti di tale unione, i Pereldar appunto, portano il marchio di Kelthra, e sono visti come portatori di malattie e sventure ovunque vadano. Tuttavia, essi portano anche il marchio di Morrigan, ed è per questo che vivono al riparo da sofferenze e pregiudizi nei territori sacri alla Signora delle Stelle.



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#48879
Col termine del lavori per il rinnovo di Marilla, molti avventori giunsero dai vari continenti per ammirare la città il tutto il suo nuovo splendore. Mai come prima le strade erano affollate di Atani, Perelda, ed anche Naucor. Nonostante la ressa, in città tutti si comportarono in modo assai civile, e non vi furono praticamente incidenti. Tuttavia, a sera tarda, una guardia di pattuglia scovò su di un muretto isolato dei graffiti fatti con il gesso. Alcuni erano chiaramente disegni di bambini. Altre erano scritte che dicevano cose tipo "Siamo Noi! Siamo Noi! Ora la Splendente siamo noi!", probabilmente lasciata da qualcuno sotto l'effetto di qualche liquore esotico. Tra le varie scritte, tuttavia, ve ne era che si differenziava dalle altre.

Marilla Nova

I marmi bianchi mi frastronan gli occhi.
I bei mosaici fan brillare il suolo.
In spiaggia corrono bambini sciocchi

con braccia larghe ed imitando il volo
che in ciel disegna un timido gabbiano.
E grosse barche attraccate al molo

servono birra e vino tramecciano
ai tanti giunti quivi per vederla,
acciocchè possan col bicchiere in mano

infine dir “Mai più che ora Perla!


Profondamente scocciata, la guardia decise di usare il proprio mantello turchese come uno strofinaccio. In breve tempo il muro fu nuovamente pulito e la guardia riprese la ronda con una malcelata soddisfazione. Tanto sforzo era stato fatto per rinnovare la città, e non avrebbe certo permesso che un villanzone armato di gesso potesse rovinarla.

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#48881
Ma avete sentito quello che è successo al nostro amico Erel En’Luon? Pare che nel continente Atan egli sia stato aggredito da un feroce bandito di nome Lukash. Incredibile vero? Per fortuna questo oscuro personaggio è stato bandito da Marilla. Tuttavia, Erel è un cantastorie come me, ed è rimasto assai traumatizzato dall'evento al punto che venne subito a raccontarmelo. Si tratta di una storia misteriosa, fatta di intrighi, di colpi di scena e di feroci critiche sociali verso tutta Ardania. È una storia dove nulla è come sembra. Ma la cosa più importante è che, trattandosi di un incontro tra un bandito ed un bardo, questa è una storia che ha sicuramente dentro qualcosa di falso. A voi indovinare cosa.

La ballata del bandito bandito

Vi narro di Lukash l’ardito
che, avvolto da un nero vestito,
per tutte le lande
ove il sole splende
razziava e faceva il bandito.

Un dì alla quint’ora trascorsa
ei vide un telero di corsa.
“Qui poco lontano
un grande Titano
dal corpo strappò la mia borsa.”


Sembrandogli un poco bislacco,
or Lukash si lanciò all’attacco.
“Mio caro Messere,
non vi è da temere
io posso riprendervi il sacco.”


Ciò udito Erel il Telero
si mise a abbracciar lo straniero.
“Oh caro mio amico!
io adesso vi dico
che avrete il mio affetto sincero”
.


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E Lukash battè le pianure,
i boschi e le ripide alture,
ma quando il trovò
più non ritornò.
Si ascose tra frasche e verzure.

Attese tantissime ore.
Sentì della pioggia il furore,
e mostri voltanti,
due fervidi amanti,
poi l’elfo avanzar con timore.


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Quand’Erel fu prossimo al sacco,
il ladro lo strinse col laccio.
Ma in quella contesa,
un colpo a sorpresa,
da dietro gli perforò il braccio.

“Sei preso, bandito dannato!
Sarai in una cella gettato”.

Lukash si voltò
e gli occhi sgranò
vedendo un guerrier ben armato.

Così fu ch’ Eru il cavaliere,
dei giusti e dei deboli alfiere,
in seduta stante
costrinse il brigante
a cedere al proprio volere.

E Lukash con gli occhi fumanti
guardò i due teleri festanti
“se son lo zimbello
del vostro tranello,
allora VOI siete i briganti.”


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Ma il canto non è terminato
poichè, senza fare un boato,
per mezzo del buio,
e un piccolo acciaio,
dai lacci si fu liberato.

E i poveri elfi al risveglio
lo videro senza bavaglio
che urlava “Babbei!
Quest’ori son miei
com’anche il vostro bagaglio”


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Così fu che Lukash l’ardito
tornò nel suo covo arricchito
ma poi la novella
raggiunse Marilla
e venne da questa bandito.


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#48882
Ma voi sapete cosa è successo ad Eco? L’ho incontrato nel sentiero che dalla Perla andava a nord. Aveva il volto pallido e sembrava esausto. Così, ci siamo seduti su di un sasso e mi sono fatto raccontare la sua storia. Fui talmente preso dalle sue parole che decisi di correre a Rotinel e di intervistare anche altre persone coinvolte negli eventi, per aver conferma di quello che mi aveva detto. Per ottenere le informazioni che mi servivano usai tutti i mezzi coercitivi di mia conoscenza: la birra, il vino, il liquore e financo preziose tavolette di cioccolato. Il risultato è una storia dove nulla è come sembra, e dove la verità si smembra in una miriade di punti di vista, spesso in conflitto tra loro.

Eco Disarmonico
ovvero, l’inarrestabile disgregazione di una mente Elda

E, ovviamente, si tratta di una storia falsa. Per il beneficio del mio pubblico ho aggiunto elementi di mia invenzione. Forse la mia fantasia ha preso il controllo di tutti gli eventi al punto che nulla di quello raccontato ora corrisponde al vero, o forse ho modificato solo un piccolo dettaglio insignificante. A voi deciderlo.

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Eco. Come sono arrivato a questo punto? Come è possibile che non riesca mangiare o dormire tranquillo? Voci minacciose mi tormentano e non riesco a vederne l’origine. Sono costantemente sotto attacco da pericoli di ogni tipo. Eppure nessuno sembra credermi. I miei amici e cari mi trattano con condiscendenza, come innanzi a coloro che stanno poco bene. Eppure ne sono sicuro, non sono pazzo! Un pericolo esiste, qui alla Perla, ed è rivolto verso di me. Lo so che suona folle. Lo so che sembro uno di quelli che hanno vissuto qualche secolo di troppo in solitudine. Ma come posso convincerti che non è così?

Forse è il caso di partire dall’inizio. Avevo tutto quello che potevo desiderare: un posto di rispetto al Tempio, una bellissima compagna il cui fratello mi aveva appena accolto nella sua famiglia come se fossi uno di loro. Cosa poteva andare storto? Eppure tutto cominciò in quel momento. Io e Lure avevamo cominciato a frequentarci da poco, ed una sera stavo suonando sulla riva una melodia che avevo espressamente composto per lei. Ed ecco che in quel momento apparve un drago. Era verde, enorme e si dirigeva verso di noi.

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Questo avrebbe dovuto essere il primo campanello di allarme. Del resto non è normale che un drago possa spingersi fino alla spiaggia di Marilla. Eppure nessuno sembrava dare peso alla vicenda, e la stessa creatura sembrò sparire poco tempo dopo. Se non ci fosse stata Lure con me a confermare l’accaduto, si sarebbe potuto dire che me lo fossi immaginato. All’epoca non diedi troppo peso alla cosa. Così, mi dimenticai in fretta dell’evento e continuai la mia vita come prima.

Tuttavia, poco tempo dopo, avvenne un altro incidente. Un giorno, io ed un gruppo di compagni ci spingemmo nelle profondità di una grotta. Avevamo sentito che in fondo ai vari cunicoli vi era un covo di eretici. Tuttavia, la sola cosa che scorgemmo fu una fanciulla Atan incatenata alle pareti della roccia. Immediatamente mi prodigai a liberarla, e lei volle dimostrare riconoscenza. Si insomma... in “quel” modo. Non so se era chiaro, voleva “ringraziarmi” lì nella grotta davanti agli altri. Io cortesemente declinai, anche perchè in quel momento stavo frequentando Lure. Fu allora che la fanciulla si adirò e cominciò a gridare. Urlando, vidi il suo corpo mutare fino ad assumere le sembianze di un Succubo maggiore.

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Fu in quel momento che capii che qualcosa non andava. Prima il Drago, e poi il Succubo. Eppure la gente sembrava non capire. Anzi Lure si arrabbiò con me perchè era convinta che io fossi andato a fare il farfallone nelle caverne. Le cose peggiorarono nei mesi successivi, dove fui costante vittima di incidenti, disguidi, incontri sfortunati. Camminare per strada era oramai un azzardo, visto che rischiavo di scontrarmi con qualcosa ad ogni angolo.

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Ma il peggio accadde un giorno quando cominciai a sentire voci che nessun’altro udiva. Percepivo persone che chiamavano, e mi voltavo per rispondere senza trovare nessuno. Quel che è peggio è che i miei concittadini ed amici avevano cominciato a notare il mio comportamento, e mi guardarono con commiserazione.

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E fu così che presi una decisione dolorosa. Forse stavo impazzendo, o forse ero vittima di qualche oscura macchinazione. In ogni caso non volevo che Lure rimanesse vittima accidentale di qualunque cosa mi stesse accadendo. Se non potevo fidarmi io di me stesso, come avrebbe potuto fidarsi lei di me? Fu così che andai a casa sua e le dissi che volevo chiudere la nostra relazione. Poi mi incamminai da solo sul sentiero dove tu mi hai trovato.


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Lure. A volte mi chiedo se il problema non sia io. Cosa faccio di male a coloro che frequento? C’è qualcosa di sbagliato in me? Come è possibile che degli Eldar belli e sofisticati, dopo qualche mese in mia compagnia scappino o impazziscano? A volte mi chiedo se la nostra vita non sia troppo lunga, e finiamo per non apprezzare veramente quello che abbiamo. Forse se la mia esistenza fosse della durata di quella di una falena tali problemi non esisterebbero, ed io vivrei le mie relazioni appieno, serenamente e felicemente, senza che vi sia il tempo che si guastino.

Con Eco la situazione giunse livelli mai visti in precedenza. Lo dico con profondo rammarico visto che all’inizio sembrava il compagno perfetto per me: bello, intelligente, sofisticato. L’unica pecca erano le sue composizioni che tendevano a stancare dopo la terza ora consecutiva. Figuriamoci che una volta mi compose un’intera suonata per violino e me la suonò sulla spiaggia. Non doveva essere un momento romantico al tramonto, ma alla fine lo diventò visto che il giorno lasciò dopo qualche ora spazio alla sera, ed egli non accennava a smettere.

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Fortuna volle che fummo interrotti da quello che sembrava essere un drago. Dico “sembrava”, perchè era evidente che era opera di qualcuno che si destreggiava con il Dono. Non si erano mai visti draghi spingersi così vicino alla città e poi, dopo qualche istante, l’essere era scomparso nello stesso modo misterioso in cui era apparso. Uno scherzo? Oppure un concittadino che ebbe pietà di me? Al momento non ci pensai molto, e sorrisi davanti al bizzarro evento. Eco invece sembrò assai turbato dalla vicenda.

Forse avrei dovuto capire già allora che qualcosa non andava, ma non vi badai troppo. Tuttavia, poco dopo avvenne un evento inaspettato. Ero a casa della mia amica Haelin, la Mastra Sarta della Lega delle Arti e dei Mestieri. Quel giorno stavo lavorando ad un nuovo abito e lei mi stava insegnando qualche trucchetto. D’un tratto ecco giungere Eco trafelato. Il volto era graffiato ed i capelli spettinati. Apparentemente, durante una missione nel tempio, aveva avuto un alterco con una Atan che aveva cercato di sedurlo. Fu un momento di grande imbarazzo. Non solo era irrotto a casa di Haelin senza preavviso, ma aveva fatto tutto questo per raccontare una cosa che, personalmente, avrebbe potuto anche evitare. Non ci facevo certo una bella figura. E poi lui faceva la vittima dicendo che era stato attaccato senza aspettarselo. Certo, come no! Ovviamente in missione c’erano anche altri ma, casualmente, ad essere insidiato era lui. Com’è che le Atani nelle caverne non stuzzicano mai, che so... Yoridion? Ed io dovrei credere che Eco non ci abbia messo del suo?

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Le cose da lì peggiorarono. Eco cominciava a manifestare manie di persecuzione. Era convinto che tutto e tutti fossero in combutta contro di lui. Non si poteva parlare d’altro che di quello. Un giorno, ad esempio, volevo condividergli la notizia che io fratello aveva deciso di abbandonare la via del Dono per fare il cacciatore. Capisci? Una notizia sconvolgente per me, che avrebbe dovuto almeno cogliere l’interesse anche di Eco visto che Nolme lo aveva accolto in casa come se fosse suo fratello. Tuttavia Eco non mi sentiva neanche, ma continuava a protestare su un vaso che era caduto da una finestra come se fosse una trappola destinata a lui.

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Il peggio successe un giorno quando, ancora a casa di Haelin, arrivò il Primo Astro del Tempio. Si sentiva in dovere di dirmi che avevano visto Eco agitato in strada. Gesticolava e parlava da solo, in evidente stato di squilibrio. Il mio imbarazzo era arrivato a livelli mai visti prima. Bisognava fare qualcosa. Fu allora che decisi di confrontarmi con lui per capire cosa stesse succedendo.

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Quando incontrai Eco mi trovai innanzi ad un Elda confuso. Sosteneva di essere vittima di attacchi misteriosi, e di come questa situazione mettesse in pericolo anche me. Voleva proteggermi, e per questo aveva bisogno di troncare la nostra relazione. In quel momento capii, per la prima volta, la gravità della situazione. Forse quello che ci volveva era qualche secolo di ritiro per riequilibrare la sua mente, come aveva fatto in passato a Winyandor. Questo voleva dire non vederlo per un bel pezzo, ma forse era la cosa giusta da fare. Fu così che lo congedai, ed io cercai conforto in mio fratello che è il solo che è interessato al mio bene.


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Nolme. Dire che il casato Hyalmanar ha antiche tradizioni è riduttivo. Queste sono frasi che pronunciano gli Atani quando parlano delle loro famiglie. È divertente vedere loro spulciare tomi che narrano eventi di 500 anni prima considerandoli “storia passata”. Come spiegare loro l’inutilità di questo lavoro, visto che non hanno alcun modo di sapere se quello che è scritto su quei volumi sia vero o falso? Ma quello che per loro è una elaborata ricerca bibliografica, per me è un semplice esercizio di memoria. I miei ricordi autobiografici coprono un lasso di tempo più lungo della maggior parte degli archivi delle casate ad Hammerheim. Per coprire tutta la storia Atan, a me basta ricercare documenti di due, massimo tre generazioni della mia famiglia. E prima di quell'epoca, già c’erano gli Hyalmanar. Per questo dico che pochi possono comprendere l’importanza della mia stirpe e delle loro tradizioni. E tradizione esige che i membri della famiglia trovino dei compagni di vita consoni alla storia del casato. Ma Lure, ahimè, sceglie sempre male.

Buono questo vino! Come hai detto che si chiama? Non dovrei berne troppo o finirei per dire cose che non devo. Massì, forse un altro paio di bicchieri non faranno male. Cosa stavo dicendo?

Ah si, Eco! Il musicista, capellone, venuto dal nulla, al punto che preferisce usare un soprannome per nascondere l’indecorosa origine della sua famiglia. Cosa ci trovasse Lure in lui e nella sua chioma irritantemente lunga fallisco a capirlo, eppure ne sembrava totalmente abbagliata. Forse avrei dovuto oppormi apertamente, ma la verità è che adesso non si può più. Dobbiamo essere “moderni”, “aperti”, “permissivi”. Il risultato è che non posso dire niente innanzi a quello che è un evidente scempio nella storia della famiglia. Ma io ho altri mezzi, lo sai? Posso agire segretamente, non visto, ed orchestrare eventi in modo che soddisfino i miei obbiettivi. Basta mostrarsi apertamente amichevoli, ma antagonizzare il proprio obbiettivo sottilmente e ripetutamente. I modi di farlo sono molteplici, si può frustrarlo con ripetuti rimproveri, negandogli tutte le iniziative, dicendogli “No” ad ogni occasione, logorandolo lentamente mentre fingo di aiutarlo. Oppure, talvolta, si può essere anche meno sottili e trasformarsi in un Drago.

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Haha. La faccia che ha fatto quel clarinettista! L’ho preso proprio nel momento in cui si sentiva più sicuro di sè. Così impara a fare il romanticone con mia sorella sulla spiaggia. Ma non è finita qui. Poco tempo dopo usai il Dono anche per un secondo scherzo. Approfittai di un giorno in cui, per ordine del Tempio, quel mentecatto si infilò in una grotta. Allora, con sommo sforzo mentale, riuscii a evocare un Succubo maggiore, con il preciso scorpo di sedurlo ed attaccarlo.

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Lo ammetto, mi divertivo, ma riconoscevo che i miei metodi erano (almeno in quei due frangenti) un po’ grossolani. Inoltre, Eco, benchè scombussolato dagli eventi, resisteva ed il suo rapporto con Lure continuava come prima. Certo avrei potuto continuare con trucchi di questo tipo ma, prima o poi, qualcuno si sarebbe accorto che qualcosa di bizzarro stava accandendo. Dovevo agire più sottilmente.

Fu allora che presi una decisione drastica. Per tanto tempo avevo studiato il Dono, ma forse questo studio non serviva interamente al mio scopo. Decisi allora di cambiare carriera e dedicarmi alla caccia, all’inseguimento delle tracce, e all’addomesticamento degli animali. No, non pensare male. Non volevo addomesticare Lure (ma forse, a ripensarci...). La verità è che questa nuova carriera mi aprì vaste conoscenze allo studio delle trappole, e di come nasconderle dentro cespugli, dietro rocce o sotto un sottile manto di foglie. Fu un’occasione troppo ghiotta da non sfruttare verso quel commediante da strada. Nei mesi successivi ricorpii la città di trabocchetti e tranelli, in modo che scattassero ad ogni suo passo.

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La cosa geniale, fu che riuscivo a mascherare questi trabocchetti come eventi comuni nella vita cittadina. Chi si preoccupa di un vaso che cade da una finestra, o di una botola lasciata inavvertitamente aperta? La cosa migliore, tuttavia, fu che la mia strategia stava cominciando a funzionare. Eco dava segni di logoramento che infastidivano anche Lure. Dovevo continuare. La strategia più efficace, tuttavia, fu quando scoprii che potevo facilmente nascondermi tra gli angoli bui della città, e chiamare Eco non-visto. Egli si voltava e si guardava intorno ma non riusciva a scorgermi, una cosa che avvenne ripetutamente in ogni angolo della città, nei boschi e financo nella sicurezza della sua casa.

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Alla fine quello che doveva succedere successe. La sua mente già periclitante cedette, entrando in conflitto con Lure. I due avevano oramai perso la freschezza e complicità che caratterizza le giovani coppie e, dopo qualche animata discussione, finirono per congedarsi reciprocamente. Io mi apprestai a fare quello che deve fare un amorevole fratello: consolai Lure e la rassicurai che avrebbe trovato un giorno la persona giusta per lei, cosa di cui mi sarei assicurato personalmente.

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Vedi? Noi Eldar non siamo come quelle popolazioni del Nord che sanno discutere solo tirandosi bastoni sulla teste. Una vita abbastanza lunga ci ha insegnato l’uso di armi più sottili e meno traumatiche per risolvere i conflitti. Sotto molti aspetti quello che riuscii a fare con Eco è stato il mio capolavoro, ma non credere che sia stato (o che sarà) l’unico caso. Se io voglio che qualcuno sparisca, costui, credimi, prima o poi sparirà.

Oh quanto ho bevuto! Forse mi sono lasciato scappare qualche parola di troppo. Ma tu starai zitto vero? Anche se decidessi di raccontarlo a qualcuno, nessuno ti crederebbe. E comunque, in casi estremi, potrei sempre rivolgere la mia attenzione su di te.


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#49627
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La cittadina di Eracles è unica nel suo genere, con grossi edifici in stile Amoniano che si alternano a capanne di legno abbozzate alla buona e tende multicolori. Ogni via è gremita di gente di varie estrazioni sociali, con un’indistinguibile impronta olfattiva che richiama il mentolo ed il mughetto quando sono impropriamente mischiati allo zafferano, paprika, liquirizia, nonché ad una scarsa igiene personale. In questo marasma, dove commercianti altolocati e le loro mogli camminano di fianco a bancarelle di spezie e cibo dei carovanieri, vidi una vecchia locanda chiamata “Il Carrozzone”, sulla cui veranda stava un piccolo ometto intento a leggere delle carte ed a mischiare delle erbe in un’anfora. Era anziano e all’apparenza gracile, al punto che si sarebbe potuto scambiarlo per un sacco di ossa. Normalmente non gli avrei prestato particolare attenzione, se non fosse per il suo bizzarro modo di vestire. Quasi automaticamente rimasi a fissarlo a lungo senza capacitarmi del motivo. Dopo un tempo imprecisato questi alzò la testa e mi guardò con lo sguardo di un cane randagio che non mangia da svariati giorni “Hei Giovanotto, ma li vuoi due schiaffi?!”. Allora capii.

Il Vecchio e il Calabrone

Con il senno di poi, avrei dovuto arrivarci subito. Poche persone in Ardania si caratterizzavano per un tale stile nell’abbigliamento, in cui indumenti chiaramente ricercati erano abbinati tra loro in modo scomposto, quasi con l’intenzionale obbiettivo di ferire gli occhi dell’osservatore. Diversamente da molti girovaghi, che risultavano malvestiti a causa del fatto che indossavano le prime cose che gli capitavano, il vecchio aveva chiaramente scelto abiti di buona fattura, e li aveva accostati con perizia, in modo che colori sgargianti di diversa natura fossero accostati tra loro nel modo più dissonante possibile. Il risultato era un corpetto di pelle rossa fiammante che si stagliava sopra una maglietta ricamata giallo oro, abbinata ad una sciarpa ed un berretto talmente luminosi quasi da brillare di luce propria. A coronare il tutto vi era un monocolo azzurro chiaro che rifletteva i raggi del sole al punto da sembrare un piccolo faro.

“Allora, li vuoi questi due schiaffi?!” ripeté il vecchio. Quella frase pronunciata con una voce secca, quasi rauca, aveva la medesima prosodia di quando, da piccolo, venivo sgridato da mia madre. Anzi, a ben pensarci, erano esattamente le stesse parole. Del resto, lei era la sola persona che avevo conosciuto fino a quel momento con lo stesso gusto nel vestire.

“Mi chiamo Caleb” dissi infine “mia madre Zanisha, era una carovaniera”. Il vecchio mi guardò con sguardo annoiato e poi si ributtò sulle sue carte “Zanisha... Zanisha...” disse infine “Ma Zanisha la figlia di Marilù, o Zanisha la figlia di Jole?”. Sbarrai la bocca e cercai ricordare quale fosse il nome di mia nonna materna. Tuttavia, dopo qualche secondo, il vecchio mi interruppe “Lascia perdere!” riprese “tanto non conosco nessuna di queste” e ridacchiando cominciò a rimestare delle erbe.

“Ma veramente Zanisha non ti dice niente?” ripresi timidamente dopo qualche secondo. “Senti ragazzo” mi rispose lui “io sono il Popara, mica l’ufficio catastale di Amon. Se vuoi avere notizie di tua madre devi cercare altrove”. Lo guardai qualche secondo e ripresi.

“Ma io non cerco mia madre” gli dissi “è mancata qualche anno fa. Ti chiedo se la conosci perché tu sei mio Nonno!”.


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Il vecchio rialzò la testa come se quello che gli stessi dicendo avesse per la prima volta scosso la sua attenzione. “tuo Nonno... i miei datteri!” disse infine “non ci assomigliamo neanche! Non vedi come sono bello?” si indicò il vestito con soddisfazione “tu invece sembri vestito con gli scarti di un tessitore di Tortuga”. In effetti i miei abiti apparivano logori e sporchi, frutto di un eccessivo viaggiare lontano dai centri abitati. Li esaminai qualche secondo finché realizzai che il vecchio aveva abilmente cambiato discorso. Chiaramente aveva dimestichezza nel dirottare argomenti scomodi.

“Basta coi vestiti!” dissi secco “Zanisha era tua figlia o no?!”. Il tono della mia voce si fece cupo e fermo al punto che egli chiuse perentoriamente la bocca. Benché chiaramente sfacciato, non poteva ignorare la mia altezza e corporatura.

Dopo qualche secondo di silenzio allargò infine le braccia “Devo controllare.” disse con un sospiro “Tu avrai all’incirca 20 anni... e tua madre ti avrà avuto non prima di 15 anni....” mentre parlava il vecchio stava chiaramente pensando “non ricordo matrimoni organizzati con ragazze più giovani... non all’epoca almeno. Se fosse stato vent’anni prima sarebbe stato diverso, a quei tempi le facevamo sposare non appena fertil...” Si bloccò di colpo innanzi al mio volto corrucciato. “...Ma non divaghiamo. Si tratta di una storia di almeno 35 anni fa.” riprese “Confesso che non ricordo, dovrei controllare a casa se ci sono lettere, documenti...”.


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Non so cosa mi aspettassi. Mia madre non aveva mai parlato troppo della sua famiglia, e della vita che aveva avuto prima di trasferirsi a Selinad. Sapevo solo che suo padre (mio nonno appunto) era un tipo eccentrico, di cui lei amava imitare i modi. Ma il fatto che non avessero mai avuto contatti per tutti questi anni doveva essere un campanello di allarme. “E sia” dissi infine “Vai a controllare... Ti ritrovo qui?”

“No, mi trovi a Tremec!” rispose il vecchio con un ghigno “Hai in mente la città nel mezzo al deserto nelle Terre Selvagge? Ecco, io ora abito lì”. Così dicendo raccolse tutte le sue carte in fretta e furia, depositò le sue erbe in una bisaccia, e si allontanò sulla via. “E non dimenticare le guance!” urlò infine da una certa distanza “Perché quegli schiaffi potrebbero davvero arrivare”. Con queste parole lo vidi scomparire tra la folla accalcata.


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Fu così che decisi di lasciare Eracles ed incamminarmi verso la famosa città di Tremec. La prospettiva mi entusiasmava ed inquietava allo stesso tempo. Del resto, dopo una vita passata tra i campi di Selinad, le Terre Selvagge sembravano un luogo esotico e pericoloso, dove tutto poteva accadere.

Inevitabilmente, una volta giunto laggiù, tutto accadde. Ma questa è un’altra storia.


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Mezzo-Eracliano, Totalmente Scemo
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#51246
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Se voi sapeste quanto è pericoloso il deserto nelle terre selvagge. È pieno di creature tremende come viverne, ophidiani, uomini topo, formicaleoni, ma soprattutto banditi della peggior risma. È un miracolo uscirne vivi. Alcuni abitanti della città di Tremec affermano che sia giusto così, visto che l’ostilità del deserto serve a forgiare gli spiriti e rinsaldarli contro avversità ancora peggiori. Forse sarà vero. Tuttavia a volte mi chiedo se non sia meglio fare una spedizione punitiva, e ripulire quella zona una volta per tutte. Ma indovinate un po’? Qualcuno ci ha pensato. Lo scoprii per mia fortuna un giorno mentre vagavo il deserto. Stavo cercando di raggiungere un punto dove avrei dovuto incontrare mio Nonno, quando venni circondato da dei predoni. Pensavo di essere spacciato. Per fortuna venni aiutato da degli sconosciuti con la maschera. Incredibile vero? Nel deserto di Tremec ci sono dei giustizieri mascherati. Sono diventati una leggenda, al punto che qualcuno ha anche composto una canzonetta su di loro. Chissà se me la ricordo bene...

I Giustizieri Mascherati del Sahra

Sabbie cocenti, che ustionan le mani.
Grossi sciacalli, guerrieri ophidiani.
Dietro a una duna, tra mille scorpioni,
forse c’è acqua? Ah no, sono predoni!

Corron di qua, vengon da là.
Cos’accadrà? Cos’accadrà?


Scappar non serve, affondano i piedi.
E all’orizzonte, salvezza non vedi.
Finchè d’un tratto le note di un liuto
ti dan speranza che arrivi un aiuto.

Suoni di qua, canti di là.
Ma chi sarà? Ma chi sarà?


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Un canto dolce rallenta i predoni.
Candono in bocca ai formicaleoni.
Mentre un signore con maschera indosso
dice: “Ti salva lo Scorpione Rosso!”

Suoni di qua, canti di là.
Ma chi sarà? Ma chi sarà?


Mentre la musica lenta ripiega,
ecco ad un tratto appare una strega.
Alza le braccia e, con il tono greve,
riempie i banditi di vento e di Neve.

Canti di qua, incanti di là.
Ma chi saran? Ma chi saran?


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Chiusi nell’Oasi, son tutti impauriti.
Voglion che un Feddhayn catturi i banditi.
Ma tra le dune c’è già chi combatte.
Waqih tentenna, ma qualcuno si batte.

Scoprion di qua, Neve di là.
Ora c’è pace nel Sahra.


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In arte, Abdul Popara
Chi all'eracliano i giorni abbella? ... Una Flamberga!
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#51247
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In arte, Abdul Popara
Chi all'eracliano i giorni abbella? ... Una Flamberga!
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#51248
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Quando si è ospiti di una città, può spesso succedere di dover ripagare la cittadinanza con dei piccoli servizi. Essendo io di stazza grossa, mi viene spesso chiesto di fare la guardia del corpo, partecipare in una battaglia, o di dare supporto ad una battuta di caccia. Non sono di indole violenta, ma mi è difficile rifiutare. Inoltre, se le cose vanno bene, ci si può guadagnare un po’ di soldi, il che è sempre gradito visto che le sottoposte di Yashet continuano ad alzare il prezzo ultimamente. Ci fu una volta, tuttavia, in cui le cose andarono male. Terribilmente male. Così platealmente male che ne fecero anche una canzone. Mi sembra che suonasse così.

S’i’ fosse foco, arderei Caleb

Da grossi e lussuosi palazzi d’oriente,
che poggian pesanti su sabbia bollente,
un giovane fabbro emana sudor.
La schiena ricurva di giorno e di sera,
intento ad estrarre il metallo in miniera,
al fin di trovare un piccol tesor.

Un dì percorrendo un lungo cammino,
portandosi appresso un grosso bottino
ei scorge lontano due ombre venir.
Dal volto castano, il crine vaniglia,
si staglia a lui innanzi la maga Malynna,
e ad essa affiancato il Grande Visir.

“Salute straniero” fece il tramecciano.
“Sembrate forzuto, ci serve una mano.
Vogliamo sconfiggere un grande dragon.
Sappiate che questa è una cosa da farsi.
E chi al mio volere si ostina a ritrarsi
conosce dell’Oasi la grande prigion.”


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Così un’avventura mirabile avvenne.
Due Sahim e un forzuto con ascia bipenne
percorron la grotta dal nero color.
E tosto avvistaron la grande creatura,
con zanne possenti, la grande statura,
e un soffio di fuoco che induce terror.

Il piano era chiaro: l’omone davanti
bloccava il dragone con colpi e con schianti.
E dietro i due maghi invocavano il Maat.
Ma proprio perchè egli era un uomo sì grosso
le sfere di fuoco gli andavano addosso,
e a lui (non al drago) toccò di bruciar.


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Frustrata, Malynna gli disse alle spalle:
“ad ogni mio colpo tu sei tra le pa**e!”
E poi, un’altra fiamma innanzi le uscì.
Invece Jasim: “Sai? Così marroncino
Un po’ mi ricordi Abdul, mio cugino,
che ormai da due mesi da Tremec partì.”


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Infine il Drago fu ucciso e dissolto,
e il nostro guerriero, ancora sconvolto,
da dove era steso tosto si rialzò.
Col crine cenereo, la faccia annerita,
pian piano si mise a cercare l’uscita
e quando la vide veloce vi andò.

Ma mai nella mente egli perse la traccia
di dove l’ardita compagna di caccia
si fosse piazzata nell’antro laggiù.
Gli parve di udirla con voce infernale
“S’io fossi del fuoco, beh brucerei Caleb
Per renderlo infine più simile a Abdul.”


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In arte, Abdul Popara
Chi all'eracliano i giorni abbella? ... Una Flamberga!
Fu Calabor Sarvin, impenitente narratore di Storie false
Discord: adebowale#1320
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