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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By Iruion
#50459
Era una notte tranquilla a Tremec. Ma no, "tranquilla" non le rendeva giustizia.
L'unico suono che si poteva udire era il sommesso soffio di una lieve brezza che spirava increspando appena le acque del lago Raya. La temperatura di fine inverno di Tremec era mite e piacevole, il cielo terso luccicava di astri e Nut si mostrava limpida e argentea.
Era una di quelle sere in cui l'intero creato sembra voler far pace con te, sembra voglia farsi perdonare per le tempeste, la siccità, i meteoriti.
Era una di quelle sere in cui gli elfi sentono il materno sguardo di Beltaine su di loro, mentre gli umani... beh gli umani dipende.
Gli umani del nord ammirano la grandezza della creazione di Yggr, gli umani comuni ringraziano Danu per la sua benevolenza, gli umani dalla pelle nera offrono doni a Lostris e quelli dalla pelle davvero davvero nera gongo Mawu bingu bangu.

Ma in questa quiete quasi innaturale, qualcuno non dormiva sonni tranquilli. Se un pensiero facesse il rumore di uno spillo che cade, si sarebbe sentito il suono di un golem che inciampa per le scale del tempio di Aengus ad Amon e ruzzola rovinosamente, smontandosi in mille pezzi. Ancora e ancora. Per tutta la notte.

...quando tacere, quando parlare, quando ascoltare ciò che dice chi è più saggio, Maeve è saggia, dovrei ascoltarla di più, lei studia, lei riflette, osserva, ascolta, dovrei ascoltare ascoltare! ascoltare i tremecciani, ascoltare le parole di Jasim, nella sua eloquenza, nella sua serafica calma ha implicitamente suggerito di pensarci bene, ascoltare le parole di Labwa, poche parole proferite ma pesanti come pietra, un giuramento scolpito nella pietra, sono come Tremec, sono pietra e sabbia, lei e sua sorella Yashet, caos di sabbia che danza in un mulinello nel deserto, le sue odalische che danzano nel bordello, la locanda, Kodjo, lui paga e compra, lui poi vende, concetti semplici, troppo semplici? venderebbe l'anima per il giusto prezzo? l'anima, la mia anima che vagabonda, forse perduta ma leggera, come il vento, e Malynna... per lei niente ha valore, per lei tutto ha un prezzo, il prezzo è l'unico valore, e questo è quanto? questo è quanto? questo è quanto dovrei diventare? sono gli esempi lampanti lei e Popara, ah! il presunto ottuso ottuagenario, ah! tutt'altro che ottenebrato, forse è proprio lui che ha capito, Malynna o Popara, Popara o Malynna, cosa fare, cosa posso dare, quanto voglio dare, quanto sono disposto a perdere, non so...

Quei pensieri intricati continuavano a aggrovigliarsi, ogni tentativo di sbrogliarli sembrava vano, ma ci doveva essere una soluzione, ci doveva essere un modo per...

Chicchirichììì

"Quel dannato gallo hammin...", bofonchiò Iruion tra sé e sé, con la faccia ancora infossata nel cuscino nel disperato tentativo di prendere sonno.
"Non credo che lo farò arrivare vivo a farsi ammazzare da un altro gallo"
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By Iruion
#51767
C'è un benessere implicito nel prendere una decisione.

Iruion sedeva a gambe incrociate sulla sabbia, sulla riva del lago Raya. Fissava l'acqua, calmo e ancora un po' incredulo. Era fatta, la decisione era stata presa, il giuramento pronunciato.
Sebbene non si rendesse conto con chiarezza di come la sua vita sarebbe cambiata, ciò che contava in quel momento è che quel continuo brusìo di mille pensieri taceva.
Mille domande avevano trovato una risposta. Mille strade possibili si chiudevano e solo una appariva dritta davanti a lui, lastricata di mattoni dorati.
Tutto convergeva, tutto diventava semplice.

Si portò la mano alla testa, a sfiorare quel turbante. Socchiuse gli occhi, espirando profondamente: ora riusciva a sentire la leggera carezza del Kamshin sulla pelle, quell'aria calda e piacevole finalmente gli infondeva quiete e conforto.

Attirato dall'Ospitalità, educato dalla Parsimonia, finalmente deciso alla Fedeltà, ancora in cerca del Vigore. E' così che Tremec, quel posto che fino a qualche mese prima conosceva solo per sentito dire, in modi del tutto inaspettati era diventato casa.
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By Iruion
#52054
Quella mattina la luce era decisamente più accecante del solito.

Iruion si svegliò di soprassalto a giorno inoltrato, in un posto in cui non si aspettava di essere. Si guardò intorno spaesato, chiedendosi cosa ci facesse buttato sui cuscini della locanda. Ma all'improvviso arrivò un feroce mal di testa, che fu tanto gentile da ricordargli come poteva essere finito lì.
L'ultima cosa che ricordava con una certa chiarezza era Yashet che caricava un narghilè con l'esperienza con cui uno djaredin carica il fucile. Da lì in poi era tutto indistinto, c'era una sorta di amalgama di concetti, idee e storie che si sovrapponevano in maniera confusa.

Credeva di ricordare di essere stato un naggaronte, di aver morso qualcuno, che però non era Yashet. Perché Yashet, per qualche motivo era una naggaronte anche lei. Una naggaronte mago, perché un djinn le aveva fatto dono di uno sciacallo e del flux. Col flux aveva bruciato un tappeto, mentre Malynna ci aveva bruciato una gazza. Lo sciacallo forse era scappato. Il risultato era che il sultano, dall'alto della sua saggezza, aveva pensato bene di limitare i danni facendo case in pietra.

Poi era stato ad un matrimonio ad Amon, alla cattedrale di Malynna, in piazza Malynna, davanti alla gigantesca statua d'oro di Malynna. Certo, Malynna aveva speso una fortuna, ma ne era valsa la pena. Un lama esplose nelle vicinanze.
Ci era arrivato in nave, ormeggiando a molo Yashet, davanti ad un livido amoniano (o forse malynniano) condannato per l'eternità a guardare navi parcheggiate alla rinfusa. La cosa strana è che era il matrimonio di Maeve, che si sposava con Jasim che però era già sposato, ma si sposava anche con Yashet, che però doveva prima sposarsi con un altro per poterla sposare. Il sommo sacerdote di Malynna comunque li benedisse tutti e Iruion pensò: "Beh, se c'è l'amore, dopotutto, che importa?".

Poi la questione si faceva più complicata. Yashet credeva di aver perso un pezzo, ma no, era tutto a posto, era stata una naggaronte, mica una ciclope. Però era un'amica, sì, quasi materna mentre lo metteva a dormire e gli dava il djinn della buonanotte.

Il flusso di pensieri si interruppe bruscamente quando si sorprese a pensare a cosa accomunasse sua madre e Yashet. Socchiuse gli occhi e portò una mano alla fronte cercando di riordinare le idee, mentre si alzava e si trascinava fuori dalla locanda.
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By Iruion
#52373
Il rotolo di papiro era lì davanti a lui, intonso. Iruion lo fissava, soffermandosi con lo sguardo sulle irregolarità e spiegazzandone un angolo nervosamente. Non sapeva davvero da dove cominciare.

Era bloccato e lo sconforto iniziava a stringergli lo stomaco, quando improvvisamente si sentì come colpito alla nuca da una ciabatta invisibile: un lancio immaginario, sì, ma preciso, teso e carico di stizza tremecciana. Tirò un lungo sospiro e iniziò a scrivere di getto.

Cara Mamma,
non so davvero da dove cominciare. Ma penso che inizierò col chiederti scusa per non essermi fatto né vedere né sentire per mesi.

Ti avevo promesso che ti avrei scritto da ogni città che avrei visitato, ma purtroppo mi sono cacciato nei guai. Guai che non ho visto arrivare, davvero. Guai che mi hanno spinto lontano. Ti sono stato lontano perché non volevo che raggiungessero anche te.

Sono scappato nel luogo più lontano e remoto di cui conoscessi il nome, Tremec. Qui mi hanno accolto e mi hanno dato un posto dove stare. Qui ho stretto legami e amicizie. Qui è dove sento di poter aiutare, perché anche un sorso d'acqua può fare la differenza tra la vita e la morte.

Ma per poter aiutare ho dovuto imparare a vivere nel deserto.

Il deserto è un maestro severo. Mi ha dato molto, ma ha preteso in cambio parte della mia innocenza. Qui la mia vita è cambiata, radicalmente, in maniera impensabile.

Ti sono rimasto lontano perché non sapevo se mi avresti riconosciuto.

Spero riuscirai ad amarmi, come hai sempre fatto, nonostante tutto.


Le ultime due frasi erano scritte da una mano tremante, mal guidata da occhi offuscati dalle lacrime. La tristezza salì inarrestabile come una marea, non poté far altro che affogare. Finalmente pianse, finché ne ebbe la forza. Poi, esausto, crollò in un sonno senza sogni.
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By Iruion
#53082
Caro Iruion,

leggendo ciò che mi hai scritto, posso dire con certezza che sei cambiato meno di quello che credi: sei sempre il solito amabile sciocco. Non vedo l'ora che ti decida a mettere il sedere su un cavallo e che venga a raccontarmi com'è vivere all'Oasi di Tremec.

Possibilmente fallo prima che io diventi così vecchia che sarai tu a non riconoscere me.

Con amore,
Aleth


Iruion rileggeva quelle righe con gli occhi spalancati, incredulo. Quel poco di inchiostro su una pergamena aveva spazzato via in un attimo tutti i pensieri che l'avevano tormentato per mesi.

Fu così che mise il sedere sul suo ostard dei deserti, galoppò fino a Nosper e reincontrò sua madre. Ma la gioia si tramutò in dolore quando si rese conto che stava male. Il dolore si tramutò in consapevolezza quando si rese conto che non le restava molto da vivere. La consapevolezza maturò in una decisione: rimanere accanto a lei per il tempo che le restava.

Le avrebbe raccontato le storie dell'Oasi, come lei le aveva raccontato le storie degli elfi.
L'avrebbe accudita nei sui ultimi momenti, come lei l'aveva accudito nei suoi primi.
L'avrebbe amata nonostante tutto, come lei l'aveva amato nonostante tutto.

---

Dopo questi avvenimenti non se ne seppe più molto. La fine che fece? Ah, chi lo sa.
Amava tanto dire che prima o poi sarebbe morto ammazzato in un vicolo ma, se lo chiedete a me, vi direi che forse il mondo si era rivelato più complicato del previsto e trovò irresistibile il richiamo di una vita più semplice e tranquilla.

Ciò che so per certo è che quello che aveva vissuto in quei mesi gli aveva lasciato un cuore ricolmo di bellezza, storie e riconoscenza.

Sono sicuro che fosse convinto di aver avuto molto di più di quanto avesse dato. Di certo però avrebbe voluto che quel poco che aveva dato fosse ricordato con affetto, perché in cuor suo sperava che quell'affetto sarebbe servito a portare un po' di luce nelle vite di chi l'aveva incontrato.

Anche la fioca luce di una candela può donare conforto nel buio della notte.

---

- Mi hai raccontato di forti legami, di grandi avventure e di grandi ricchezze... sei sicuro di non voler stare all'Oasi?
- Ho anche una grande mamma. Qui è dove voglio stare ora, in futuro si vedrà.
- Mh. E quella grande lucertola bipede invece non poteva rimanere all'Oasi?
- Si chiama Cicuta, è un naggaronte spinato. Considerala una specie di cane da guardia estremamente vigoroso.
- Quello che vuoi tesoro mio, ma mangia un vitello al giorno.
- Sì, più o meno. O mezzo grimlock. O un paio di persone.
- ...
- Ma non devi nemmeno macellarli o ucciderli, ci pensa da sola.
- ...
- Senti, funziona così: noi siamo la sua scorta di cibo di emergenza, che le porta altro cibo. Finché le portiamo altro cibo, lei non ci mangia. E se anche ci mangiasse sarei ancora in debito, mi ha salvato la vita tante di quelle volte. Tra l'altro, pensa che una volta ho fumato un misto di erbapipa, Raya Letale e funghi viola e credevo di essere un naggar...
- COS'È CHE HAI FUMATO?!
- Diciamo che sono... usanze tremecciane. Insomma, mi hai insegnato a non essere scortese, no? Sarebbe stato scortese rifiutare, no? Ma poi non mi dire che tu che fai l'erborista non hai mai assaggiato un fungo viola.
- Eh, in realtà una volta da ragazza li ho scambiati per un altro tipo di fungo e ne ho mangiati una decina.
- QUANTI NE HAI MANGIATI?!
- Sì, beh, è stato un errore. Sono stata molto male, però è stato anche divertente. Da quella volta in poi ci sono stata attenta, ne ho mangiato solo qualcuno ogni tanto.
- ...
- Senti, raccontami il tuo viaggio e io ti racconterò i miei.
- ...
- Dai, non fare il timido. Credevi che fossi nata già vecchia?
- Povero me... va bene, va bene. Ero un naggaronte e...
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By Iruion
#57585
Va bene, va bene. Avete ragione. Come conclusione di una storia è indubbiamente inconcludente. E in effetti qualcuno si potrebbe chiedere come mai Iruion non si fosse più visto a Nosper, non essendo esattamente una metropoli.

La questione che aveva spinto Iruion a tornare Nosper si era "risolta", come si "risolvono" quasi tutte le questioni umane dopo un periodo di tempo sufficientemente lungo.
Sono sicuro che Awen fosse estremamente fiero del fiume di lacrime che pianse il giovane bardo, ma alla fine chi muore giace e chi vive si dà pace.

Più o meno: Iruion non si dava pace, perché aveva almeno due questioni sospese a Tremec.

Erano due questioni che a quel punto probabilmente avrebbero voluto dargli fuoco, dato che non si era più fatto sentire. La speranza era che la felicità di rivederlo sarebbe stata sufficiente a tramutare le fiammate in un banale lancio di oggetti contundenti. Ma a come sopravvivere alla loro ira avrebbe pensato in seguito.

A quel punto, niente lo tratteneva a Nosper, non aveva nulla da perdere. Nulla da perdere a parte la sua vita, quasi certamente in maniera dolorosa e orribile. Ma, di nuovo, era un dettaglio su cui non valeva la pena soffermarsi in quel momento.

Tutto sommato, non era male vivere nel deserto. Fatta eccezione per le viverne, gli ophidian, i predoni, i formicaleoni, gli scorpioni giganti, i serpenti giganti, il caldo torrido, la siccità, la sabbia che si infila dappertutto e gli sputi dei lama. Quanto odiava gli sputi dei lama.

Quindi si va! Sì, è deciso! Anche perché ormai non aveva più un soldo: Cicuta mangiava come un naggaronte e lui non aveva mai avuto un lavoro vero, di quelli che non cercano di ucciderti prima che tu possa depredarli.

Infine c'era questa sensazione: il tempo passa, chissà come erano cambiate le cose. Chissà come stavano le due questioni sospese, chissà se le avrebbe trovate dove le aveva lasciate, chissà se il musico non stesse scegliendo proprio il momento più comicamente inappropriato per tornare all'Oasi. Ma derubricò anche quest'ultimo dubbio come poco rilevante.

Perché dar retta alla testa quando si può dare retta al cuore, ignorando qualsiasi possibilità di un fallimento catastrofico?

La verità era che gli mancava Tremec. Gli mancavano le avventure, le emozioni e gli affetti che quel luogo aveva portato nella sua vita. Non riusciva a vedersi invecchiare a Nosper, continuando a cantare canzoni su ciò che aveva vissuto in quei mesi all'Oasi. Per cui, tanto valeva provare.

Fu così che partì da Nosper una mattina, canticchiando tra sé una canzonaccia che poteva essere uscita solo dal bordello di Tremec:

"Ma ora tutti non fanno che parlare
del suo grande uccello che si può cavalcare!"


Non fece più ritorno, né se ne seppe più nulla.
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