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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By Thorgun
#50998
Nel ghiaccio e sangue trovano la loro vocazione.
Le onde cavalcano furiose, con impeto e determinazione!
Del toro han la sua furia, nel fuoco la loro gloria si plasma.
Avanzano… impetuosi e compatti!

COME VALANGA!

“Nei mari del sud”

Il vento caldo e la dolce brezza marina ci accarezzavano dolcemente, in quella terra a noi straniera.
Erano passati pochi mesi dall'inizio del nostro viaggio. Tortuga ci offriva una vita spensierata godendoci la quiete locale mentre amicizie passate e nuove si andavano a consolidare, tra incarichi e piacevoli bevute.
Il capitano Kendra ci concesse un fazzoletto di terra e il calore familiare della ciurma, affinché le nostre ferite potessero rimarginarsi il prima possibile. Le genti del luogo, cosi stravaganti nei loro modi, ci davano l'opportunità di ampliare la nostra conoscenza.
I più restii erano quelli in cui scorreva nelle vene il sangue delle nevi, mentre altri, più avvezzi alla curiosità e alla scoperta, si lasciavano pervadere dalle parole che davano un senso a ciò che ci circondava.
Così come le maree anche il clan mutava, prendendo rotte non conosciute ma che secondo antichi testi sembravano cosi vicine alla vecchia casa.
Tremecciani, Qwaylar, Suver ogni popolo dava una spiegazione diversa alla fonte di potere da cui attingevano, tutti erano consapevoli che quel potere era prezioso e andava preservato, ma era da folli non sfruttarlo. Cosi come fecero un tempo i vecchi Kunningr.
I giorni passavano e con essi giungevano nuove avventure. Il più delle volte, cullati dal ventre della grande madre dagli occhi di ghiaccio, la quale benevola benediva i nostri viaggi, visitammo molte terre e domini. Grandi villaggi fatti di legno e pietra, grandi citta fatte da roccia levigata e lavorata da maestri costruttori.
Ogni popolo aveva usi e costumi diversi ma nonostante fossimo lontani da casa, era piacevole che ci riconoscessero come le genti del nord. La nostra fama di Clan ci precedeva e grazie alle nostre capacità belliche, avevamo lasciato in loro un buon ricordo.
Il cammino di un nordico è tortuoso e pieno di insidie, spesso si vive di fama passata senza curarsi di mantenerla nel tempo con l'unica penna che ha disposizione un guerriero....la sua arma!




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“la Via del Toro”

Il clan Uruznidir sapeva bene quanto costasse quell'impegno e quanta maestria ci volesse affinché le grida di gloria di un antico popolo fiero non svanissero nei venti del tempo.
La quiete familiare, ambita e bramata da ogni suver, è un dono che per un viking di un clan razziatore viene percepita come un peso. Un qualcosa utile solo a ritrovare le forze per poi partire in nuove avventure.
''Noi guardiamo il mare con la speranza di scorgere un futuro dorato, affinché quando giungerà il giorno, possa io cadere in battaglia con alle mie spalle una storia capace di rendermi immortale e che possa essere cosi forte da spalancare per me le porte del Valhalla!''
Con questo spirito impavido noi viviamo la nostra vita e accumuliamo fama, gloria, conoscenza e ricchezze.
Intanto strane nubi colme di pioggia si addensavano a Nord Ovest. Venti di guerra facevano capolino da isole lontane. Il leone tentava la sua zampata sul nero unicorno e cosi dalle montagne echeggiarono i corni di adunata.
Nuove alleanze furono stipulate e ammaliati dall'occasione di oro e terre la grande ciurma di Tortuga si precipito nella contesa cavalcando le onde della battaglia.
Saldi nella parola data, ogni guerriero del clan messo a disposizione del capitano, affilò la propria lama. L'ora era giunta prima del previsto, ma nessuno si fece trovare impreparato.
Agli skald sarà concesso l'onere e l'onore di continuare questa storia, a me invece...Thorgun! Un tempo Valdarsen, ma ora conosciuto come Maknar degli Uruznidir...sono concesse poche parole che racchiudono il significato di questa nostra marcia:

''COME VALANGA!''



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https://www.youtube.com/watch?v=qIuPagY ... wE&index=1
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By Thorgun
#51118
“Il ghiaccio muta e si spezza
nel suo impeto di cambiamento… cerca nuova consapevolezza.
Dal mare tumultuoso e al suo volere, il Toro viene vincolato
In terre straniere… ecco! Il fervore ritrovato!”
“Un lungo viaggio”


1 Dodecabrullo 285

Sono passati diversi giorni dal nostro esodo, a distanza di due anni dall'accordo preso con Kaek nel difendere le terre natie. Gli Uriznidir, il clan di cui sono Maknar, vengono svincolati dal legame con il nord ricevendo, senza onta, la possibilità di riprendere il mare e dedicarci al nostro destino fatto di scoperte e razzie.
In questi anni passati al nord, molti sono gli attacchi che abbiamo cercato di respingere. E sull'orlo del baratro, dai clan più antichi è arrivata la risposta che molti cercavamo.
Yggr e il suo creato ci ha fatto comprendere che il credo del sud non è altro che una visione distorta delle energie e delle forze che sorreggono il mondo su cui viviamo.
Una risposta semplice e limpida come un fulmine che cade sulla nuda terra: che con un boato e una limpida luce avverte della sua presenza. Ma questo non è bastato a far si che gli uomini, inebriati del potere potessero sporcare con atti sacrileghi una verità cosi pura. Una scelta che il popolo non era disposto ad accettare e per cui in molti decisero di prendere il mare.
Nelle acque gelide che rappresentano il mondo della madre di tutti i Vikingr, cercammo rifugio affinché il fato facesse il suo percorso. I venti ci portarono sino alle coste di Tortuga dove dei suver, simili a noi nel cuore ma diversi nelle tradizioni, ci accolsero.
I primi approcci non furono dei migliori, venivamo visti con occhi dubbiosi. Forse dettati dal timore che fossimo giunti come invasori. Eppure, con il tempo, uomini noti delle ciurme videro in noi un volto amico e ci offrirono in maniera inaspettata ristoro.
I giorni passavano e pian piano il nostro insediamento prendeva la forma di un piccolo villaggio. Le usanze locali, per quanto cordiali, richiedevano comunque di prestare massimo rispetto alle figure che governavano, in una maniera simile a dei clan, gli equilibri e la legge del posto. Regole semplici ma che se trasgredite avevano tutte lo stesso prezzo...la vita.
Per aggraziarci “il Clan” più potente, mandammo i guerrieri più dediti al combattimento al servizio di coloro che si facevano chiamare la ciurma del teschio.
La convivenza con questi uomini portava nuove consapevolezze. Le loro tradizioni e lo stile di vita, mi fecero comprendere che l'unica cosa che contava, era il favore della Dea, rappresentato dall'elemento predominante, il mare.
Lo stesso “Caos” di Oghdahim, visto da noi come energia ostile, era invece definito come il controllo degli elementi e il sentimento ardente di conoscenza che spingeva quella gente oltre i propri limiti. Un sentimento presente in ogni essere che lo spinge a grandi imprese, ignoti viaggi o all' evolversi per garantirsi la sopravvivenza.



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“Come Valanga”

Tutte queste parole risuonavano come incessanti tamburi nella mia mente, infiammando sempre di più il mio cuore e facendomi comprende che la strada che stavo percorrendo era quella giusta per garantire alle genti che mi stavano seguendo prosperità e grandezza.
Passai lunghe notti a riflettere cercando di darmi una risposta concreta a quanto stesse accadendo, ma ogni pensiero, ogni dubbio, mi riportava ad un unica conclusione, il mare.
Cercai mia sorella, la quale mai aveva abbandonato la voce della antica Dea. Ella mi parlò dei presagi e dei venti che sussurravano in maniera chiara la via che si stava palesando....IL MARE!
Mi lasciai dominare dalle sue parole. Come una drakkar che viene sorretto dalle maree le vele del mio cuore si rigonfiavano di una certezza ormai chiara. Il mare richiamava i suoi figli e nella tempesta infervorava il mio animo.
“Danu, perdonami nell'essere stato cieco e riportami sulla giusta rotta! Ridonami la tua forza e come marea consentimi di travolgere ogni ostacolo.
Lì, dove i venti gelidi soffiano incessanti diventa neve e COME VALANGA consentimi di distruggere chi si oppone alla mia avanzata!
Poi… quando tutto avrà fine, nelle tue acque fa si che il mio corpo venga custodito! Affinché il mio spirito ascenda nel Valhalla.”


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By Thorgun
#51167
“Giunsero in terre straniere, ma dall’animo familiare
Nel caldo abbraccio e da profumi esotici, è facile farsi ammaliare…
Ma il Toro non riposa, perché di ghiaccio e fuoco è il suo elemento
Si stringono fieri e compatti, sempre pronti… al prossimo combattimento!”


“Il caldo abbraccio del deserto”


Passarono i giorni e ci facemmo così strada tra incarichi ed allenamenti. Apprendevamo giorno per giorno tecniche di battaglia a noi sconosciute, affilando le nostre armi e rendendo più precisi i nostri colpi. La Valanga prendeva una forma sempre più compatta e sotto gli occhi compiaciuti dell'artigliere dei teschi, diveniva sempre più letale.
Le sere ci lasciavamo cullare dal canto soave del mare e sulle rive della Tortuga consumavamo le nostre scorte di idromele accompagnati da belle donne e ottimo cibo.
Il villaggio prosperava e le voci in merito alle nostra presenza, correvano rapide tra le terre circostanti. Ma anche un altro popolo sentì parlare di noi, invitandoci nella sua terra.
Il sole batteva con furia fin dalle prime ore del mattino, bruciando la pelle e seccandoci le barbe. Un vento furioso mischiato alla sabbia, ci graffiava violentemente il viso: ricordandoci vagamente, ma come suo opposto, il vento gelido e più familiare del nord.
Il cuore del sud prendeva la forma di una distesa sabbiosa e quasi infinita. Dove le condizioni estreme mettevano a dura prova il corpo e lo spirito. Durante il giorno il caldo era opprimente, tentando di piegare il corpo con la sete. Illudeva la mente con immagini irreali quanto profondamente bramate. Alcuni sogni fatti di acqua limpida e rinfrescante, ma che portavano solamente ad una dolce morte.
Con l’arrivo della notte, il caldo allentava la sua micidiale morsa, cedendo il cielo ad una miriade di stelle. Un vento freddo si alzava e come dolce carezza rinfrescava corpo e mente.

Ma in quel mare, affascinante e pericoloso, emergeva quasi come miraggio una città. Strana e aliena nelle sue forme esotiche. Con le sue cupole dorate che riflettevano la luce della luna come faro nella notte per i viaggiatori stanchi e sperduti.
Le mura bianche e marmoree contornavano una città ricca di luci e profumi stranieri. Le sue tende ondeggiavano sinuose, come i balli delle donne dalla pelle color d’ebano e dallo sguardo profondo.
Eravamo arrivati al vero gioiello del sud, una città straniera quanto misteriosa, con usi e costumi a noi lontani eppure… così familiari e condivisi.
La calda e ospitale Tremec, ci dava il suo benvenuto.

Ospitali per tradizione, ci offrirono i piaceri locali fatti di belle donne e ottimo cibo, invitandoci a prosperare anche nella loro terra e concedendoci in affitto le grandi tende che essi stessi usavano come case.
Ai mastri artigiani fu quindi offerta una tenda personale in un area riservata alla gente straniera, e gli concesso poi il diritto di poter esporre la propria mercanzia nel rinomato Bazar dell'oasi.
Per noi guerrieri ci fu offerta una grande tenda dove poterci riunire e issare i vessilli del Clan.
A tale ospitalità, come consuetudine nostra, offrimmo in cambio la benevolenza delle armi e, lì dove fosse stato necessario, la possibilità di assumerci per rafforzare e affiancare le guardie durante i grandi eventi.
I giorni passavano e del deserto godevamo delle lunghe notti fatte di sfarzo e giochi inebriati, dai profumi locali e dal piacevole composto che si assumeva mediante quelle pipe che chiamano narghilè.



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“La corsa dei Lama”


16 Dodecabrullo 285

Giunse cosi il grande evento del deserto:
"Il Gran Palio dei Lama".
L'oasi era tutta in fermento e ogni clan locale, che loro chiamano “tenda”, si adoperava affinché la festa avesse un esito memorabile. Tutti si aiutavano mettendo a disposizione le loro capacita: mastri artigiani, cuochi e mercanti lavoravano giorno e notte per ultimare i preparativi.
Nel frattempo con passo lento e pacato accompagnato da un volto sorridente e affabile, si avvicinava alla nostra tenta il Visir della città.
Jasim Kyodrum. Un uomo tremecciano dal carattere carismatico ma, che con fermezza coordinava i vari gruppi di lavoro, giunse a noi con una proposta allettante.
Ci invitò ad affiancare, sotto lauto compenso, le guardie di Tremec comandate dal Feddayn Najid, affinché potessimo rendere ancor più sicuro l'evento e a intervenire, in caso qualcuno o qualcosa, avesse cercato di generare disordini.

Accettammo con piacere. Sia per ricambiare l'ospitalità, che per valorizzare le nostre capacità.
L'evento fu un successo, nulla sfuggi al nostro controllo e ai partecipanti fu garantita la sicurezza di poter bere e godersi la serata in spensieratezza. Mentre per i ladruncoli definiti comunemente ratti, che solitamente approfittano della distrazione dei meno accorti, bastò la nostra presenza per fargli comprendere che quella non era la notte giusta per giocare con la fortuna.
Come promesso a fine serata il visir ci diede il compenso promesso e le signore locali compiaciute del nostro operato vollero offrirci una spassosa nottata nei bordelli, affinché i nostri freddi e ferrei cuori venissero un po’ riscaldati dalle loro sinuose movenze e dai calorosi corpi.

Tutti eravamo appagati, specialmente il capofamiglia dei Van Duvel, Joakim. Che dopo la discussione avvenuta al nord con il Konungr Kaek, portava nel suo orgoglioso cuore l'enorme tristezza di un figlio che si sente tradito dal padre... di un fratello che si sente privato del diritto della propria casa e che viene trattato alla stregua di un ospite qualunque.
Ma questa è una pagina nera della nostra storia che abbiamo lasciato alle spalle e che forse qualche Skald racconterà con melodie tristi, in qualche locanda sperduta nelle lande innevate.


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By Leonard Galavar
#54671
Erano ormai diverse lune che le stelle di tortuga e il moto delle onde ci accompagnavano prima di chiudere gli occhi e prender sonno.

Tutto il Clan si era oramai abiutato ai climi caldi, esotici ed aridi.
Ma c'è chi non ha mai dimenticato gli affetti e i cari lasciati tra le fredde nevi di Helcaraxe. Così tra chi rimaneva a godersi il mare, il grog e le battaglie, c'era chi voleva tornare tra le calda e robuste braccia delle proprie donne per rifocillare ed allargare la propria prole.

Così che un giorno il syskar Wodin Hotr insieme ad un manipolo di uomini, in una giornata di sole battente decisero di partire per raggiungere Ultimo Approdo e poi da Hullborg raggiungere Helcaraxe. Così, poco dopo, la sua figura insieme a quella di altri guerrieri in lontananza svanì e perdemmo completamente le sue tracce, per giorni e giorni.

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Il tempo è sempre stato benevolo con il Clan, ci ha risollevato, unito e rafforzato ma evidentemente voleva il suo riscatto.
Fu così che un giorno, dopo l'ingaggio del palio di Tremec, i guerrieri stavano temporeggiando nel famoso bordello dell' Oasi e un giovane ascoltando da fuori il nostro fare rumoroso ma riconoscibile, con modi pacati eppure timorosi, decide di avvicinarsi a noi e al Maknar, ponendo domande sul Clan.

Questo giovane Suver, bello paffuto e rotondeggiante ci destò curiosità; fu così che scegliemmo di andare nella tenda del Clan per ascoltarlo e dare luce ai suoi dubbi. Era strano che uno sconosciuto proveniente dalle terre verdi conoscesse il Clan. Ed è qui che il volto di noi tutti impallidì alle sue parole.

Baltazar si chiamava e portava notizie, notizie che crearono rammarico nel Clan, una famiglia di guerrieri che a detta sua avevano perso un Fratello, un Syskar.
Ci raccontò che, camminando lungo la costa delle terre selvagge, vide in lontananza una schermaglia tra due drakkar, il fumo creò una nebbia che copriva il velo del mare, non riuscendo ad intravedere le vele. Si potevano sentire però solo le urla che chiaramente si riferivano ad esclamazioni Nordiche, disse il suver.

I syskar si ammutolirono, e pensarono immediatamente ad un ritorsione del Clan dei Thongang. Tante sono state le battaglia combattuto con quel Clan ribelle e in passato abbiamo decimato la loro guarnigione.
Sicuramente avevano visto un drakkar afferente agli Uruznidir sola in acque conosciute ed hanno pensato bene di arrembarla.

La rabbia alle parole del Suver era evidente, il borbottare, l'imprecare e la voglia di vendetta avevano completamente oscurato la loro vista. Ma fu qui che il Suver continuò la sua storia.

Poco dopo, continuò a raccontare, vide un corpo avvicinarsi alla costa, quasi esanime. Aveva un Kilt Rosso, come quello del Clan. Il giovane cerco di aiutare quell'uomo che, poco prima di esalare l'ultimo respiro gli disse "Trova... Clan Uru...Valhalla".
Qui il Suver rimase sconvolto dalla forza che aveva visto negli occhi dell'uomo morente.
Era meravigliato da come il pensiero principale, poco prima di morire, era rivolto verso il proprio Clan, la propria famiglia, propria alleata nella vita e nella morte. Allora sotterrata la salma nel migliore dei modi, continuò il suo viaggio fino a raggiungere l'oasi di Tremec. Ed è qui che trovò noi.

Il Maknar, felice della decisione presa dal Suver, ringraziandolo a onorandolo con la nostra protezione, decise di andare con i suoi uomini più fidati a trovare la salma del fiero syskar e donargli, in morte, la gloria che non ha potuto ricevere nella sua ultima battaglia. Per fare in modo che la sua anima possa raggiungere il Valhalla secondo i riti e le usanze del Nord, usanze mai perdute, mai dimenticate, ma impresse nel cuore di ogni Nordico.

Preparata la drakkar con la pira, i syskar posarono il corpo del grande guerriero Uruz.
Lasciati ogni equipaggiamento per accompagnarlo nel Grande Viaggio, il Maknar diede l'ordine e la drakkar inizio a bruciare.

La Grande sala dorata ti attende, syskar! Gli Skald canteranno della tua Fama!

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COME VALANGA, VITTORIA O VALHALLA!
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By Panzaius
#54674
Le nubi grigi erano perenni, il sole difficilmente riusciva a penetrare tra di esse, la luna oramai non si vedeva più.

Il Clan era radunato fuori l'accampamento di fronte la montagna nell'intenzione di accendere il fuoco per poi preparare qualcosa con cui cibarsi. D'un tratto si udì un nitrito in lontananza e rumore di zoccoli sulla pietra.
Gli Uruz afferrarono le armi e si alzarono pronti alla battaglia, pronti al Valhalla. Un cavaliere si avvicinava nella notte, alla fine il fuoco illuminò il suo elmo cornuto, a pochi metri di lontananza videro la figura di Baltazar, l'aspirante del Clan.
Il suo portamento era sicuro, deciso. La forza degli Dei si sentiva scorrere in lui, le armi si abbassarono ma l'aria restò tesa, il cavaliere stringeva le redini con la sinistra ed impugnava il martello runico nell'altra mano.
Si avvicinò al fuoco sul suo destriero scrutando bene i presenti, subito capirono.
" Chi vuoi sfidare?" esordì il Maknar, e la sua voce fece eco nelle caverne della montagna come quella di un gigante appena destato. Lentamente il cavaliere alzò il braccio armato ed il martello puntò contro Thorgun. Urla di approvazione si alzarono nella notte ed arrivarono a ridestare gli spiriti sopiti che attendono nel Valhalla affinchè fossero testimoni dello scontro. “Così sia ragazzo” disse annuendo compiaciuto il vecchio orso.

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Furono accesi fuochi per illuminare la notte, per il clan non esistevano arene con barellieri pronti a soccorrere lo sconfitto, il mondo era la loro arena gli Dei i loro giudici. Fu sacrificato un lupo per ottenere il favore degli Dei, il clan si radunò intorno al cerchio di fuoco, la sfida era stata lanciata, se lo sfidante non avesse sconfitto il Maknar sarebbe stato il loro turno di combattere, lo sapevano, è così che funzionano le antiche tradizioni.
Iniziò lo scontro, Balthazar Boones si battè con coraggio il Signore Grigio lo osservava ne era ben conscio, ma il bastione forgiato da mille battaglie che gli stava di fronte anticipava ogni sua mossa, sferrava fendenti micidiali con la gigantesca ascia a due mani e incarnava la furia dell'orso che molti nemici aveva abbattuto. Il Maknar vinse, lo sconfitto fu costretto alla resa.
Il giorno dopo la scena si ripete' , il cavaliere questa volta alzò il braccio verso il Toro degli Uruz. “Oggi i Boones perderanno un figlio, ma gli Uruzson avranno un nuovo Syskar” disse solennemente fissando negli occhi Leonard. I fuochi furono riaccesi. Il Maknar solenne dopo aver invocato il favore ed il giudizio degli Dei sentenziò “Due asce si scontreranno, solo una dovrà rimanere in mano al suo padrone. Portatemi l'arma dello sconfitto”

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A questo scontro assistette anche il vecchio Venicius, antico Jarl ai tempi di un'Helcaraxe forte ed orgogliosa che aveva visto negli Uruznidir la sua più possente arma, che dilagava a perdita d'occhio contro i suoi nemici come Valanga.
Lo scontro fu cruento, entrambi i contendenti non volevano cedere un passo, furono rotti tre scudi come vuole la tradizione, alla fine il Toro indietreggiò per ripararsi da un colpo che lo aveva stordito e Baltazar ne approfittò, caricò l'amico senza remore e lo colpì alla tempia con il maglio. L'elmo volò lontano diversi piedi. Il Toro era caduto.

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Barcollante per le ferite subite Baltazar si abbassò sul corpo di Leonard, fortunatamente respirava ancora, pose una mano sul petto dell'uomo e recitò una preghiera. “Starai bene Syskar”. Senza aspettare che si rialzasse afferrò la sua ascia, con passo incerto per le ferite ricevute, ma ancora in piedi, si avvicino al Maknar e gli porse l'arma dello sconfitto dicendo a gran voce affinché tutti potessero udire:

“Sono venuto a voi dopo il sacrificio di Wodin. Il Sommo Sapiente, Oghmar mi ha condotto in questa via per conoscere i segreti dell'Oghdaim! Il mio sangue è legato a quello del clan, la mia vita è intrecciata nelle tele del fato insieme alle vostre, sono venuto a voi come Suver, giuro di vivere come Syskar e di morire come Valanga!"

Così nasce un Uruznidir.
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By Leonard Galavar
#54807
La notte è stata estenuante, i Morkud dell'Oasi come sempre pagano gli Uruz profumatamente offrendoci inoltre la loro amicizia.
Conoscono il nostro Valore e lodano le nostre doti in battaglia.
Ciò che abbiamo da offrire come merce di scambio è la forza del Clan, fraternità e protezione; i Venerabili ne sono grati e soddisfatti.
Ancora una volta siamo stati gli artigli dell'Orso che questa volta hanno abbattuto il grande Lupo Spettrale, supportando gli abitanti del Deserto in una operazione di ricerca. La paga è stata buona abbiamo rifornito le casse del Clan e sicuro il Maknar e Il Visir saranno soddisfatti, ora ci serve un pò di riposo.

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Il Toro era sdraiato sul suo giaciglio, una pagliuzza confortevole e prima di sognare le grandi sale dorate, flussi di pensieri si fecero forti e tra la foschia dei ricordi e dei sogni si schiarirono nella sua mente.

"Cosa genera il veleno di cui si infettano alcuni uomini?
Anche quegli uomini che ti dicono di essere un amico, un fratello?"


Nel pensare profondamente, il Toro, si poneva delle domande cercando di darsi una risposta. Purtroppo, non riuscendoci.

"L'abbraccio tra guerrieri che si sono uniti in battaglia più e più volte in segno di amicizia, guerrieri che hanno combattuto scudo a scudo per proteggere i propri fratelli, la propria terra, il proprio onore, ha effettivamente valore?"

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Eppure anche a chi ha la barba tanto lunga quanto il tempo che possiede in vita per pensare a come divenire gloriosi combattenti, il veleno dell'infamia riesce a mettere il suo seme.

"Che senso ha essere onorevoli verso un ricco guerriero, o una preda con le la schiena al muro, se questo stesso è pronto a piantarti un coltello alla schiena quando giri le spalle?"

Gli Uruz sanno come trattare gli amici e chi ci dice di esserlo. I Venerabili ne sono la prova. Ma a queste domande il Maknar ci deve una risposta...

E così prima di socchiudere gli occhi il Toro esclamò:

"Gli infami e i bugiardi faranno la fine che fa ogni Alvar"

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COME VALANGA
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By Leonard Galavar
#55046
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IL CORNO TUONA.

CHE I SYSKAR CHIAMATI TALI E CHE I GUERRIERI SEGUITANTI LE ORME DEL CLAN URUZNIDIR SIANO PRONTI A RADUNARSI. IL MAKNAR ROSSO CI HA RICHIAMATI A SE.
IL MOMENTO ATTESO E' GIUNTO.


FAMA, GLORIA E TERRA VI ASPETTANO FRATELLI, AFFILATE LE ASCE E PREPARATE LE DRAKKAR, OGNUNO DI VOI AVRA' UN POSTO A SEDERE ALLA TAVOLA DEI CONQUISTATORI.

E' L'ORA CHE IL MARTELLO BATTA FORTE SUL FERRO, CHE IL FUOCO TEMPRI I CUORI DEI GLORIOSI GUERRIERI, CHE IL GHIACCIO CONGELI LE GAMBE DEI NOSTRI NEMICI PER POI ACCOMPAGNARLI LI DOVE TUTTO GIACE.

NESSUN SENZA ONORE POTRA' MAI PLACARE L'AMBIZIONE DI UN GRANDE GUERRIERO, QUANDO LA BATTAGLIA LO CHIAMA.

NESSUN PENSIERO, NESSUNA PAROLA E NESSUN AZIONE POTRA' MAI PLACARE LA FURIA DELLA VALANGA.

NESSUN ESSERE MORTALE POTRA' MAI TRATTENERE LE CATENE DEGLI ORSI NELLE PROPRIE TERRE, LA CACCIA CI CHIAMA.


L'INVERNO E'ARRIVATO.
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By Leonard Galavar
#56129
"Forte batte il cuore dei gloriosi guerrieri all'alba di una grande Battaglia"

Dopo la chiamata alle armi e la vittoria della grande Coalizione, gli Uruzson non si erano abbattuti.
In fin dei conti quella non era la nostra guerra ma sempre una delle tante in cui ci hanno chiesto di combattere per altri ideali.
Difatti il Clan aveva comunque vinto, finalmente la concessione di una terra da amministrare da parte dell' Impero Amoniano era un segno di grande fiducia reciproca. L'oro, la gloria, la fama l'abbiamo sempre posseduta, ma una terra da poter chiamare casa, dove piazzare le nostre effigi, era cosa difficile da ottenere. (viewtopic.php?t=9224)

Il Villaggio Uruznidir prendeva forma grazie alle abilità di Karl, il mastro carpentiere, costruttore delle grandi Drakkar dalle vele rosse. Il Clan si allargava, nuovi aspiranti Utvalg chiedevano di entrare tra le nostre fila consolidando le varie tecniche belliche, costruttive e logistiche che solo grandi esploratori conoscono.
Ma i tempi per affrontare una guerra non erano stati dei migliori. Oltre al sangue versato in scontri generati dalle ostilità delle fazioni, oramai anche la non-morte batteva un colpo alle porte di tutta Arda, eclissando ogni spiraglio di luce, rubando la speranza.
Le orde di abomini non-morti si stavano diffondendo per tutti i continenti, creando scompigli e disagi. Tutte le genti richiedevano supporto e protezione, la paura era forte e come una serpe genera disperazione.
Purtroppo l'umanità pecca di superbia e stupidità, invece di pensare al futuro della vita, preferiva pensare alla Conquista per pura brama di potere.
Quindi al termine di questa sanguinosa guerra l'obiettivo principale divenne difendere l'umanità dal Flagello che si stava scagliando sulle nostre teste. Difendere la nostra casa, rinforzando i confini, difendere le nostre genti, i nostri Syskar da questo profondo male.

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Cosicchè uno degli Utvalg del Clan Uruznidir, Trygve, il conoscitore dei mondi, si trovò sconvolto da codesti turbolenti avvenimenti. Il suo percorso di conoscenza delle Lande Grigie lo portò a volerne sapere di più riguardo la genesi di questo Flagello. Voleva ottenere la conoscenza, la verità...ETERNA. Il Clan stesso lo accompagnò alle porte di un luogo mistico e allo stesso tempo tenebroso, lì dove tutto giace.
Salutarono il giovane Utvlag, augurandogli Gloria eterna e la speranza di riunirsi al Clan più forte di prima.

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Tornato dal suo lungo viaggio in posti nascosti agli occhi umani dimenticati dalla vita, portò la conoscenza da lui assorbita anche al Clan, che difatti ne fu affascinato. Ammaliati da questo sapere ognuno di noi ne volle ottenere di più, sentirlo e possederlo.
Raggiungere la conoscenza delle Lande Grigie è sempre stato un incognita, una cosa vista con occhio cupo da molte persone, ma questo nuovo sapere ci portò ad accettare e concepire quel culto, quel credo, quell'eternità.

Fu così che piano piano dentro di noi qualcosa cambiava, con pazienza imparavamo a conoscere la vita oltre la vita.
Rispettandola ed Onorandola in onore di Vashnaar, il protettore delle anime perdute vaganti nelle Lande Grigie, concedendogli il posto che merita alla tavola Dorata, di fianco Danu e Aengus.

Giorni dopo, l'Utvalg Leden Toroson, ottenne il Tartan e le effigi del Clan, sfidando e sconfiggendo l'Hersir Dulbur in un duello glorificato dinanzi agli occhi dei grandi dei e diventò ufficialmente un Huskarl del Clan. Avere l'onore di sedersi alla tavola dei conquistatori non è per tutti, solo i più volenterosi e i più forti riescono a superare la Grande Prova.
Per primo decise di abbandonare il suo credo di origine Amoniana, basata su valori di giustizia oramai arcaici, superati, leggi ed ideali divini a cui il Clan non riusciva a dare concretezza.
Leden era rimasto estasiato dal credo del Clan e dalla sua tradizione e cultura e ne voleva conoscere le viscere più profonde tra cui la Dottrina Eterna.
Ascoltò e camminò insieme al conoscitore di mondi Trygve, il quale gli diede la conoscenza necessaria per potersi connettere con l'oltrevita, accompagnandolo in una visione del mondo che è assopita all'occhio umano, ma che riesce a donare una prospettiva completa della vita, e della vita oltre la vita.

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"LA VALANGA NON SI ARRESTA"
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By Leonard Galavar
#57697
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28 Adulain 287

Il cielo era ricoperto di stelle, Nyp vegliava sui guerrieri irraggiandone i volti donando forza e sicurezza
Gli Uruzndir siedevano intorno al grande fuoco del Villaggio di Chesire, brindando e festeggiando la venuta del giorno tanto atteso in quel luogo chiamato temporaneamente "casa".
L'ultima notte tra le praterie, con la calma e la pazienza della neve che lentamente ricopre il suolo, arrivò. Tutto era pronto. Dopo aver preparato la strategia di attacco, poteva iniziare l'operazione di conquista.
Le Valle verdi, seppur vissute da uomini che si fanno allietare dal veleno della brama di potere, hanno saputo donare molto alla Drakkar degli Uruzson. Le grandi amicizie fin qui costruite saranno il retaggio della grandezza del Clan.
Ma ora la grande battaglia stava giungendo, il bagliore dorato delle porte del Valhalla illuminava il campo di battaglia. L'unico rito propiziatorio concesso per un Nordico prima dello scontro è di festeggiare ed effettuare sacrifici in onore di chi presiede il Valhalla.
Così per tutta la notte prima di calcare e versare sangue sulla neve.

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29 Adulain 287

Il sole era alto, gli eserciti schierati, il muro di scudi pronto ad avanzare. Il Clan Uruznidir col supporto dei Venerabili e dei Leoni si preparava ad invadere la piana occidentale della Baronia, occupata dal Gigante Vrangnir l'esiliato e i dai suoi adepti dai piedi giganti.
Di fronte a loro Una fortificazione di legno dalle mura alte, permetteva vari accessi. Pronti per la carica sul fronte laterale.
Gli huskarl degli Uruznidir comandati dal Maknar Thorgun erano pronti all'assedio, ricolmi di ira.
Così, innegiando al grido della Valanga, iniziarono la carica.
Scie di cadavari venivano calpestati dai guerrieri. Le carcasse dei Titani ormai erano diventate un tappeto per gli Uruznidir. Il Toro degli Uru era famoso nel Clan per essere il più grande strappacuori di giganti. La battaglia fu straziante, i guerrieri Uruz, avanzavano senza remore. Seppur le palizzate sembravano giganti, la furia della Valanga non si arrestava di fronte a nulla.

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Una volta abbattuti tutti gli adepti, il Clan sopraggiunse ai piedi di Vrangnir, inizialmente seduto sul suo grande trono.
Poco dopo, con fare pacato, si alzò e venne incontro al Maknar Thorgun lodando le nostre gesta, poi, spiegò il motivo della sua permanenza in quel luogo.
Parlò di quel Villaggio, del potere Fiamma e dei suoi syskar ed infine della sua amata.
L'amore spesso ammala l'anima, la mente e il cuore.
Vrangnir provò a farci redimere per allontanarci dalle sue terre, minacciando il Clan delle atroci sofferenza che egli stesso gli avrebbe causato...senza successo.
Purtroppo gli obiettivi del Clan non erano in linea con quelli del Gigante Vrangnir, il quale si era dimostrato arrogante e privo di rispetto verso il potere della fiamma Eterna e dei suoi fratelli.
Nell sua vita il Maknar ha sempre nutrito ammirazione per i Giganti del Nord già da quando si faceva chiamare Valdarsen; e soprattutto nutriva amore verso gli Uru, animali totemici del Clan. Quindi, alterato dal racconto di Vrangnir, ordinò subito la sua caduta. In particolare comandò di bruciare il cadavere congelato della sua amata, veleno nella mente di Vrangnir.

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Vrangnir l'esiliato fu abbattuto, il Maknar Thorgun Uruzson alzò la sua grande ascia e gli stacco la testa con un fendente. La prese e la lego alla sella del suo destriero.
I Guerrieri festeggiarono in onore di Danu, Aengus e Vashnaar. La potenza del fuoco del ghiaccio e del Caos avevano dominato il campo di battaglia.
Al suon della vittoria arrivata come una valanga, Dulbur e il Toro, i due Hersir, infiggerono gli stendardi Clan urlando :"La piana ora è degli Uruznidir".
L'urlo della valanga rimbombò per tutta la vallata come il rumore del martello di Aengus che batte sull'incudine.

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14 Madrigale 287

Oltre che esploratori e guerrieri, gli Uruz sono anche esperti nell'arte della sopravvivenza. Gli Huskarl costruirono un campo di fortuna.
Lasciata qualche guerriero a difesa dell'accampamento, il restante del Clan cavalcò fino alle porte del Villagio dei Giganti del Nord.
Lì furono accolti da Angborn figlio di Tanalgar, il capovillaggio. Subito riconobbe le insegne portate dai guerrieri. Lieto delle nostre gesta fece i complimenti a Thorgun, oramai la voce della nostra conquista aveva gia raggiunto le orecchie della Baronia. Alzando un braccio al cielo, ci invitò dentro il villaggio per diquisire.
Come promesso, il Maknar portò in dono la testa di Vragnir, in segno di fiducia e rispetto. Dovuto al proprio confinante.
Angborn fu estasiato dalla nostra conquista e dalla disfatta dell' Esiliato, ma allo stesso tempo amareggiato per la perdita di un fratello.
Di sua volta, Angborn riconsegnò la testa di Vragnir offrendo la stessa come Trofeo per abbellire le Sale del Clan in onore dell'amicizia tra i due Villaggi.
Non facendoselo ripetere due volte il Maknar annuì, in segno di rispetto.
Effettuati i convenenvoli tradizionali, il Clan Uruznidir tornò al suo accampamento nella piana occidentale appena conquistata.

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20 Granaio 287

Il tempo scorre velocemente e come un serpente marino si muove veloce la tra le onde, la valanga riesce a sotterrare ogni falsa ingiuria.
Un nuovo avamposto stava nascendo e con la benedizione della runa che fin oggi ha guidato il Clan nelle sue grandi imprese così si scelse di mettere le radici nelle bianche nevi. Da un campo di fortuna, si trasformò in un vero e proprio villaggio fortificato.

ɄⱤɄⱫ฿ØⱤ₲, la casa degli Uruznidir, stava prendendo vita. Con le abilità del mastro carpentiere Karl, gli huskarl avevano eretto una fortificazione che permetteva la sicurezza della vallata da occhi ed atti indiscreti. La grande tenda dove sarebbero stati effettuati i Thing era stata posizionata. Un grande molo fu costruito così da poter far attraccare le grandi drakkar del Clan, la grande flotta armata che avrebbe preso il controllo dello stretto tra il Doriath e il Continente Umano.
Col tempo la voce della crescita del Clan faceva il giro della Baronia, molti uomini del Nord liberi ancora fedeli dei Sette, raggiungevano i confini chiedendo di poter vivere da uomini liberi nei territori del Clan, offrendo le proprie abilità.
Oramai il Clan Uruznidir non era più solo una Drakkar, ma una verità solida ed unica. Un essenza viva e pulsante, un cuore che batte infuocato in una tempesta di ghiaccio, con violenza, imperterrito. Finalmente il richiamo della Valanga poteva risuonare con un eco infuriato tra le vallate della Baronia.
Il boato dei corni del Clan poteva cavalcare tra le nevi perenni senza trovare sosta e raggiungere l'orecchio di syskar e suver, figli del Nord, che desiderano vivere come uomini liberi, in onore dei Sette e del Valhalla.

Il momento è giunto, la Valanga è arrivata.

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By Thorgun
#58555
Mi guardo attorno e noto i venti del caos distorcere il mare della coerenza. Durante i nostri viaggi sono innumerevoli gli eventi dei quali siamo testimoni eppure saldi sulla nostra rotta abbiamo perseverato in queste maree turbolente: nani ed elfi, pirati ed amoniani, gente di Helcaraxe ed elfi e ora Hammin ed Amoniani... Forse è la compassione di Awen che ha preso il sopravvento o soltanto un gioco di potere finalizzato ad opprimere coloro che non sono disposti a barattare la propria storia per la convenienza? D'altronde nessuno si è mai voluto ergere a salvatore della storia dei popoli... ma che colpa può avere chi, grazie a quella storia, ha trovato il sentiero per evolvere la propria.
Uruznidir! Questo noi siamo... la runa della forza che si alimenta nella tenacia. Come valanga travolgiamo ogni cosa ostacoli il nostro cammino... come una nave che sospinta dai venti non teme la forza contrastante delle correnti... come un fiume che non conosce ostacoli e libero prosegue sino alla sua foce… tutto questo per dar significato a quella parola che in molti citano ma pochi sono coloro che sono disposti a combattere per essa e difenderla...''LIBERTA''. Oggi gli uomini delle chiese mi giudicano, gli araldi degli dèi, contestano gli usi e i costumi dei miei fratelli che danno nomi diversi a quelli che sono idoli sacri, ma che restano gli stessi nella forma e nel loro significato. Rimangono però distratti nell’osservare quanto un danuita perseveri il messaggio della sua dea. La stessa che ha alimentato la forza degli oppressi, divenendo il simbolo di alcuni regni e plasmandone la leggenda degli uomini che li popolarono, i quali spezzarono con la forza il compromesso di quiete che gli veniva imposto con le catene.

Per questo accetto il giudizio degli dèi senza alcun timore, perché essi sono esenti da queste debolezze! Possa essere questo il momento in cui la verità si fa strada tra gli ignobili sussurri per dare a tutti contezza della mia storia, del mio clan e della natura degli uomini che lo popolano. Possa il nostro messaggio essere un esempio verso i pavidi e una speranza verso i forti che non hanno il coraggio di reagire... Possano i signorotti di Hammerheim comprendere nuovamente che l'atteggiamento di dominio e controllo su chi è nato libero, non gli porterà giovamento ma li condannerà a ripetersi in una storia in cui hanno già mostrato pentimento... Noi non siamo diversi da coloro che ci hanno preceduto... abbiamo solo la colpa che il mondo in cui viviamo facilmente dimentica...

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By Thorgun
#59181
Il mio tempo scorre con la stessa costanza di un fiume che percorre le valli, inesorabile e indifferente agli ostacoli porta con se tutte le fasi di una tumultuosa vita che tra rapide e cascate ha forgiato un ideale.
Ho conosciuto la via della rude forgia di Aengus che con costanza batte su un pezzo di ferro fino a rendendolo una letale arma e tra le maree ho appreso il dono della madre, sussurrato dai suoi venti e sorretto dalle sue onde. Ogni essere dal suo primo respiro viene preparato a coglierlo, ma non tutti hanno quella forza per sostenerlo specialmente nell'era in cui viviamo.
Hanno detto di me ogni cosa, parole intinse di veleno che hanno cercato di sporcare quanto di più puro e sacro possa compiere un uomo che vive e combatte per sostenere gli ideali della propria famiglia.
Ma quel veleno ha attecchito nelle membra dei pavidi o di coloro che avevano piacere nel lasciarsi corrompere da quel dolce sapore acre che nascondeva tra le sue esalazioni la ricetta del potere.
Vivi pure di questo effimero potere piccolo lord corrotto, accerchiati di piccoli uomini che sanno sentirsi forti solo se sono in tanti, vivi come un gregge bisognoso del bastone del padrone che possa proteggerli in recinti fatti di pietra...Ma bada bene a dove rivolgi la testa della tuo vincastro perché per quanto possa essere temuto dai pavidi, sarà visto come sfida tra i forti. Essi non hanno bisogno di mura, ne di viscidi accordi e mentre voi siete cresciuti nell'agiatezza, il popolo dei liberi è stato temprato dalla vita selvaggia e dalle tempeste. Avete i soldi, le armi da assedio e le grandi alleanze, ma a cosa vi serviranno quando dovrete viaggiare fra impervie foreste o navigare tra gli incerti mari affrontando le grandi tempeste. Oggi vi crogiolate nel vedermi qui come agnello sacrificale esponendomi come un trofeo dinnanzi i vostri amici, vi lordate di un successo che non vi appartiene solo perché nella mia stupidità ho creduto nella parola degli uomini che millantano di rappresentare gli dei.
Essi sanno perché combattuto e sono distanti dai vostri effimeri giochi politici. Stolti voi che non temete di usare la loro parola per accreditare i vostri scopi, ma arriveranno coloro che privi da ogni interesse materiale vi presenteranno il conto di tutte queste malefatte...
Possano queste fiamme far si che la luce di questo scempio giunga forte in ogni angolo del creato. Possa questo mio urlo di dolore risvegliare gli animi e far ribollire il sangue a coloro che tra le membra portano il retaggio degli eroi che hanno combattuto per gli ideali di liberta. Insorgano i mari, si destino le foreste e dalle grandi vette giungano le Valanghe perché l'ora è giunta! possa questa oppressione finire con la stessa velocita con cui è iniziata CHE L'IPOCRISIA VENGA LAVATA NEL SANGUE!
MADRE! IL FUOCOOOOO *urla di dolore*! DONAMI LA FORZAAAAAA ARGHHHHHHHHHHHH!
Cosa succede? Sono giunto nell'abisso azzurro della grande madre? Ho sbagliato qualcosa? sta per iniziare l'eterna tortura? la mia pelle! non brucia più? le mie carni sembrano aver trovato sollievo nell'abbraccio delle acque cristalline.... le mie ferite si rimarginano la mia essenza si ricompone il mare mi riporta tra i vivi non è ancora finita!
Inspiro a pieni polmoni la vita che mi viene donata...Ella è Grande! Ella ha visto!
Questo respiro non sarà sprecato!
Battersi per la LIBERTA' SENZA ALCUNA TREGUA! DANU HOFDINGI!

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By Leonard Galavar
#59237
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Ciò che ne rimaneva era polvere.

Le orde orchesche oramai stavano destabilizzando tutta Ardania, compresa buona parte della Baronia. Uruzborg, il villaggio del Clan costruito con ardore e tenacia, era stato devastato dalla pestilenza dei porci verdi. Il loro numero, la loro moltitudine è riuscita a depredare e distruggere ogni cosa.
Fumi e cenere volteggiavano in aria. Odore di legno e tende bruciate riempivano i polmoni.
Le battaglie combattute oramai segnavano il Clan come tagli sulla pelle.
Ma mai come questa volta. Molte guerre sono state combattute da quando il Clan ha lasciato Helcaraxe. Vinte o perse per molte volte è stata affrontata la stessa sorte sempre con la stessa voglia rivalsa grazie alla resilienza.
Però la delusione cresce forte in ogni uomo, d'altronde nessun umano è immune dal provare quel sentimento.

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Stupidamente l'errore che fanno in molti è sottovalutare la forza del Clan. La testa di un Uruz non si china mai ad implorare perdono, perdendo la libertà di scrivere un capitolo della sua storia.
La superbia di chi pensa di possedere il potere o la forza non ha nulla a che vedere con l'audacia di guerrieri motivati dall'ardore della guerra.
Non esiste ingiuria o diffamazione che può scalfire la pelle di un singolo membro del Clan.
Non esiste potere al di fuori di quello dei sette che possa uccidere lo spirito di conquista che vive in ogni guerriero del Clan.
Non esiste uomo che possa spezzare l'unione degli Huskarl del Clan.
La disfatta non avrebbe mai fatto infrangere il sogno di possedere una terra libera, di possedere quella terra libera.

Al grido dei grandi guerrieri del Nord diverse persone stavano facendo marcia verso Uruzborg.
Vecchi amici, vecchi guerrieri, vecchi hulfendar sentirono l'eco delle nostra urla. Memori di vecchie promesse mai infrante si mossero per dar manforte e sostegno al Clan.
Vivendolo come se fosse la propria casa e la propria famiglia.
Bisognava riorganizzare l' assetto logistico di Uruzborg.
Ricostruire le fortificazioni, vedette, abitazioni, cancelli. Mastro Karl si sarebbe dato ben da fare insieme all'aiuto degli Huskarl.

Con l'aiuto di Venicius, che fu Von Kessel, un mercato stava prendendo vita, il Clan vantava di artigiani leggendari famosi in tutta Ardania, e forse questo era il momento giusto per offrire anche agli stranieri le mercanzie di cui disponevano con gelosia. Dalla tipica cucina del Nord alla produzione di armature di ogni tipo, armi ed archi di fattura eccezionale. Dalle più potenti pozioni esistenti alle più resistenti drakkar che abbiamo mai solcato i mari, in grado di risalire i fiumi tagliando le onde.

ɄⱤɄⱫ฿ØⱤ₲ è lì, sotto gli occhi dei Sette!

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