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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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#53067
Era tanto tempo che Valdir non varcava la soglia dei cunicoli dei Vilderon, quel groviglio puzzolente di condotti che si incuneano nel ventre della terra fino ai suoi segreti più reconditi. Era ora di preparare la bisaccia, raccogliere qualche esemplare di muschio e incamminarsi.
Si decise un giorno del mese di Lithe, la bella stagione lo invitava a muoversi per le ampie lande di Ardania. Evitava come era solito fare da anni e anni i grandi agglomerati urbani, preferiva la vita tranquilla in mezzo ai boschi, la pietra dura delle sue montagne del Nord e la calda sabbia dei deserti di Tremec. I territori elfici pare che stessero sobbollendo, tanti eventi stavano accadendo dentro e fuori le mura di quelle grandi città.
Era giusto togliersi il dubbio che qualcosa non stesse accadendo proprio dai Vilderon, dal momento che da qualche tempo avevano avuto l'ardire di vivere fuori dalle loro tane anzichè rimanere al loro interno, protetti dal sole e dai fendenti dei cavalieri.

Viaggiò leggero e rapido, solcando i mari dalla rinnovata baita delle Terre Selvagge; qualche razione di pane, acqua, un largo mantello, il necessario per prendere qualche appunto di quello che avrebbe visto. Attraccò sulle sponde elfiche, vicino al circolo dei Druidi a sud di Rotiniel. Salutò brevemente i compagni e si mosse, scaldato dal calore di quelle giornate e rincuorato dalla vicinanza dell'Ordine.

A differenza dei giorni precedenti, i Vilderon non stanziavano più all'esterno della loro grotta. Tutto pareva calmo e tranquillo, un pessimo segnale. Una volata di vento all'ingresso della grotta lo colse di sorpresa, come se lo volesse frenare dal muovere i passi. "In effetti sono stato troppo avventato" si disse "non ho compagni con me, diventerei solamente carne da macello".

Una grande ombra lo investì, non fece in tempo a concludere i suoi pensieri che Tyche gli atterrò affianco con un fragoroso boato. I due compagni di avventure non dissero nulla, si limitarono a guardarsi. Avanzarono, il vento non li trattenne. Scesero, furono accolto dopo molti e molti passi da qualche sparuto gruppetto di Vilderon, che pareva combattere non per frenare il nuovo arrivato ma per trovare una via di fuga da quelle gallerie. Che accadeva?
I due avanzarono nuovamente, andando incontro ad un fetore via via crescente. Le caserme dei Vilderon parevano vuote, solamente qualche lavoratore era intento a forgiare metalli grezzi in piccoli lingotti dorati, nemmeno accorgendosi di chi o cosa avesse intorno, ormai cieco dal duro lavoro al buio perenne in profondità, concentrato solamente sulla propria avidità.

Camminarono, svoltarono, discesero scale ed evitarono trappole, caricate per qualche sfortunato avventore di passaggio. Pareva però ormai quasi tutto abbandonato. Giunse, per quello che poteva ricordare da sue precedenti visite, a quella che sembrava la fine di quella prima lunga serie di tunnel: notò qualcosa di strano, non solo un grande fetore, che non ricordava affatto in precedenza, ma anche un calderone che stava sobbollendo lentamente. Sembrava come l'antro di un evocatore, di uno studioso, di un mago o di uno stregone.

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Decise di indagare andando ad ispezionare una libreria dove era riposta una lucente pergamena bianca. La srotolò con cautela e notò dei semplici disegni raffiguranti oggetti che potevano essere presenti in quelle gallerie. "Che fosse una ricetta per la zuppa di Vilderon?" si chiese dubbioso "non ha un gran aspetto, è troppo densa, e nemmeno un gran odore, perfino Tyche cerca di tapparsi le narici con le ali".

Si mosse alla ricerca nei cunicoli di quegli oggetti, immaginandosi chissà cosa. Con cautela, rinvenne qualche esemplare di radici (anche se parevano cipolle, anzi ne era sicuro), qualche bozzolo di tela di ragno, piume e altri ammenicoli. Tornò al calderone e come per scherzo agitò gli oggetti raccolti e li lanciò nel liquido che sobbolliva. "Speriamo cambi colore, potrei rivenderlo al Monastero come unguento scacciamali"

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Il pensiero però nemmeno si concluse nella mente di Valdir che il calderone cominciò a produrre fumi, bolle gigantesche e crebbe, crebbe, crebbe fino ad uscire dal pentolone, la fiamma avvampò: ebbe inizio l'incubo.

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Apparve dalle fiamme un mongbat, pareva malconcio e malmesso, dietro di lui comparve una enorme figura nera, ricurva su un bastone.

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Valdir non aveva le forze per muovere un singolo muscolo, osservò la scena. La grande figura nera scosse il capo, come indispettita dalla presenza di quel mongbat deforme, pronunciò qualche parola incomprensibile ed il mongbat si sciolse nel liquido della pentola. La figura nera agitò il bastone, pronunciò altri termini incomprensibili, alzò lo sguardo su Valdir gelandogli il sangue per un istante. Pareva potesse perdersi nella profondità di quello sguardo tetro e glaciale.

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Non si perse d'animo e si lanciò all'attacco, seguito dal fidato compagno di avventure. Lo scontro fu lungo, duro, dovette arretrare più volte perchè la strega pareva una furia quando agitava il bastone, riusciva a comandare piani al di fuori dell'immaginazione del druido, richiamando a sé creature immonde e demoniache.

Furono inferti parecchi colpi devastanti ad entrambe forze in gioco, fiotti di sangue uscivano dal costato e dalle braccia di Valdir, ferito dagli artigli di creature che parevano gatti demoniaci richiamati dalla Strega nera. Dovette schivare più e più volte boccette contenenti vari liquidi puzzolenti e vischiosi, allo schianto erano in grado di ingrangere rocce e massi. Richiamando le forze della natura, Valdir riuscì ad avere la meglio sull'ombra, che appunto si dimostrò essere solo ombra. Quando si ritirò nel suo piano demoniaco, non lasciò nulla dietro di sè se non qualche esemplare di pozione che era stata lanciata fino a pochi attimi prima.

Valdir si riprese con fatica dallo scontro, bendandosi le ferite sanguinanti, riparando gli strappi nell'armature e lenendo le ferite del compagno. Aprì la sua capiente bisaccia, raccolse con attenzione le pozioni cercando di non romperle, decise di eseguire qualche schizzo dell'ambiente circostante e di fare ritorno alla baita per riposare per dieci giorni filati. Al suo risveglio, però, avrebbe avuto le stesse domande che lo attanagliavano: chi era quella Strega? Come era stata richiamata dal calderone lanciandoci dentro solo qualche oggetto recuperato in giro? Erano magie conosciute su Ardania o antiche conoscenze ormai perdute?
L'Ordine aveva un nuovo compito, tanti studi e tante persone da incontrare. Haramiel sarebbe stata la prima ad essere avvisata.
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