"Le nostre parole sono vento, e i nostri passi sono ombre".
Nel silenzio delle ere, tra le radici dell’oblio e i frammenti dell’antico potere, l’Ordine dei Primi Nati sorge come fiamma che non conosce estinzione.
Noi siamo coloro che ascoltano l’eco dell’Unico, colui che precedette ogni canto e ogni luce, e a Lui dedichiamo la nostra essenza immortale.
Nasciamo dal desiderio inestinguibile di ridare voce al culto dell’Unico, di risvegliare l’imperialismo perduto che un tempo dominò le sacre terre di Doriath, dove solo il sangue elfico era degno di regnare.
Il nostro verbo è sussurrato agli ignari, come veleno e verità insieme:
a coloro che per secoli hanno vissuto immersi in menzogne, noi offriamo la rivelazione.
Beltaine e Suldanas, simboli corrotti di invidia e gelosia, cadono dinanzi al riflesso dell’Unico, colui che fu marchiato “malvagio” da lingue infedeli e cuori impuri.
Ma noi sappiamo: quando il Tullip arderà e le sue fiamme purificheranno il mondo,
i falsi dèi verranno consumati,
e soltanto l’Unico donerà la vita eterna ai suoi figli fedeli.
Così nasce l’Ordine:
un vincolo di sangue e di ombra, di dolore e di gloria,
tra coloro che incarnano la Verità Assoluta.
Una verità che si nutre dell’odio, della sofferenza e della consapevolezza,
custodita da chi ha camminato troppo a lungo tra le menzogne degli uomini e degli eldar decaduti.
Noi siamo i Primi Nati.
Noi siamo la lama nell’ombra.
Noi siamo la voce che sopravvive al silenzio.
I Primi Nati cominciarono a prendere piede in un momento di apparente chaos. Secondo alcuni eletti, la mancata unione e collaborazione tra i due popoli permise in maniera più accentuata a branchi di ribelli, banditi e tagliagole di insozzare le terre del doriath. Una punizione, come molte altre nei secoli, a dimostrazione di un errato modo di vivere. Il concatenarsi di eventi, accese uno spiraglio di luce e provocò il desiderio di un seguace di uscire allo scoperto. Un'idea creò un messaggio, il messaggio creò un intenzione e a poco, ogni bachecha cittadina del Doriath fu manifesto di un desiderio di Adunata.
"L'armonia di queste terre sembra disturbata ormai da decenni ed in particolar modo in questo periodo: uomini, barbari e sudici individui calpestano le nostre terre e pare, a prima vista, che vi allontanino dall'idea e dalla convinzione, dalla certezza che la nostra stirpe è superiore. Ben distanti Dal Caneldarion. Con stupore e rammarico osserviamo la tendenza di alcuni di mischiarsi con questa marmaglia, ancor più distante dalla natura animale ma più simili ad esperimenti utili alla distruzione della loro stessa razza. Al momento, potremmo pur sorvolare a denti stretti l'insana accoppiata ma infine, affacciandoci fuori dalle nostre amate e protette mura, scoperte e visibili alla luce del giorno, mi chiedo: Accettate che queste zozze creature spargano il sangue della nostra amata stirpe? Accettate che banditi, mercenari, tagliagole si riuniscano nell'Hildoriath ad uccidere chi a noi più caro? Dunque, seppur titubante e furioso nell'osservarvi tra le vostre lontane amicizie vi dico: Eldar, uniamoci e dominiamo contro queste deboli creature e lasciamo che il dolore e la sofferenza si mostri sui loro sgraziati volti.
Cercateci dove la notte è più intensa, dove non vi sono mura a proteggervi ma solo la vostra lama e ambizione, dove l'unica certezza è la superiorità della nostra razza che continuerà a dominare su chi è inferiore. Saremo noi a trovarvi. Il tempo per farvi comprendere la verità è dalla nostra parte, meno è il tempo utile per distruggerli. La loro vita è breve e non merita di terminare con un solco lungo il viso. I Primi Nati." Il messaggio portò incertezza e confusione agli occhi dei popoli protagonisti ma nel medesimo tempo permise a coloro cui sentimento e desiderio era reciproco di ricercare l'autore del messaggio. Thalad-Rakhum, con un sorriso lungo il viso e alle sue spalle la Cava Nera accolse gli eldar giunti. " Non siete qui per uccidermi ne per catturarmi, dunque cosa vi spinge in luoghi così oscuri? "
La conversazione aprì il sipario ad accese e profonde emozioni che conclusero in una frase precisa e diretta.
" Benvenuti dove la luce è possibile vederla solo ad occhi chiusi ".
L’ordine dei Primi Nati, dopo una lunga migrazione, costretti a causa delle loro attitudini offensive ed il loro fanatismo plasmato dal culto del Primo Nato, si trovarono ad insediarsi come ospiti del popolo di Luughnaasad nella Valle Terathan nel Doriath del Sud.
Per svariati cicli si trovarono costretti ad arrangiarsi in una sorta di tendopoli arricchita da reliquie religiose e artefatti antichi riconducibili al culto di Luugh. Il 4 Yavannië 10^ parte della 23^ Fioritura l’Ordine dei Primi Nati ebbe modo di entrare nei sotterranei di Luughnaasad e conoscere l’antica Genesi: pilastro fondamentale del culto Mornedhil e precedentemente dell’Ordine delle Ombre.
Il 4 Yavannië 10^ parte della 23^ Fioritura fu un evento chiave per l’Ordine dei Primi Nati, in quanto pochi giorni a seguire si identificarono e ufficializzarono su Ardania come Ordine Religioso del culto di Luugh, aprendo la tendopoli e la loro torre ad ogni futuro o nascosto fedele del Doriath.
L'obiettivo dell'ordine è diffondere il culto attraverso i dettami dell'Unico. Non vi è forza dove non c'è conoscenza. Non vi è verità dove non c'è cultura.
Che sia un sussurro, che sia sospetto, che sia il veleno nell'orecchio di chi ascolta, I Primi Nati ne portano gli onori.
Odio e Sofferenza ne sono la base ma non vi è stirpe se non vi sono eldar. La dominazione può avvenire solamente con la pazienza, la lungimiranza e la saggezza.
Il Doriath dovrà tornare a vivere l'imperialismo ed ogni eldar dovrà comprendere quanto il sangue della stirpe elfica è superiore a qualsiasi razza.
Tutte le razze al di fuori di quest'ultime vengono viste come inferiori e da allontanare con qualsiasi mezzo.
Storia di oltre 4000 anni prima dei Falò senza Luce, evento che bruciò e cancellò la storia antica degli Elfi:
“I Decadenti predicavano l’avvento delle nuove razze, la morte degli dei elfici e l’estinzione della stessa razza elfica. Loro, quindi, erano assolutamente disposti al patteggiamento ed al ritiro interiore, lasciando spazio a tutte le altre creature che loro stessi si sentivano spinti ad aiutare a crescere. Gli Imperialisti al contrario erano fautori del dominio elfico. La tecnologia progredita e la forza della conoscenza, sia magica che culturale, dovevano bastare a dimostrare che gli elfi dovevano guidare le altre razze e sottomettere quelle che non si piegassero al loro volere. Ǫuesto nonostante gli dei non si mostrassero loro da molti millenni. Le due fazioni hanno sempre potuto vantare elementi di notevole rilevanza, e la loro caratteristica ispirazione cospiratoria le portava a piazzare pedine importanti nei governi o nelle istituzioni, per far trionfare la loro causa”.
Ǫuesto tipo di Imperialismo “antico” vedeva come massimi esponenti i Drow ed in seconda battuta nei Ǫuenya soprattuto nella figlia di Finwerin Aredhel, Ninque Heri imperialista.
I Decadentisti sparirono dopo i “Falò senza Luce” rimanendo spauriti gruppi di elfi oramai spersi o rifugiati tra i Briganti del Tasso.
I Ǫuenya invece col tempo hanno scoperto un Imperialismo moderato, quello che oggi si definisce del Cielo:
Vagamente più tendente all’imperialismo antico, dove l’egemonia della razza Elfica è auspicabile, anche con metodi violenti.
Riportare l’Elfo ad una coscienza religiosa di verità disvelando il grande inganno della creazione ad opera dei due Dei incestuosi, e riconoscere Luugh come divinità suprema della creazione, così da convertire alla verità tutte le stirpi elfiche.
Questa presa di coscienza può contribuire ad una maggiore coscienza razziale e storica dell’Elfo di ogni etnia, che possono sperare nel riequilibrio di Ardania come guide supreme ed egemoni sulle altre razze.
Immagine vivente del desiderio e della volontà di coloro che scelgono di seguire la Voce del Primo, è la fiamma che guida e consuma, la mente e il cuore dell’Ordine dei Primi Nati.
Non è soltanto il fondatore, ma la manifestazione spirituale del Verbo, il volto del Primo tra i mortali.
In lui si fondono il dogma e la visione, la disciplina e la furia creatrice.
Egli è la Guida Suprema e il Manifesto Ideologico dell’Ordine, colui che traccia le vie dell’Oscurità come un araldo della volontà divina.
Conosciuto anche come il Nero Signore, l’Herumor presiede il Concilio delle Ombre, dove i vertici si riuniscono per custodire l’equilibrio delle sfere.
La sua parola è legge e profezia, la sua presenza un sigillo di potere: egli parla e l’ombra obbedisce.
E’ il Custode dell’Odio Purificatore, colui che trasforma il rancore in forza e la rabbia in fede.
È guida dei nuovi eletti, pastore e giudice, che conduce i suoi discepoli nel cammino della rinascita attraverso il fuoco.
A lui spettano i riti del sangue e le cerimonie del sacrificio, perché solo tramite l’offerta e il dolore si apre la via alla conoscenza del Primo.
Tauramore è il guardiano della dottrina e il forgiatore delle menti devote; plasma i corpi e gli spiriti con la stessa ferrea volontà con cui domina la fiamma.
Nelle sue parole arde la fede, nei suoi occhi brucia la promessa del potere.
In assenza dell’Herumor ha pieno potere sulle azioni e sviluppi dell’Ordine.
E’ la Prima Ombra e Signore dell’Arcano.
A lui è affidata la conoscenza antica, la via della mente e della magia.
Egli è colui che scruta l’intreccio del mondo e ne piega le leggi, custode della verità sul dono.
Minya Hamok istruisce gli eletti nei misteri della manipolazione arcana e nella disciplina della parola segreta.
La sua mente è un labirinto di luce e tenebra, dove ogni pensiero è un incantesimo e ogni silenzio un giuramento.
Sotto la sua guida, gli eletti imparano a dominare il potere e a diventare parte dell’Oscurità stessa.
In assenza dell’Herumor ha pieno potere sulle azioni e sviluppi dell’Ordine.
Dalle Ombre supreme si dipartono i rami dell’Albero Gerarchico, e su di essi si ergono gli Emissari, corpo d’élite e voce del Concilio.
Essi incarnano la volontà dell’Herumor, strumenti della sua visione e araldi della dottrina.
Sono guerrieri, veggenti e assassini consacrati, la cui fedeltà è tempra e la cui esistenza è missione, distinti per le loro abilità innate.
(Fede – Luugh)
Roquen More è la lama che colpisce nell’ombra, il portatore della fiamma fredda dell’Odio e la mente che orchestra la volontà del Concilio.
Essi si distinguono per la calma imperturbabile e per la capacità di vedere oltre il momento, guidando gli Avathar e le missioni più oscure dell’Ordine con disciplina e lungimiranza. Sono i bracci operativi di Luugh, la Fede del Silenzio e della Strategia, dove ogni gesto è calcolo, e ogni parola un giuramento pesato con la lama dell’intelletto.
Nelle loro mani, la guerra diventa arte e la corruzione una semina sottile che germoglia col tempo.
Essi non cercano la gloria immediata, ma la vittoria inevitabile — quella che cresce invisibile, fino a soffocare ogni luce.
Roquen More trasforma la fede in azione e la parola in ferita.
Meditano ogni passo, lasciano che il tempo stesso diventi arma e sentenza. Sono l’Odio paziente, l’incarnazione della mente che osserva, decide e poi colpisce senza esitazione, quando tutto è già compiuto.
(Fede – Kheltra)
Roquen Morion, Araldo del Sacrificio e Portatore del Dolore, è l’altra metà dell’Oscurità. Dove More pianifica, egli agisce; dove l’uno attende, l’altro colpisce. La sua è la via di Kheltra, la Fede della Passione e del Martirio, che insegna che solo attraverso la sofferenza l’anima si purifica e raggiunge la verità.
Morion non conosce la misura né il calcolo, perché la sua saggezza è nel dolore stesso. Le sue tecniche sono feroci e rituali, i suoi metodi crudeli come la verità che svela. In lui vive la Regina del Dolore, e nel suo cammino si aprono le ferite del mondo. Egli è la voce che interroga l’anima e la mano che misura il prezzo della fede. Dove passa, la menzogna svanisce e resta soltanto la nuda essenza del credente: il corpo provato, l’anima denudata, la verità sanguinante.
Roquen Morion è il Dolore che redime, la passione che consuma e forgia. Il suo sguardo lacera la debolezza, la sua parola incide il peccato. In lui vive la furia sacra del sacrificio, l’urlo divino che trasforma la sofferenza in potere.
Luugh rappresenta l’odio, la sofferenza e la perfezione estrema. È la Fede dell’intelletto severo, della volontà cristallina, del sacrificio che forgia la potenza. I suoi devoti trasformano il sangue e la tormenta in mezzi per ascendere — perché nell’agonia scoprono la verità, e nel silenzio dell’attesa trovano la vittoria.
Kheltra è la Fede del corpo, del dolore manifestato, della corruzione al contempo strumento di rinascita. I suoi seguaci abbracciano il tormento come rito: nel dolore esplorano la nuda essenza, nella ferita tracciano il loro giuramento al Sacro. Per loro l’anima non si rivela nella calma, ma nel grido che rompe l’ombra.
Così, More e Morion sono i due volti della stessa volontà: la mente e la carne del Concilio, l’Odio che osserva e il Dolore che agisce.
Due strade, un solo fine: il trionfo del Primo e il compimento dell’Ombra.
Gli Avathar sono l’anima viva dell’Ordine, l’esercito silente dei devoti.
Essi incarnano la via del Codice e vivono secondo i tre veli: Odio, Dolore e Conoscenza.
Sono coloro che non temono la dissoluzione, perché nell’oblio trovano il compimento della volontà del Primo.
Ogni Avathar è un seme di potenza, destinato a salire tra i rami dell’Albero e divenire Emissario, Ombra o Patrono.
Nelle loro fila, l’Ordine trova la sua forza, il suo respiro e la sua continuità.
Infine, la Prole Oscura, o Erde Mornie, rappresenta l’inizio del cammino.
Sono gli Iniziati, coloro che per primi aprono gli occhi sull’ombra e scelgono di abbandonare la luce del mondo.
Nel loro cuore nasce il seme del Primo, e nel loro silenzio germoglia la fede.
Erde Mornie è l’infanzia dell’Oscurità, il primo passo verso la piena consapevolezza.
Essi apprendono, servono, osservano — e da loro l’Ordine trae la linfa del futuro.
Ogni Prole Oscura è un frammento di potenza in divenire, promessa di ciò che un giorno sarà eterno.
I Primi Nati non sono un ordine celato, ma un legame di sangue e di spirito che trascende il tempo e la carne.
Essi camminano sotto la benedizione dell'Unico, vincolati da un patto eterno di volontà e di fede.
Prima d’ogni desiderio, d’ogni ambizione e d’ogni affetto terreno vi è l’Ordine: la sua voce è legge, la sua esistenza è destino.
Questo Codice non nasce per imporre, ma per ricordare — poiché in esso è custodito il respiro del Doriath e la disciplina che ne preserva l’essenza.
Chi indossa la Veste Porpora accetta di farsi simbolo vivente dell’Ordine, di incarnarne la verità e, se il fato lo richiede, di sacrificare se stesso affinché la volontà dell’Unico e dei Primi Nati non venga mai oscurata.
I Primi Nati vengono prima di ogni cosa. Obiettivi, scopi e conoscenze dell’Ordine restano celati; il loro segreto è sacro e va difeso anche a costo della vita.
L’ordine e la disciplina costituiscono la base di ogni azione. La mancanza di rispetto verso un confratello, un’istituzione o il Concilio sarà giudicata e punita con rigore, secondo il deliberato del Concilio stesso.
La salvaguardia delle terre del Doriath è un pilastro fondamentale dell’Ordine. Ogni iniziativa deve mirare a preservare la sua integrità, la sua memoria e la sua sacralità.
Esse vanno protette, onorate e custodite secondo i riti antichi.,
Il tradimento dell’Ordine è la negazione stessa del vincolo che ci unisce; chi tradisce sarà trattato secondo le norme più severe, fino alla condanna capitale deliberata dal Concilio.
Un insulto o un atto pronunciato contro il Padre o la Regina è considerato equivalente al tradimento: la fedeltà alle figure che incarnano l’eredità dell’Ordine è inviolabile e sarà difesa con pari fermezza.
Il Concilio è custode e arbitro del Codice. Le sue sentenze, frutto di consulto e voto, sono vincolanti per tutti i Primi Nati. Le procedure disciplinari rispettano i riti antichi; la clemenza è concessa solo quando l’onore e la necessità lo richiedono.
«Dinanzi all’ombra e alla luce, innanzi al giudizio dell’Unico,
io, figlio del Doriath, offro la mia voce, il mio sangue e il mio silenzio.
Giuro di servire la Volontà dell’Unico, di ascoltarne il sussurro e di seguirne la via,
anche quando il mondo tacerà e la luce sembrerà svanire.
Giuro sulla Veste Porpora che mi avvolge, simbolo di fede e di destino,
di custodire il Doriath, le sue terre e le sue sacre creature,
di onorare il Ragno Sacro, suo emblema e custode.
Che il mio respiro sia la sua parola,
che la mia lama sia la sua giustizia,
che la mia vita sia pegno della sua volontà.
E se mai dovessi tradire il mio giuramento,
che le mie stesse ombre mi reclamino,
e che il mio nome venga reciso dal filo del Ragno,
perché nessuna eco mi riconosca tra i figli dei Primi Nati.
Così parlo, così giuro,
davanti all’Unico, per l’eternità.»
Per ogni Primo Nato, la Veste Porpora non è semplice ornamento, ma sigillo vivente di appartenenza e di fede.
Intessuta con fili d’ombra e di luce lunare, essa reca sul dorso la raffigurazione del Ragno Sacro, antico simbolo di equilibrio e di potere.
Le sue trame raccontano il legame indissolubile tra oscurità e verità, tra il sacrificio e la libertà che l’Ordine proclama.
Chi indossa la Veste Porpora si espone al giudizio dei popoli elfici: non come ribelle, ma come manifesto incarnato di un'antica stirpe, libera dalle catene delle leggi e delle corruzioni che hanno avvelenato le terre del Doriath.
È un segno di rinascita, un grido silenzioso che sfida le vecchie politiche e le distorte gerarchie razziali, mostrando che il sangue dei Primi Nati scorre ancora puro, alimentato dalla fede nell’Unico e dal volere del Ragno Sacro che veglia sui suoi figli.
Chi la indossa accetta di intrecciare il proprio destino ai fili del Ragno, diventando parte della tela che unisce tutti i Primi Nati — custodi del segreto e araldi di un nuovo ordine.
La conservazione del Doriath è un pilastro fondamentale. Per poter diffondere il verbo e convertire le popolazioni elfiche ad un “Imperialismo Etico” è necessario mantenere un equilibrio e la salvezza del territorio. Far comprendere la verità e la diffusione del culto ha dei costi e spesso obbliga un eletto a dover reprimere i propri desideri per un bene futuro. Ciò che differenzia un eletto da un semplice fedele è la forza di volontà e a volte la condiscendenza per preservare e coltivare il proprio obiettivo e portarlo al termine mantenendo al sicuro l’Ordine ed il suo futuro.