Quandol’uomo fece la sua comparsa su Ardania, il continente era già dominato dal popolo elfico, che ne occupava vasti territori su entrambi i continenti. I Djaredin – il popolo di Djare – abitavano invece le montagne e le profondità nella porzione orientale del regno umano. Fu in questo tempo remoto che si verificarono i primi contatti tra la razza umana, giovane e in rapida espansione, e il popolo dei Djaredin, stanziato da epoche immemori nelle montagne dell’est.
I Djaredin, popolo fiero e temprato, abitavano non solo le alture ma anche le profondità della roccia, e da sempre mantenevano una distanza prudente dagli elfi, ai quali non erano né apertamente ostili né alleati. Tuttavia, l’arrivo degli uomini scatenò un ciclo di tensioni impreviste: furti, razzie e piccoli attacchi, alimentati dalla natura impulsiva degli umani e dalla loro disperata necessità di apprendere e sopravvivere in un mondo ostile.
Sebbene inizialmente danneggiati da questa irruente comparsa, i Djaredin si resero conto che il potenziale umano era ineguagliabile in termini di moltiplicazione, adattabilità e fame di conoscenza. Fu così che, spinti da un pragmatismo antico e da una rivalità mal sopita verso gli elfi, decisero di stringere un patto con l’uomo. Cedettero loro i segreti dell’architettura, dell’arte della forgia e della conciatura, in cambio dell’impegno a un’alleanza futura contro il popolo elfico.
Questo accordo, non ratificato da documenti ufficiali né proclamato pubblicamente, fu ricordato nei secoli successivi come “L’accordo silente”. Per più di un secolo, i Djaredin insegnarono agli uomini a lavorare i metalli, a costruire con pietra e legno, e a prepararsi per lo scontro che molti tra loro consideravano inevitabile.
Nel frattempo, tra le alte sfere dell’Ordine dell’Antica Via — una casta elfica di mistici e veggenti — si era già compresa la gravità della situazione. Si profilava all’orizzonte una guerra che avrebbe potuto cancellare uno dei popoli coinvolti: se non l’umano, allora il nanico o l’elfico. All’interno dei Djaredin stessi, i clan erano divisi sull’opportunità di procedere a uno scontro aperto. Solo il clan dei Tremil, noto per la sua intransigenza e aggressività, premeva affinché si abbandonassero ogni trattativa e si marciasse direttamente contro le città elfiche.
Fu allora che, con saggezza e visione, l’Ordine dell’Antica Via inviò un’ambasciatrice presso il primo condottiero degli uomini. La figura destinata a cambiare la storia fu un’elfa nota nei testi antichi come La Dama Bianca, rappresentante dell’Oracolo stesso. Con grande lucidità, ella patteggiò la ritirata silenziosa degli elfi dal continente umano, offrendo in cambio assistenza nella costruzione di nuovi insediamenti per gli uomini e aiuto in caso di carestie.
A una sola condizione: il giorno della battaglia, nessun uomo avrebbe dovuto presentarsi alle porte delle città elfiche.
Fu così che, segretamente, l’esodo del popolo elfico cominciò. Tuttavia, non passò inosservato. I Tremil manipolarono la percezione degli altri clan Djaredin, facendo credere che quella fuga improvvisa fosse motivata dal timore di una disfatta. Così, senza che gli uomini prendessero parte allo scontro, le truppe naniche si radunarono ai confini delle città elfiche, convinte di poter sferrare il colpo finale.
Quando giunse il giorno stabilito, gli umani rimasero fedeli alla parola data. Nessun esercito si presentò accanto ai nani, ad eccezione del solo condottiero umano, che si recò dal Re dei Djaredin per donargli la propria vita in cambio dello scioglimento del patto. Il gesto fu respinto o forse ignorato: i Djaredin, poco preoccupati dagli umani ancora arretrati e poco sviluppati, scelsero di lanciare comunque l’assalto.
Quando le armate delle montagne penetrarono le mura delle città elfiche, trovarono rovine e silenzio. Gli elfi, nel preparare la ritirata, avevano distrutto ogni bene utile, lasciando dietro di sé solo un contingente scelto: un reggimento di arcieri e i membri dell’Ordine dell’Antica Via.
Fu allora che si scatenò quella che nei testi elfici sarebbe stata ricordata come la Battaglia delle Generazioni, e nei testi dei nani come la Sconfitta Sanguinosa. I Djaredin, armati di acciaio e forza bruta, si trovarono di fronte all’antica potenza della magia elfica. La battaglia fu feroce, e si concluse con una schiacciante sconfitta dei nani, decimati nel corpo e nello spirito.
L’Ordine dell’Antica Via, sopravvissuto allo scontro, vegliò sul completamento dell’esodo elfico e riaccompagnò i prigionieri Djaredin superstiti nelle profondità delle montagne. A quel punto, l’Oracolo entrò in meditazione per due lunghi anni, cercando una via per assicurare la pace duratura su Ardania.
Durante quel tempo, gli elfi si accorsero di un nuovo e inquietante elemento: gli uomini erano in grado di apprendere i rudimenti della magia, a differenza dei Djaredin. L’Oracolo comprese allora che un futuro riavvicinamento tra nani e umani avrebbe potuto minacciare di nuovo l’equilibrio del mondo.
Fu decretata quindi la deportazione definitiva del popolo Djaredin su un’isola remota. Le grotte furono sigillate con antiche magie perdute, rendendo impossibile ogni ritorno alla superficie. Gli umani, ancora ignari della navigazione, non avrebbero potuto raggiungerli, e i nani, privi di magia, non avrebbero mai spezzato quei sigilli.
I pochi Djaredin sopravvissuti, perlopiù appartenenti alla parte più pacifica del loro popolo, furono così separati per sempre dalla luce. Sedati gli ultimi focolai di ribellione e uccisi i facinorosi, il popolo delle montagne fu cancellato dal ricordo dei viventi. Gli elfi raccontarono che tutti i nani erano morti nella battaglia e che i crolli nelle caverne avevano ucciso i superstiti, rendendo inutile ogni ricerca o salvataggio.
Nessuno mise in dubbio le parole dell’Oracolo, custode della verità assoluta. La Dama Bianca, rimasta al potere, governò con saggezza, assistita dagli ultimi otto membri dell’Ordine.
Intanto, i Djaredin, esiliati nel buio, diedero inizio a una nuova storia, nutrendo nei secoli l’odio per gli elfi e giurando vendetta per l’oblio forzato e l’inganno subito. Così ebbe fine il loro legame con la superficie, e cominciò la lunga attesa della nuova ascesa del popolo guerriero delle montagne.