In epoche remote, sei tribù barbare si misero in viaggio alla ricerca di una terra dove poter porre radici e fondare un insediamento stabile, forse ispirate dai primi esempi di civiltà stanziali che andavano sorgendo altrove. Salparono per mare, e fu il destino – o forse la semplice casualità – a condurle sulle coste di un’isola gelida e inospitale, che tuttavia divenne la loro nuova dimora. Lì, in un ambiente ostile e spoglio, i clan iniziarono a edificare un villaggio primitivo dove la sopravvivenza era una sfida quotidiana. Il clima era ancor più rigido di quello continentale e la terra inadatta alla coltivazione, ma l’isola celava ricche risorse naturali che, con fatica e tenacia, permisero alla popolazione di crescere. Uomini e donne, temprati dalla durezza della vita, unirono le forze per affrontare gelo e carestia.
La loro ascesa, però, fu bruscamente interrotta. Durante una delle celebrazioni tradizionali dei clan, fecero la loro comparsa i precedenti abitanti dell’isola: i Troll dei Ghiacci. L’attacco fu repentino e devastante, e in una sola notte la popolazione venne decimata. Quello che era iniziato come un singolo assalto si trasformò ben presto in una lunga guerra di sopravvivenza tra gli uomini del Nord e le mostruose creature. Dopo anni di conflitti sanguinosi, la presenza umana sull’isola era ormai ridotta al minimo: il villaggio non era che un accampamento, e gli insediamenti più lontani erano stati annientati.
Fu in quel periodo che si colloca la leggenda di Kurdan, guerriero del Clan Valdar, che decise di affrontare il proprio destino sfidando direttamente i Teschi Rossi, la più potente delle tribù dei Troll. Si narra che una forza divina osservò con favore il suo coraggio e gli concesse la propria benedizione. Kurdan si gettò nella battaglia con furia travolgente, abbatté numerosi nemici e infine affrontò il capo della tribù. La violenza dello scontro fu tale che il corpo del Troll fu dilaniato fino a renderlo irriconoscibile, instillando un terrore duraturo nei cuori dei superstiti. La tribù interruppe ogni ostilità diretta e si instaurò una tregua armata tra i Troll superstiti e i pochi membri rimasti dei sei clan originari.
Il prezzo della libertà, però, fu altissimo. I superstiti erano così pochi che la possibilità di mantenere il controllo dell’isola sembrava incerta. Fu allora che Harold “Occhio di Aquila”, capoclan dei Kessel, decise di condurre i propri sotto l’inverno imminente, tornando verso sud. Radunò chi era disposto a seguirlo e lasciò l’isola, giurando ai Valdar che il loro legame non sarebbe mai stato dimenticato.
Kurdan, invece, rimase. Con i pochi Valdar sopravvissuti, pose le prime fondamenta della futura città di Helcaraxe. Nel frattempo, Harold guidò gli esuli verso l’isola di Biancorespiro, dove cercò alleanze per ricostruire la forza del suo clan. Convinse Landor Ulfingar, capo del Clan del Lupo Bianco, a unirsi a lui in un progetto ambizioso: la conquista di una porzione del continente. Attraverso matrimoni strategici e accordi politici, Harold riuscì a unire diversi sept sotto l’autorità dei Kessel, creando un esercito compatto e determinato.
Una volta pronti, sbarcarono nuovamente sul continente. Iniziò così una guerra contro i Bergtatt, allora padroni della regione. Dopo pochi mesi di conflitti, i nuovi arrivati riuscirono a respingere il nemico oltre le montagne e conquistarono le terre che oggi costituiscono la Baronia, fondando Hulborg come roccaforte. Secondo la tradizione, fu allora che Harold mantenne la promessa fatta a Kurdan: in cento giorni e cento notti scavò un tunnel sotto la pietra e il mare, ricollegando simbolicamente le nuove terre all’isola di Helcaraxe.
Le prime fonti scritte certe risalgono all’Anno Imperiale 198. In quel periodo, il Continente Umano era impegnato in una guerra contro le legioni di Surtur, che si erano spinte fino a sud dell’Orus Maer. Quando la vittoria sembrava sfuggire di mano, intervennero inaspettatamente gli uomini del Nord. Giunti per mare, si fecero conoscere per la loro ferocia e per la totale assenza di tattiche elaborate: si lanciavano nel combattimento con furia cieca, armati di grandi asce e spade. Le cronache li descrivono come figure possenti, coperte di pellicce, con lunghe barbe intrecciate e scafi enormi, dalle vele ampie come campi.
La loro comparsa mutò l’andamento del conflitto. Le truppe di Helcaraxe contribuirono a ripulire la regione di Edorel da Ettin e Troll, respingendoli verso l’Orus Maer. Il loro intervento risultò decisivo nella Battaglia dei Grandi Fiumi, che si combatté il quindicesimo giorno d’autunno dell’A.I. 199. In quell’occasione, le forze di Surtur e dei Necrarchi si scontrarono con l’Esercito Reale, affiancato dai maghi di Edorel, dagli arcieri elfici e dai guerrieri del Nord. Lo scontro durò nove giorni e si concluse con la disfatta delle truppe del Re Nero. Gli orchi furono sterminati, mentre i Necrarchi si dispersero; uno solo fu abbattuto da Re Julian, che tuttavia rimase gravemente ferito. Ancora oggi si racconta che quei luoghi serbino il ricordo del sangue versato e dei lamenti dei caduti senza sepoltura.
Con il passare degli anni, Helcaraxe crebbe. La leggenda narra che durante la costruzione dell’antico villaggio, Kurdan scomparve senza lasciare traccia. Da allora, l’isola non ha mai abbassato la guardia: le montagne restano infestate da orchi e creature d’ombra, mentre il commercio e i contatti con il continente si sono intensificati. Nonostante il graduale cambiamento della mentalità nordica, il popolo dell’isola ha sempre mantenuto saldo il legame con i propri usi, costumi e valori ancestrali.